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Libertà immaginaria
Anna Marini


Mauro Magatti

Lunedì 27 aprile si è aperto al Teatro Villoresi di Monza il ciclo di incontri “Sentieri per l'infinito”, ideato ed organizzato da Procultura Monzese, in collaborazione con Libreria Ancora e con il patrocinio del Comune. Il percorso culturale, incentrato sul tema della libertà in ambito economico, filosofico e teologico, ha visto una partecipazione numerosa del pubblico al primo degli interventi “Libertà immaginaria”. Dopo la gradevolissima introduzione musicale dell'Ensamble MMODaS VVOID, Mauro Magatti, docente di Sociologia della globalizzazione all'Università Cattolica di Milano, ha illustrato i momenti salienti dell'evoluzione del concetto di libertà in occidente, soffermandosi quindi ad analizzare le principali cause che impediscono oggi alla società moderna di vivere pienamente la condizione in esame.

Tra il 1200 e il 1300 l'intera cristianità è attraversata da una rivoluzione culturale che svilupperà un nuovo concetto di essere umano, pensato in termini di libertà. L'individuo viene inserito in una dimensione inedita, indipendente da condizionamenti intellettuali e spirituali, fino ad allora riconosciuti ed accettati. Ha inizio così l'era moderna, che metterà in discussione il ruolo dell'autorità e la relazione che subordina il soggetto ad essa. La figura di San Francesco diventa icona della modernità, nel superare i modelli etici e comportamentali tipici della società medievale. Il giovane Francesco si allontana dal nucleo familiare rinunciando ad ogni ricchezza: esce così dall'asse ereditario e abbandona gli agi del ceto mercantile. Nell'intento di condurre liberamente la propria vita esistenziale e spirituale, Francesco rivendica il diritto di interpretare le scritture secondo la propria coscienza e vivere la parola sacra in prima persona.
Per la prima volta un laico vuole incarnare la dottrina del Vangelo, distaccandosi dall'ordine temporale ed ecclesiale. Le scritture, reinterpretate alla luce dell'inedita condizione umana, propongono una nuova lettura escatologica della parabola del figlio prodigo: non più metafora del peccatore che, separandosi dalla figura del Padre, precipita nella miseria della perdizione, ma simbolo dell'uomo moderno, che si allontana dall'ordine cosmologico per divenire protagonista della propria vita.

Il novecento occidentale interpreta il concetto di libertà secondo tre condizioni indispensabili: sono gli obiettivi raggiunti dalla generazione coinvolta nel secondo conflitto mondiale. In politica si realizza uno stato di diritto nella forma democratica, che conferisce, almeno in linea teorica, il potere nelle mani del popolo. In campo economico il concetto di libertà si esplica nell'affrancamento dai bisogni e dalla precarietà della vita materiale: si dischiude così l'accesso ad un benessere ragionevole. Autonomia di pensiero e sviluppo di una coscienza critica traducono il concetto di libertà in ambito culturale, legittimando valori non più imposti dall'autorità, Tuttavia, nonostante siano stati concretizzati, i presupposti per condurre un'esistenza libera si sono rivelati necessari ma non sufficienti. La condizione di libertà deve necessariamente nascere dalla liberazione, l'atto fondante e costituente la nuova dimensione, ma necessita anche di essere alimentata da un atteggiamento responsabile dell'intera società. La grande maggioranza della popolazione, che dalla metà degli anni Sessanta gode per la prima volta delle tre forme libertarie, non vive oggi nella realtà auspicata e consequenziale, ma in una dimensione paradossale di “libertà in condizioni non di libertà”

Dal '68 due formazioni politiche, pur caratterizzate da profonde differenze strutturali e in contrapposizione reciproca, hanno guardato entrambe alla libertà in termini di pura apertura. La tradizione socialista sviluppa il concetto in ambito culturale e, rinunciando a riconoscere l'autorità costituita in campo civile, religioso e morale, ritiene il soggetto legislatore di se stesso. Il pensiero liberale agisce nella sfera economica, associando la libertà alla possibilità di scelta: l'individuo, riconosciuto come valore assoluto, può agire in relazione al numero di offerte disponibili. La società attuale pensa alla libertà come assenza di divieti preventivi, nella volontà di lasciarsi guidare dalla vita e di cogliere le occasioni da essa prospettate. Il soggetto raggiunge tale dimensione, assolutamente individualista, nella consapevolezza che esiste un'offerta illimitata di possibilità.

Il mutamento nella percezione di tale concetto attraverso i decenni del novecento è riscontrabile soprattutto nei rapporti affettivi proposti dal grande schermo. Il cinema antecedente la contestazione operava secondo lo schema dei Promessi Sposi: un amore inizialmente contrastato si affrancava da ogni impedimento per svilupparsi liberamente solo alla fine del film. Dagli anni Sessanta fino agli Ottanta è il matrimonio lo sfondo su cui si staglia un rapporto di coppia in difficoltà: marito e moglie subiscono i ruoli imposti dal vincolo coniugale, ricercando la soddisfazione affettiva al di fuori di esso. Negli anni Ottanta e Novanta lo stato civile del protagonista non gioca un ruolo determinante: single oppure ammogliato, il soggetto conduce una vita soddisfacente. Ma è l'incontro fortuito con l'altro sesso a dischiudergli improvvisamente un mondo ricco di possibilità, fino a prima inimmaginabili. Inizia così un amore felice, spensierato, che nasce dal nulla e, sviluppandosi nei tratti dell'avventura, nel nulla si conclude. E' il modello affettivo tuttora vigente per individui aperti ad esplorare le possibilità che casualmente si incontrano. La dinamica dell'immediatezza governa ogni relazione sociale ed è la modalità con cui approcciarsi ad un futuro che può essere solo prossimo.

Ad una popolazione che insegue questa libertà il sistema risponde offrendo la società dei consumi: affrancato dai condizionamenti culturali, economici e politici, l'uomo di oggi ha raggiunto uno stato di indipendenza che vive tuttavia secondo i tipici canoni adolescenziali. La pubblicità svolge un ruolo preponderante nel porre il consumatore in una dimensione egocentrica, riconoscendolo protagonista dei suoi desideri. Nell'eleggerlo come unico destinatario del messaggio adulatore “Il mondo gira attorno a te”, è proprio a lui che si rivolge. “Power to you” sembra suggerirgli, in uno slogan in cui il tu non è generico, spersonalizzato, oppure categoriale, ma rappresenta proprio l'interlocutore rapito dal canto della reclame.
Dalla caduta del muro di Berlino fino alla crisi del 2008 l'economia ha indirizzato le risorse nel garantire la sopravvivenza alla società consumistica, che già da tempo accusava i primi sintomi di una patologia genetica. Con l'ausilio della finanza, l'elemento strutturale del sogno individualista, si è creduto alla promessa di una crescita sicura ed irrefrenabile: il miracolo economico si sarebbe compiuto nella moltiplicazione delle possibilità per tutti.

Se la mentalità delle generazioni passate sorgeva su una coscienza collettiva, che, protagonista della storia, guardava al futuro con ottimismo ed obiettivi comuni da raggiungere, oggi l'individualismo prospetta un domani aggravato da difficoltà sempre più sensibili. Effetti sistemici significativi perfezionano il grande inganno nel predicare la crescita economica fondante sui consumi, che possono invece rappresentare un volano solamente in fase di decollo dell'economia. Le disuguaglianze si sono inasprite nell'arena delle infinite possibilità, dove una lotta impari tra individui con risorse molto diverse ha esasperato il processo di concentrazione delle ricchezze. Il sistema economico occidentale rivela un paradosso intrinseco nella contraddizione insuperabile tra la figura del consumatore a quella del lavoratore. Poste una all'inizio, l'altra alla fine della catena produttiva, dialogano in una relazione di dipendenza patologica: la soddisfazione del consumatore viene garantita da un numero crescente di possibilità, offerte da ritmi lavorativi sempre più frenetici. Nell'antinomia tra soggetto-lavoratore e soggetto-consumatore si realizza così la condizione indispensabile per un'economia retta esclusivamente sui consumi.

Nel 2008 ha avuto inizio una crisi economica, strutturale, sistemica, ma anche, come l'ha definita Benedetto XVI, spirituale. La libertà dell'uomo contemporaneo non scaturisce da una dinamica interiore, nella ricerca delle relazioni sociali, ma viene sollecitata dall'esterno, realizzandosi nella corsa ossessiva ed individualistica del fare. La logica dell'immediatezza condiziona tutte le scelte che devono essere reversibili e quotidianamente rinnovate, nell'assenza di legami condizionanti e costrittivi: in questa dimensione sempre più spesso oggi le coppie preferiscono la convivenza al matrimonio. Le contraddizioni della moderna società rivelano una modalità patologica di intendere la libertà, che viene vissuta in una fase assolutamente adolescenziale. Un valido sostegno per superare la stagnazione in cui versano il soggetto e le dinamiche economiche proviene dalla psicologia e dal pensiero filosofico. La teoria stadiale di Erik Erikson individua nella generatività la tendenza che segna per l'uomo il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Rinunciando alla narcisistica condizione di autocontemplazione, l'individuo si apre alle relazioni con gli altri, in un processo che si oppone all'autoassorbimento.

Questa fase è caratterizzata da un irrefrenabile impulso alla produzione nel vantaggio delle generazioni future. Intesa come procreazione biologica, oppure come fondazione di un'attività lavorativa, o ancora di una realtà che trasmetta i valori in cui si crede, questa tendenza richiede comunque la capacità di pensarsi non come individui isolati, ma inseriti nella storia. Un legame consequenziale pone il soggetto in relazione con l'altro, inducendolo a vivere la condizione libera in modo responsabile e non più egocentrico. Nella filosofia di Hannah Arendt la libertà consiste nella capacità di agire, intesa come possibilità di apportare elementi innovativi, ponendosi in maniera attiva nelle relazioni con l'altro. “Gli uomini sono liberi nel momento in cui agiscono”. Tale tensione si genera spontaneamente nell'uomo e deriva dalla consapevolezza di essere nato, cioè di rappresentare un nuovo inizio. La facoltà di introdurre il nuovo viene definito dalla filosofa come “natalità”, nella quale è ontologicamente presente la capacità di agire. La generatività eriksoniana e la natività della Arendt costituiscono il processo opposto alla mentalità consumistica. Mentre questa rivela la tendenza ad impossessarsi di ciò che proviene dall'esterno, i movimenti generativi si manifestano nell' esternalizzare un prodotto che scaturisce dalla propria interiorità. Sfida e compito della società di oggi è quello di costruire modelli basati sui processi che ravvisino nelle relazioni umane la vera risorsa della condizione libera.

Anna Marini


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  7 maggio 2015