prima pagina pagina precedente scarica il testo


Pittura monzese
al "Serrone" della Villa Reale
Pina Sacconaghi, ma - soprattutto - Mosè Bianchi
di Mauro Reali

Al "Serrone" della Villa Reale sono da poco visitabili due mostre di pittura (orari 10-12; 15-18, fino al 1° luglio) che - pur nella loro diversità - si collegano intimamente alla storia e alla cultura monzese. Più "facile" la prima, dedicata alla pittrice monzese Pina Sacconaghi (1906-1994) e intitolata L'incanto della natura. Fiori, paesaggi, figure. E il titolo della mostra racchiude molto bene anche ciò che il visitatore potrà ammirare: fiori, soprattutto, tra i soggetti più cari alla Sacconaghi; ma anche ritratti e qualche bel paesaggio, tra i quali spiccano - a mio giudizio - un paio di vedute montane degne di particolare attenzione. Di fruizione un po' più ostica - ma di ben più elevata rilevanza artistica - la seconda, che vede coinvolta una delle "glorie" della pittura monzese dell'Ottocento (e, oserei dire, uno dei maggiori pittori italiani del tempo, sia in base ai giudizi critici, sia in base alle valutazioni stratosferiche che nelle aste raggiungono i suoi "pezzi" migliori): Mosè Bianchi (1840-1904). Si tratta infatti dell'esposizione del grande cartone preparatorio a carboncino e gessetto (di ben cm. 495 x 340) dell'affresco della cupola della Saletta Reale della Stazione di Monza, ideato nel 1883 e che solo da poco - al pari della stessa Saletta Reale - è stato restaurato. Non certo tra i più eclatanti - per il nostro gusto "moderno" - il soggetto: nientemeno che il "Genio dei Savoia", e cioè un genio alato che regge lo stemma sabaudo, accompagnato da un nugolo di putti svolazzanti; un soggetto, dunque, che risente del formalismo della sede per la quale era stato ideato. Se osserviamo con attenzione - però - il grande cartone insieme con altri bozzetti esposti di dimensioni minori (provenienti dalla Fondazione Pompeo Mariani di Bordighera, che ha sede - appunto - nella villa che fu di Pompeo Mariani, grande pittore monzese e nipote di Mosè Bianchi), o accanto ad altri lavori che presentino con esso qualche affinità, rivisitiamo tutto il travaglio preparatorio di un'opera tanto importante; ed anche il severo genio sabaudo appare meno paludato nelle sue varianti di postura o ambientazione, tanto che il nostro gusto "moderno" ne preferisce - paradossalmente - queste manifestazioni in fieri alla sua definitiva icona nella cupola della Saletta Reale, dagli esiti apparentemente più settecenteschi che tardo-ottocenteschi. Mostra ostica - dicevo - ma senz'altro da non perdere per gli appassionati della "grande" pittura; così come da non perdere è il pregevolissimo volume AAVV, La Saletta Reale della Stazione di Monza. Documenti di un restauro, Associazione amici dei Musei di Monza, maggio 2001, che documenta il restauro - appunto - della Saletta, ma anche del "cartone" di Mosè Bianchi esposto in questi giorni al "Serrone".

Mauro Reali

in su pagina precedente

16 giugno 2001