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Gli orizzonti erranti di Fabio Adani
Tania Marinoni


Oltre la materia si apre uno spazio vasto e incontaminato, il luogo della domanda contemplativa. Gli antichi filosofi definivano metafisica la ricerca estesa al di là del tangibile e dell'esperienza sensibile: lo studio condotto sui principi primi della realtà. Di questo tratta la soave arte di Fabio Adani, pittore della Quintessenza, che nella sua produzione è intesa come sublime declinazione dell'essenza. Un concetto, quest'ultimo, di derivazione aristotelica, che affonda l'origine del significato nell'etimologia del greco antico ousia; la sostanza, il fondamento di ciò che realmente è, insegnavano i sapienti, e resta immutabile nel tempo. Di fronte a tale mistero l'uomo si pone in ascolto, ammirando la vastità della dimensione metafisica che si apre al suo sguardo, come spazio geometrico accennato e suggerito dalla luce. Alla produzione di Fabio Adani la ArcGallery di Monza dedica una ricca esposizione, Orizzonti erranti, visitabile fino al 30 maggio.

L'architettura nei suoi dipinti è appena percettibile, rivelata dall'ombra dei fasci luminosi che penetrano, come presenze evocative e rivelatrici: è la luce ad introdurre l'osservatore nella propria dimensione interiore. In diverse opere vi si accede attraverso la presenza antropomorfa, fulcro dell'interpretazione compositiva; in altre è lo spettatore ad entrare, immergendosi nelle nebbie evanescenti, che hanno la stessa sostanza del sogno o della visione.
Nulla è descritto nei dipinti di Adani, ma solo accennato, cantato, accarezzato, con la sua caratteristica tecnica fondata sull'utilizzo dei colori ad acqua. Lievi presenze, leggere entità quasi impalpabili sembrano comparire, per poi svanire, lasciandosi dietro il segno della loro apparizione.
Il passaggio per la via principale viene evocato in un cromatismo caldo, le note distensive di un azzurro etereo, il simbolismo accennato nel piedistallo intravisto nella nebbia dello sfumato: panta rei tutto scorre, come affermava Eraclito, enormemente attuale nella società contemporanea, in cui nulla è eterno, durevole, dove niente può assurgere alla gloria della Memoria.


L'uomo, quasi puntiforme, contempla l'irraggiungibile, straordinariamente vasto e grande. In alcuni dipinti si erge una superficie estesa, della stessa sostanza evanescente, ma che si impone nello spazio come presenza invalicabile. Il “muro” nelle opere di Adani è declinato nelle diverse interpretazioni: dall'ambito psicologico a quello sociale. Rimanda al concetto di limite, inteso come confine tra realtà diverse; rappresenta un elemento che separa, per discriminare, oppure per proteggere. Il concetto, dalla grande valenza simbolica, viene sviluppato nella serie Limes, in cui superfici eteree e convesse sembrano tracciare sul piano inferiore una curva.
Limiti personali, da conoscere, e non oltrepassare, ma anche da superare, nelle sfide con se stessi. In altre opere il confine assume una maggior matericità e diviene presenza che rimanda al muro.

Quindi barriere, innalzate dall'uomo nell'Europa di ieri e di oggi, con le possibili valenze simboliche che il concetto reca con sé. E' una tematica complessa, di grande attualità, che Fabio Adani ha affrontato in un progetto ambizioso, sviluppato con due compagni di viaggio e presentato lo scorso anno alla Galleria Civica di Seregno. Dittici, in cui Adani indaga l'identità europea sperimentando una tecnica mista di grande effetto: lo scatto fotografico che sfuma in acquerello. Un passaggio fluido e ininterrotto tra realtà e immaginario: dagli occhi alla mente, senza soluzione di continuità. Confini, che nel colore si dissolvono, perché cancellati dalla Storia, ritornano in seguito a ribadire la loro funzione: separano, includono ed escludono. La vecchia Europa e quella odierna, tra guerre e annessioni, nazionalismi e autonomie. Frontiere e migrazioni, che l'autore sviluppa assieme al fotografo Ivano De Maria e allo scrittore Marco Truzzi: entrambi suoi amici di infanzia.
Chehk point, ma anche i confini naturali del paesaggio norvegese. E nelle opere di Fabio Adani la parola, che allude a stati d'animo e rimanda a dimensioni interiori, integra l'immagine: la calligrafia convive meravigliosamente con i disegni a grafite.

Tania Marinoni




Orizzonti Erranti di Fabio Adani
ArcGallery, via Spalto Piodo, 10 Monza
info@arcgallery.it
www.arcgallery.it
+39 335.6474162


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  17 maggio 2019