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Il saluto di Monza al partigiano Aurelio Sioli
Tania Marinoni - foto Franco Isman


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Ieri 5 dicembre, al Campo dei Partigiani nel Cimitero di Monza, si svolge la cerimonia di saluto ad Aurelio Sioli, ex internato nel campo di concentramento di Gusen, che fa ritorno nella sua città natale dopo anni. Le ceneri del partigiano scomparso riposeranno accanto agli altri 89 martiri della Libertà e il suo nome si aggiunge a quelli dei cinque combattenti deceduti dopo l'esperienza della Resistenza: Giovan Battista Stucchi, Rolandi, Aldo Buzzelli, Enrico Farè, Vladimiro Ferrari e Francesco Passoni.

Ne ricordano l'esemplare figura le figlie di tre amici: Rosella Stucchi, presidente dell'ANPI di Monza, figlia di Giovan Battista, Milena Bracesco, vicepresidente dell'ANED di Sesto San Giovanni e Monza, figlia di Enrico, Silvia Buzzelli, figlia di Aldo; poi Enrico Sanvito “amico della montagna” ed infine il sindaco Roberto Scanagatti come privato cittadino. Presente e partecipe come sempre il novantaquattrenne Egeo Mantovani, partigiano e presidente onorario dell'ANPI di Monza e Brianza.

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Aurelio Sioli nasce a Monza il 28 luglio 1926; abita in via Como (nel dopoguerra via Carlo Prina, dal nome di uno dei fucilati di Fossoli), vicino a Vittorio D'Amico, con cui fin da giovane matura una ferma opposizione al fascismo. All'amico, ricorda Rosella Stucchi, donerà una copia del Capitale di Marx. Anche l'amicizia con Aldo Buzzelli nasce dalla condivisione degli ideali democratici e antifascisti. Idee “pericolose” per le quali si rischiava la vita: e infatti parte della vita di Aurelio Sioli è rimasta tra le atrocità del campo di concentramento, nei luoghi della negazione di ogni esistenza e della dignità umana. A San Biagio, come ricorda Silvia Buzzelli, le storie personali di Sioli e di suo padre Aldo si intrecciano accanto ai muri delle case e nelle strade che si snodano all'interno del quartiere monzese. Assieme con Flaminio Buzzi ed Enrico Mentasti, il giovane Aurelio distribuisce nelle fabbriche l'Unità, giornale per il quale scriverà dopo la guerra, come corrispondente dalla Russia e dalla Polonia.

Arrestato il 7 ottobre 1943, Sioli viene condotto dapprima nel carcere di San Vittore, in seguito deportato a Mauthausen, tristemente denominato il “lager degli italiani” e trasferito poi al sottocampo di Gusen. È solo un ragazzo di diciassette anni, ma per le autorità naziste è un oppositore, un deportato politico a tutti gli effetti, e sulla pelle gli viene incisa la matricola 53459. Nella tragedia della prigionia conosce due artisti di fama nazionale: il pittore e scultore Aldo Carpi e il designer Germano Faccetti. Dall'orrore del campo uscirà, ricorda Sioli stesso, grazie al sostegno dei suoi ideali. Farà ritorno a casa, ma non sarà mai un “sopravvissuto”: riacquista dignità e partecipa attivamente alla vita politica e sociale della città, dando lustro a Monza.
Enrico Sanvito ricorda le serate trascorse in compagnia dell'amico a leggere le poesie che componeva con quell'inconfondibile stile classico. Giornalista, poeta, critico d'arte, Sioli fondò il circolo culturale “Risveglio” e servì per lungo tempo la sua città come consigliere comunale.

Il bellissimo e significativo progetto del “Bosco della Memoria” destinerà un albero anche alla memoria del partigiano Aurelio Sioli. Nel ricordare ciò Roberto Scanagatti sottolinea l'importanza e il valore della sua nobile scelta, non dissimile da quella di altri compagni: giovani che per censo o per cultura avrebbero potuto aspirare a posti di rilievo nella società e hanno invece preferito testimoniare gli ideali democratici in cui credevano a prezzo di enormi sacrifici, mettendo a rischio la propria vita e le proprie relazioni affettive. Anche oggi Monza, riconoscente, saluta i suoi intellettuali che non agirono mai da teorici ma furono “organici”, generosi e attivi nel fondare una comunità che si riscatta attraverso valori orgogliosamente rivendicati come propri.

Tania Marinoni

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  06.12.2015