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Ricordando Carlo Vittone
Antonio Cornacchia su La rivista che vorrei


Carlo Vittone
foto di Pier Francesco Pozzi

Carlo Vittone era uno spirito libero. Davvero, non per modo di dire. Che io sappia, non era legato a nessun giro. Fu lui a ricordarmi che «gli idioti sono a destra come a sinistra». Non ricordo come l'ho conosciuto, forse ai tempi di Forum Monza, la testata di cui era editore.

Sono stato più volte nella sua casa stracolma di libri e mille altre cose. Mi parlava dei suoi viaggi, dell'ISA (la scuola in cui insegnava), dei libri che stava preparando e negli ultimi tempi anche degli acciacchi, però senza mai metterla giù pesante. Era colto. Sapeva tante cose, senza vantarsene. A me le persone così sono sempre piaciute. Ci si vedeva poco, perché così va da queste parti. Ogni tanto mi chiamava, ci ripromettevamo di bere qualcosa nella sua bella terrazza.

Insegnante, editore, autore di interessanti volumi su Monza, i monzesi, la Villa Reale, profondo conoscitore della città e dei suoi concittadini, Carlo Vittone ha conosciuto anche una stagione di politico impegnato sulla scena monzese. È stato infatti Consigliere Comunale ed Assessore al Parco per i Verdi negli anni Novanta: ha preso parte alla prima giunta Moltifiori a guida leghista quando, nel 1992, la Lega ebbe a Monza la sua prima affermazione popolare superando il 32 per cento dei voti …

Mancherà alla città, mancherà a sua moglie Eva, alla sua famiglia. E mancherà anche a noi. Un bel po'.


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Carlo Arcari
July 10, 2013 2:46 PM

L'ho saputo solo oggi. Era stato un caro amico e compagno di strada negli anni (2001-2008) della mia avventura editoriale e giornalistica monzese, quando insieme facemmo "Domani", settimanale politico creato con Pippo Civati e Peppino Motta per appoggiare la "primavera monzese" alle elezioni del 2002. Dopo quel giornale, collaborammo a lungo, prima con ForumMonza, una testata online che per quattro anni, dal 2005 al 2008 portò avanti a Monza un'informazione autonoma, critica e di sinistra, poi con altre iniziative editoriali e culturali. Come a volte succede tra amici litigammo (con me succede spesso) per un libro, "Baraonda democratica", dedicato alla memoria dell'amico comune Peppino Motta. Un libro che lui aveva editato controvoglia nel novembre 2007, cedendo alle mie insistenze. Da allora non siamo più riusciti a far pace. 
Quando due anni dopo si ammalò seriamente cercai di riprendere i contatti, ma non volle mai incontrarmi e adesso che se n'è andato per sempre la coscienza un po' mi rimorde. Era un uomo bizzarro come tutte le persone geniali, viveva in un loft da vecchio sessantottino, una ex tipografia artigiana nel centro di Monza, risistemata da lui in economia con soppalchi in legno e vecchi mobili raccattati qui e là. Un locale molto polveroso, pieno zeppo di libri invenduti mescolati a pacchi di giornali, dischi in vinile, poster e manifesti, chitarre elettriche, tastiere scassate e abitato da gatti e altri animali. 
Carlo era un grande e appassionato traduttore dal tedesco, un filosofo, un intellettuale, ma professionalmente era un marginale per scelta. Io lo definivo ispirandomi alla figura dell'architetto Garrone, eroe negativo del romanzo "La donna della domenica", una "cativa lavandera", quella che non trova mai la pietra buona per lavare e che si accontenta per pigrizia di vivere ai margini di una piccola città. Un perfetto provinciale. Ricordo con affetto le grandi interminabili discussioni politiche e le gradi risate dopo cena, al calar delle notti d'estate, bevendo sul terrazzo del suo loft che aveva trasformato un un improbabile orto pensile. Addio caro Carlo, addio notte, addio.

Carlo Arcari



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  9 luglio 2013