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4 novembre 2007
Intervento di Michele Faglia nella seduta del Consiglio comunale del 12 novembre.


la protesta di ANPI, ANED e ANEI
la protesta di ANPI, ANED e ANEI - foto Fr.I.

Signor Sindaco, il suo gesto al cimitero di tributare onore ufficialmente, con gonfalone e fascia tricolore, ad un gerarca fascista, il 4 novembre, ha profondamente turbato la mia coscienza di cittadino democratico e quella di molti altri monzesi.
Mi unisco, ci uniamo come gruppi di minoranza allo sdegno espresso dall'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, dall'Associazione Nazionale ex Deportati e dall'Associazione Nazionale ex- Internati.
E' stato un vero colpo di mano che ha profondamente alterato il consueto programma che prevedeva l'onore ai Caduti di tutte le guerre e, successivamente, al Campo della Liberazione, il campo della Resistenza partigiana.
E' stato un oltraggio all'intera città di Monza, città antifascista che ha difeso la libertà , fin dalle elezioni del 1924 che registrarono la sconfitta del Listone fascista, ma ancor di più come dice lo stesso Statuto Comunale “con il sacrificio dei suoi caduti ed il contributo alla lotta di Liberazione, testimoniato dalle sue decorazioni”.
Vorrei che Lei esprimesse le motivazioni che l'hanno spinta a tale gesto a quest'aula, al consiglio comunale che è stato onorato della presenza di figure emblematiche di grandi antifascisti come Mons. Talamoni, Gianbattista Stucchi, Vladimiro Ferrari, Vittorio D'Amico, per citarne alcuni, e di grandi Sindaci della Liberazione come Enrico Farè, Leo Sorteni, Giovanni Centemero, alla stessa aula che venne messa a tacere per ben 22 anni dal regime fascista da Lei incomprensibilmente onorato.
Lei stesso deve la sua carica al sistema democratico che solo grazie alla Liberazione ha potuto attuarsi .

Quale la ragione istituzionale?
Il 4 novembre è una festa nazionale civile dedicata alle Forze Armate ed all'Unità d'Italia, alle Forze armate che hanno lottato per la libertà dopo l'armistizio dell'8 settembre, non a chi ha continuato a sostenere il regime fascista e nazista contro gli alleati della Liberazione.
Il 4 novembre sarebbe stata l'occasione per ricordare i tanti militari deportati ed internati nei campi di concentramento del terzo Reich.
Il tributo di sacrificio di sangue della 2^ Guerra mondiale fu di oltre 160.000 caduti e dispersi fino all'8 settembre e dopo di altri 12.000 tra i militari inquadrati nelle unità regolari e nelle bande partigiane durante la guerra di Liberazione, oltre a 60.000 militari morti nei campi di concentramento. Purtroppo non una parola venne pronunciata.
Il 4 novembre sarebbe stata l'occasione per ricordare le Missioni Onu, Nato, Europee e multinazionali in atto con i Reparti da parte dell'Esercito italiano: in Kosovo, in Afganistan, in Bosnia ed in Libano oltre alle numerose Missioni di osservazione che oggi vedono impegnati oltre 10.000 uomini.
Le altre feste civili nazionali, lo ricordo per il futuro, sono il 27 gennaio”Giorno della Memoria” per le vittime dei campi nazisti, il 10 febbraio “Giorno del Ricordo”per le vittime delle foibe, il 25 aprile, la Festa della Liberazione, il 9 maggio, festa dell'Europa ed il 2 giugno festa della repubblica.
E' compito di attenersi alla ragione del riconoscimento nazionale di queste ricorrenze con correttezza e fedeltà di intenti.

Quale la ragione storica?
Si è forse voluto dare seguito a quella corrente di revisionismo storico che vorrebbe riscrivere la storia trasformandola, negando alla Resistenza la definizione di guerra patriottica e affermando che l'8 settembre avrebbe disgregato il concetto stesso di Patria.
Se l'armistizio e la fuga del re e dei suoi generali segnarono il disfacimento dello Stato, il senso della Patria rimase vivo nei giovani che si batterono a Roma, a Porta San Paolo, ed in tante città d'Italia resistendo alle preponderanti forze tedesche, in Corsica come nelle isole dell'Egeo, in Iugoslavia ed in Grecia, affrontando poi il nemico a Montelungo, sul fronte di Cassino, salendo in montagna dall'Abruzzo al Piemonte.
Questi combattenti senza mezzi, scarsamente armati risollevarono il tricolore e, nel nome della Patria, offrirono la loro vita.
Degli stessi sentimenti erano animati i giovani che, rinnovando le più belle pagine del risorgimento, si arruolarono a migliaia di volontari nel Regio Esercito permettendo la costituzione dei cinque gruppi di combattimento di 12.000 uomini ciascuno, che vennero inquadrati nell'ottava armata inglese ed operarono sulla linea gotica, spezzando le difese e liberando Bologna e la Valle Padana.
L'8 settembre si era dissolta un'Italia che un regime totalitario durato vent'anni non aveva saputo unire, ma era rinata una nuova Patria in cui nessun partito pretendeva di rappresentare l'intera nazione e che sulla pluralità delle forze che ne assumevano la difesa nella lotta contro l'invasore, era diventata una Nazione Democratica” (Luigi Angeli)
“Orgogliosi di aver combattuto per la libertà e la democrazia noi vogliamo onorare e tramandare la memoria di coloro che caddero in quella che fu la lotta dell'intero popolo italiano e di tanti paesi d'Europa per riscattare e rifondare una Patria libera e nuova, nella quale la libertà di pensiero fosse un diritto assoluto ed inalienabile” (Luigi Angeli)
“Era un ben strano patriottismo quello di schierarsi con chi si impadroniva di una parte dell'Italia, combattere per la vittoria dei nazisti, come le X Mas o le divisioni di Graziani addestrate in Germania e, addirittura, le SS italiane che prestavano giuramento di fedeltà ad Hitler al grido folle di “viva la morte” (Luigi Angeli)
“E' inaccettabile l'uso sacrale che si fa dei morti per dimostrare che le idee per cui morirono gli uni valgono come quelle per cui morirono gli altri” (Luigi Angeli)
Nel caso italiano non si tratta di recuperare la storia dei vinti e di correggere quella dei vincitori,
ma di ricordare che se si fossero scambiati i ruoli ed avessero vinto loro noi non saremmo qui a parlarne, saremmo finiti in massa in qualche lager o in qualche camera a gas” (Giorgio Bocca)
“La pietà verso i morti è antica come il diritto dei loro parenti ed amici a ricordarli, ma la pubblica celebrazione coinvolge un giudizio sulle loro azioni da vivi e la celebrazione di quanti fino all'ultimo, stettero dalla parte del Reich nazista è celebrazione del nazismo” (Giorgio Bocca).

Quale il senso morale, etico ?
“La pretesa di pacificazione che vorrebbe vedere equiparato il fucilato al fucilatore, per conferire loro, magari, una medesima medaglia, non può essere condivisa da chi è convinto di aver servito la Patria, sotto la sua bandiera, ed aver combattuto per la libertà e la democrazia contro la barbarie” (Luigi Angeli)
“Rifiutare un'assurda pacificazione escludo che significhi essere portatore di qualsiasi sentimento d'odio. I conti con i tedeschi si sono chiusi l'8 maggio 1945 con la firma dell'armistizio sul fronte italiano. Con l'amnistia del 1946 il perdono è stato completo per i fascisti. Ai generali comandanti le divisioni istruite in Germania è stato persino riconosciuto il diritto alla pensione; quelle scuole dalle quali erano stati espulsi gli ebrei e coloro che non avevano la tessera della G.I.L sono rimaste regolarmente aperte per chi aveva inneggiato alla Repubblica Sociale ed è stato loro consentito l'ingresso in Parlamento.
La repubblica Italiana che è nata dalla Resistenza ha perdonato chi si era schierato con i nazisti.
Il popolo era con noi e noi eravamo con loro” (Luigi Angeli).

Ho abbondantemente citato il discorso “Il dovere di ricordare” dell'avv. Luigi Angeli tenuto il 22 marzo 2004 a Tolentino, fu il suo ultimo intervento pubblico.
Anch'egli fu seduto in quest'aula e recentemente ne abbiamo commemorato la triste scomparsa.
Credo che nelle sue parole siano contenute tutte le ragioni perché Lei, Sindaco di Monza, debba rivedere il suo gesto, lasciando prevalere ragioni storiche a motivi ideologici o fideistici.
Questo è il suo compito come primo cittadino della città di Monza.
Avrà notato un preoccupante risorgere di fermenti neofascisti in città, scritte inneggianti al razzismo, croci celtiche ecc..
C'è il rischio che la degenerazione porti ad azioni di violenza ideologica e comportamentale, in una città che, invece, vuole essere una città di pace e di accoglienza.
Isoli, quindi, anche all'interno della sua Giunta, chi vuole portarla dentro questo baratro.
Attendiamo un suo pronunciamento, chiaro e definitivo, non evasivo come quel comunicato stampa assai tardivo che ci ha fatto, ancora una volta, vergognare dell'attuale Amministrazione monzese.

Michele Faglia

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  12 novembre 2007