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Dudovich accanto a Depero per un'inedita lettura dell'arte
Anna Marini

foto Franco Isman

E' stata inaugurata nel pomeriggio di domenica 20 novembre alla Leo Galleries di Monza la mostra dedicata a due grandi maestri del panorama pubblicitario italiano del Novecento, Fortunato Depero (1892-1960) e Marcello Dudovich (1878-1962).
Ad illustrare l'iniziativa, l'intervento dello storico e critico d'arte Maurizio Scudiero, che da subito trascina lo spettatore in una modalità del tutto singolare di interpretare le opere proposte. L'esposizione accosta disegni e manifesti di due autori in apparenza agli antipodi, per suggerire codici interpretativi differenti da quelli adottati e prescritti dalla critica ufficiale. Dai banchi di scuola, infatti, fino agli ambienti accademici intere generazioni hanno studiato la storia dell'arte per scompartimenti e per filoni temporali, forzando le sensibilità artistiche degli autori all'interno di rigide matrici culturali, senza considerare le preziose “contaminazioni” con le quali venivano a contatto. Ma alla mostra curata da Maurizio Scudiero la conoscenza settoriale dell'arte e la predisposizione ad apprezzarne stili e contenuti attraverso il filtro imposto dagli schieramenti politici si rivelano due strumenti inutili e fuorvianti. Nel luogo dove tutto suona come una provocazione (persino il titolo, “D&D”, per Depero e Dudovich, che pare canzonare i moderni “D&G”) non ha più senso ritenere il futurismo appannaggio delle destre e respingerlo, se invece si sostiene lo schieramento contrario. Di più ampio respiro è il messaggio proposto dalla mostra, che si muove abilmente su due fronti, rappresentando ciò che verosimilmente deve essere accaduto all'inizio del Novecento. Nello spazio espositivo convivono a stretto contatto due tendenze diametralmente opposte, per dimostrare che l'arte è una disciplina fortemente olistica: l'avanguardia, sostenuta da Depero e la raffinata nostalgia illustrata dalla mano di Dudovich.

Trentino e innovatore il primo, triestino e cantore della Belle Époque il secondo: a prima vista l'obiettivo dell'iniziativa sembra essere di immediata comprensione. Ma accostare due filosofie antitetiche per il gusto del contrasto non è l'intento di Scudiero che ritiene pericolosamente riduttivo costringere all'interno di correnti culturali la produzione degli artisti, benché contraddistinti ciascuno dal proprio stile riconoscibilissimo, in obbedienza alla tendenza novecentesca. Abbandonando la classica concezione dell'arte fondata su canoni estetici, le opere in questa dimensione acquisiscono una valenza concettuale: ciò che appare alla vista dello spettatore è solo il termine di un percorso intrapreso dall'artista e per apprezzarne l'effetto occorre conoscere la teoria ad esso sottesa.

Depero è divenuto celebre per la sua grafica futurista destinata alla pubblicità e alle energie cromatiche che con le forme geometriche caratterizzavano i suoi dipinti. Ma la fama dell'artista trentino è legata anche alle sue tinte piatte e forti, realizzate dapprima incollando e poi cucendo al supporto stoffe colorate. Ma l'aspetto materico non ha grande rilevanza per il pittore, che in questo aspetto è un vero anticipatore dell'arte povera. Le tinte piatte su collage non obbediscono in questo caso ad un'esigenza decorativa, ma soddisfano un requisito puramente tecnico: le opere così realizzate sono molto resistenti all'irraggiamento solare e conservano inalterata nel tempo la loro qualità cromatica.
Se il percorso di Depero è stato influenzato ed arricchito da numerosi filoni, quello di Dudovich si è sviluppato invece più linearmente. A fine anni Novanta dell'Ottocento l'artista triestino inizia a lavorare come litografo alle Officine Grafiche Ricordi, che a quei tempi stampava manifesti. Nel 1899 si trasferisce a Bologna e allo Stabilimento Grafico di Edmondo Chappuis si dedica ai cartelloni pubblicitari, ideati per reclamizzare le feste che si sarebbero tenute in città.
Fino al 1914 le donne dei suoi disegni, tutte appartenenti all'alta borghesia, sono ritratte su morbidi divani e, raffigurate spesso in atteggiamenti simbolici, diventano espressione della femminilità e dell'eleganza.
Dopo la guerra il richiamo all'ordine impone all'artista il rigore propagandato dal regime e ben interpretato dalla mano di Sironi. Le donne di Dudovich assumono quindi l'aspetto di nerborute contadine e le loro pose eleganti si tendono ad esprimere dinamismo ed efficienza.
Dagli anni Venti fino agli anni Cinquanta, in un'Italia che vuole ripartire, Dudovich lavora per la Rinascente: una collaborazione continua, esattamente come quella di Depero con la Campari. Anche Dudovich ha un suo stile riconoscibilissimo e negli anni Venti la sua donna, benché non più inarrivabile come in precedenza, è comunque raffinata e di classe. Quando il regime si chiude all'estero, applicando il principio dell'autarchia, la sua donna diviene esattamente come l'avrebbe desiderata Marinetti: dinamica e accanto all'uomo nel costruire la società. Nascono così la donna del Persil, quella della Balilla e della Rinascente, quest'ultima immortalata mentre ne scavalca la scritta, che sembra materializzarsi in un imponente edificio a stecca.

Anna Marini

foto Franco Isman - cliccare sulle foto per ingrandirle

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  12 ottobre 2016