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Il Ponte dei Leoni
nelle cartoline e nelle mappe



Il Ponte dei Leoni

A Monza abbiamo un nobile e bel ponte, quello dei Leoni. Come nelle migliori tradizioni il ponte è segnalato da quattro statue (un tempo anche da quattro lanterne a gas), grandi leoni in marmo bianco posti su elevati piedestalli di pietra.
Il ponte sostituì (1842) quello con fondamenta romane ancora visibili e che portava all'antico ingresso in città, dalla torre detta di Teodolinda su vicolo Lambro (segnalo gli scritti e le scoperte di Augusto Merati sulle origini romane del ponte). Questo vicolo, allora la principale via di accesso alla città storica da est, porta direttamente alla piazza del Duomo. Come ho già rilevato in altra cartolina, in occasione del rinnovo urbano della città, con l'insediamento della Villa Reale, Ferdinando ipotizzò forti riqualificazioni urbanistiche e di viabilità, come verso i boschetti. Dopo qualche decennio, in fase di restaurazione, si compì lo sventramento anche di questo quartiere con la realizzazione della “Ferdinandea” che poi sarà via Vittorio Emanuele.  Questa nuova strada  “mira”  l'Arengario, edificio di maggior rappresentanza del potere civile della città .
Se si paragona la dimensione di questa nuova strada al vicolo precedente si ha la dimensione dell'intervento di “regime” che il potere politico volle sia per la funzionalità dei trasporti che per la nuova immagine dello Stato e del governo della Città.

Il Ponte dei Leoni

Una bella cartolina  viaggiata il 4 luglio 1900: la signora Amalia scrive in ottimo francese alla amica “Mademoiselle” Polesx in Grecia. Chiede all'amica se vuole cartoline di Monza o di Milano. Bien a vous, termina lo scritto. Come si nota quattro bei lampioni vicino ai leoni segnalano ed illuminano il ponte. Una bancarella con l'ampia tenda staziona  mentre si notano numerosi passanti indaffarati, un carro e, sul ponte, un carrozzino.

Un'altra cartolina, quella riprodotta per prima, vede il ponte dall'altra parte. E' degli stessi anni dato che viaggia nel 1901. “Saluti cordiali, auguri felici” dice il mittente dalla firma irriconoscibile a conoscente che è a Menaggio sul lago di Como. Anche qui carretti e pedoni. In fondo l'Arengario col suo portico testimonia le ragioni ideali e ideologiche di paesaggio urbano della nuova strada.

Il Ponte dei Leoni

Una terza cartolina è viaggiata venti anni dopo, nel 1921. Sempre notevole il traffico di passanti e, questa volta (come segnalato in altra parte), una bicicletta “risale” verso l'Arengario. La cartolina evidenzia l'imponenza e regalità dei Leoni  imperiali e il cannocchiale sull'Arengario in alternativa al campanile a cui si arriva dal vicolo e che emergeva su tutto, visto anche da lontano. Sono spariti i bellissimi fanali e, in alto, sono comparsi, invadenti,  i pali e fili dell'elettricità (che ovviamente era già in essere anche prima), a destra il cavo volante della telefonia. In questo caso Tatò  scrive in bella calligrafia al signor  Pasquale … via Cialdini a Vittoria (Siracusa), senza nulla dire, solo la firma.

mappa 1722

Nel '700 la mappa del catasto teresiano ci mostra lo stretto ed antico ponte d'Arena  che, appena superato il Lambro si apriva a destra sulla piazza  Grande, per i tempi (oggi piazza Garibaldi), che sul fondo terminava col Seminario. A sinistra il ponte d'Arena dava sul vicolo che poi, passando sotto la torre, giunge a piazza del Duomo.
Non vi era continuità verso il palazzo dell'Arengario (non esisteva neppure l'attuale piazza Roma). Una cortina di edifici interrompeva il contatto diretto tra ponte e arengario che poi sarà realizzato con la  nuova strada centrale sventrando l'intero quartiere.  La parte est della città era segnata dalla presenza del Fosso (il Lambretto) lungo le mura e dall'importante ponte alla Porta de Grate caratterizzata da una grande Torre e che portava ad Agrate e verso Bergamo.  Sul fiume vi erano isole e rogge per i mulini anche dentro le mura, in particolare una nella zona del ponte di San Gerardo dei Tintori ed una agli attuali spalti di Santa Maddalena (L'Isolino). Dice la prima pagina dei fogli di mappa, tra altri dati, cose e nomi : “principiato il di 20 Agosto e terminato il 31 Genaro 1722”.  Cioè in meno di cinque mesi!
Mi piace segnalare un po' vezzosamente  che il Geometra Giovanni Filippini ebbe  “l'assistenza  de sottoscritti omini Ambrogio… Carlo Viganò…“. Chissà, magari un mio trisavolo o antenato.

mappa 1857

La mappa del 1857 ci presenta una situazione molto simile alla attuale, il Ponte dei Leoni è realizzato e così con la nuova via Vittorio Emanuele  verso l'Arengario, dove ancora l'isolato del Pretorio non è stato sfondato per realizzare piazza Roma.
Da una parte questo “grande asse” centrale est-ovest della città mira il palazzo dell'Arengario, dall'altra la splendida facciata gotica di San Maurizio che poi fu demolita. Piazza Garibaldi è ancora segnalata come “Piazza Isola” .
Sopra (qui non si vedono) è già realizzato il ponte di Lecco e ancora intatte sono le due isole coi mulini.

Belli, burberi ma simpatici i quattro leoni del ponte. L'abitudine quasi ce ne fa dimenticare l'esistenza pure è una nobile presenza che “segna l'ingresso al nucleo storico centrale della città. I quattro leoni sono opera dello scultore milanese Carlo Antonio Tantardini (1829 - 1879 ). Scultore che ha lasciato molte opere in Italia ed alcune anche sparse per l'Europa. Vicino, sulla piazza, come si è descritto in altra cartolina, interverrà poi il Bazzaro per la realizzazione del Garibaldi (vedi cartolina). L'Eroe dei due Mondi fu poi “rifatto” e fuso in bronzo ed esiliato ai Boschetti. L'originale, senza una mano, giace dimenticato nel cortile di una scuola.

il ponte romano

L'arrivo della Villa e del Parco, il portare a Monza il meglio tra architetti, ingegneri, botanici  etc. determinò una diffusa attenzione ad interventi di rinnovo e qualità urbana. Talvolta, come era costume allora, con poca attenzione e sensibilità con le preesistenze storiche  ed archeologiche.
Riporto anche una pagina illustrante il demolito Ponte d'Arena, tratta da “La Monza di Augusto Merati “ di Nova Luna e che consiglio di guardare e leggere.

Alfredo Viganò


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  16 gennaio 2006