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Il prezzo della salute
Anna Marini


Bevacizumab e ranibizumab

Giovedì 5 marzo alle 21 il Binario 7 di Monza ha ospitato la prima delle due iniziative di Novaluna, dedicate all'impiego delle risorse in campo medico negli anni della crisi. L'incontro, che si è svolto con il patrocinio del comune di Monza, ha visto l'intervento del dottor Marco Sardina, direttore della struttura R&D (Ricerca e Sviluppo) della Zambon SpA e del dottor Mauro Venegoni, consulente presso il Centro Regionale di farmacovigilanza della Lombardia. L'iniziativa ha visto una modesta partecipazione, nonostante la rilevanza e l'attualità della tematica. A moderare il confronto sul tema dei costi e della sostenibilità della ricerca ad uso clinico, Alessandro Colombo.

In tempi di criticità finanziarie il SSN è sempre più in difficoltà nel dare risposte concrete alla crescente domanda di servizi, derivata dall'allungamento della vita media, e nel far fronte agli elevati costi diretti dei nuovi farmaci che, specialmente in campo oncologico, garantiscono un sensibile miglioramento della prognosi e della qualità di vita dei pazienti. Il problema rivela il suo tratto multidisciplinare nel coinvolgimento di temi etici e di valutazioni di carattere politico- economico: ci si domanda quindi quali siano i soggetti che devono sostenere i costi della salute.

Come ricorda Sardina, negli ultimi decenni l'R&D ha compiuto una straordinaria evoluzione nell'offrire prodotti sempre più specifici nella lotta contro le malattie, giungendo fino alla personalizzazione della terapia. L'ultima frontiera è infatti rappresentata dalla farmacogenomica, una branca della biologica molecolare che, attraverso lo studio delle varianti polimorfiche, ossia la variazione nella sequenza dei geni responsabili dell'efficacia e della tollerabilità del trattamento nel soggetto, permette al medico di individuare il farmaco specifico per il paziente. Ottimizzazione del dosaggio e minimizzazione degli effetti collaterali garantiscono la migliore risposta del malato al protocollo. Ma strumenti sempre più all'avanguardia nell'aggressione di patologie anche rare hanno portato ad un forte aumento della spesa, che è raddoppiata nel giro di dieci anni. Numerose, ad alto rischio e molto costose sono le fasi che portano alla commercializzazione di un principio attivo: occorrono infatti 1,7 miliardi perché un farmaco oncologico arrivi al letto del paziente.

Un corpo piuttosto ricco di linee guida, che impongono procedure restrittive circa l'immissione di una medicinale sul mercato, regola questo complesso iter, incidendo severamente sull'”Innovation gap”: ogni azienda per poter commercializzare un prodotto deve, infatti, ricevere l'autorizzazione da parte dell'autorità di vigilanza. In ogni stato d'Europa è infatti previsto un organismo di controllo dei farmaci, che opera come un'agenzia centralizzata e adotta propri criteri; a livello europeo questa funzione viene espletata dall'EMA, l'agenzia europea per i medicinali, costituita invece da una struttura de-centralizzata. Essa valuta la documentazione ricevuta dalle case farmaceutiche e monitorizza i farmaci autorizzati a livello centrale dai singoli stati.

Un altro fattore negativo è appunto il radicale cambiamento della demografia e la conseguente incapacità dei sistemi sanitari attuali di soddisfare le esigenze delle fasce d'età avanzata, ormai preponderanti: dopo i sessant'anni l'impatto delle spese sanitarie subisce una forte impennata, creando una situazione non più sostenibile a lungo termine.
Il punto di vista di Venegoni è quello di chi vuole garantire la sopravvivenza del SSN, per sua natura universalistico e solidaristico, che garantisce quindi a tutti l'accesso alle cure, indipendentemente dalle possibilità finanziarie di ciascuno. Nel 2013 la spesa farmaceutica di 26,1 miliardi è stata rimborsata per il 75,4 per cento dal SSN. La riduzione del prezzo dei farmaci generici ha permesso il contenimento dei costi nella spesa territoriale, quella assicurata dai medici di famiglia e dalle farmacie; con allarme e preoccupazione si è invece registrato lo sfondamento nella spesa farmaceutica ospedaliera, quella che finanzia i farmaci innovativi.

Sono in arrivo nuovi prodotti importanti che però mettono a dura prova la sopravvivenza del sistema universalistico. Ne è un esempio la cura contro l'epatite C. Identificata trent'anni fa, questa patologia, inizialmente denominata come “non A e non B”, ha visto una forte diffusione negli anni Ottanta, a causa delle terapie iniettive e dei rapporti sessuali non protetti. Fino a poco fa erano disponibili cure solo per alcuni genotipi e con gravi effetti collaterali per il paziente; attualmente esistono farmaci, adatti anche in uno stadio avanzato della malattia, che tuttavia sono molto costosi:
si arriva a una cura (il sofosbuvir) del costo unitario addirittura di 72.000 euro.

La degenerazione maculare senile non era curabile in passato e portava nel 50% dei casi alla cecità totale. Nel 2007 una molecola iniettabile direttamente nell'occhio, il ranibizumab, ha permesso di trattare questa grave patologia con risultati soddisfacenti .
Esiste tuttavia un farmaco, il bevacizumab che sortisce i medesimi effetti ad un costo 70 volte inferiore. Purtroppo però atteggiamenti di mero lucro hanno portato alla sopravvivenza sul mercato del farmaco più costoso, fino a quando l'AIFA ha imposto quello più economico.
Queste politiche, unite ad una burocrazia endemica degli organismi regolatori, di certo non aiutano a difendere l'accessibilità alle cure, che a volte viene messa in difficoltà da una ricerca farmaceutica eccessivamente orientata al profitto.

Anna Marini

Giovedì 26 marzo alle 21 il Binario 7 ospiterà la seconda iniziativa del ciclo “La salute al tempo della crisi”. L'incontro, “O la borsa o la vita: l'etica nelle scelte terapeutiche. Patologie gravi e terapie costose” vedrà l'intervento di Carlo Sini e Antonio Ardizzola e sarà moderato da Gerardo Colombo.


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  18 marzoo 2015