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GIROVAGANDO PER MOSTRE
I Segni della Guerra al “Serrone” della Villa Reale -
Disegni e dipinti di Aldo Carpi e Augusto Colombo
di Mauro Reali



Aldo Carpi - ritratto di G.L.Banfi
Aldo Carpi - ritratto di G.L.Banfi a Gusen

Un bel modo davvero di coniugare il giusto momento “etico” di riflessione – doveroso all'avvicinarsi della “Giornata della Memoria”- con i propri interessi storici e artistici è visitare, fino al prossimo 15 febbraio al Serrone della Villa Reale di Monza una mostra dal titolo I Segni della Guerra. Aldo Carpi e Augusto Colombo.
Aldo Carpi (1886-1973) fu uno dei massimi artisti del Novecento lombardo e per anni diresse addirittura la prestigiosa Accademia di Brera. Augusto Colombo (1902-1969), anch'egli – come Carpi - milanese, fu pittore attento a tematiche civili e sociali ed ha formato – con la sua attività didattica – generazioni di giovani artisti. Ma oltre alla comune origine geografica, alla passione per l'insegnamento, ad una solida amicizia personale, cosa accomuna i due? L'essere stati ferventi antifascisti ed avere subito sulla propria pelle i “segni” della Seconda Guerra Mondiale: Carpi con la deportazione nel campo di concentramento di Gusen (dove tenne un diario), Colombo con la dura lotta partigiana tra le colline del Comasco.
Le sessanta opere dei due che si vedono al “Serrone” sono una sorta di cronaca di quegli anni, dove prevalgono il nero e il grigio del lapis o del carboncino: ma che colori mai poteva avere allora la loro vita? Cupe le sagome dei soldati disegnati da Colombo, massicce le forme delle donne che piangono i loro morti, terribili gli sguardi di chi fugge al nemico; davvero belle – tra le altre – le illustrazioni pensate per Uomini e no di Elio Vittorini. Ancora più toccanti le scene dal campo di Gusen “schizzate” a memoria da Carpi per lo più dopo la sua liberazione, ma in qualche caso disegnate anche in loco. E a colpirci sono non solo la magrezza dei deportati o i loro occhi pieni di morte, ma anche i ritratti di Dante, Verdi, Wagner, Beethoven fatti dal pittore-prigioniero per sentirsi vivo, per fare emergere un barlume della sua identità umana e culturale.

Augusto Colombo - deportati
Augusto Colombo - deportati

La mostra, itinerante e già “passata” per altre città, – lo devo confessare – mi ha molto colpito. E chiedendomi se fosse più per l'emozione della “memoria” di quegli eventi o per la bellezza (sì, la bellezza: nonostante i soggetti dolorosi, il tratto pittorico lacerato degli artisti, la povertà dei loro supporti cartacei) dei loro disegni ho riflettuto che le due cose non si possono disgiungere. Spero che molti lettori – lo spero per loro, ma anche per il nostro Comune che ha avuto coraggio di proporre l'iniziativa – condividano questa mia esperienza.

Mauro Reali



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  15 gennaio 2004