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Palestina e Israele: realtà e utopia
La testimonianza di Franco Isman alla Biblioteca del Carrobiolo
Anna Marini


E' il 21 agosto 2015: Franco Isman parte per Israele e la Cisgiordania assieme alla moglie e ad un piccolo gruppo abbastanza eterogeneo. Non è un viaggio turistico ma di conoscenza, organizzato da Assopace Palestina, l'associazione guidata da Luisa Morgantini, già vicepresidente del Parlamento europeo, che opera in favore della libertà e dell'indipendenza del popolo palestinese.
Isman è molto sensibile a questa tematica e contro la politica israeliana si era espresso in numerosi articoli apparsi su Arengario (uno degli ultimi) , condannando le stragi perpetrate a Gaza con migliaia di palestinesi uccisi, civili per la massima parte, ma anche la persistente politica degli insediamenti che impedisce qualsiasi accordo di pace
La situazione si presenta sempre più grave e Isman vuole rendersi conto di persona degli effetti della “terrificante politica” di Israele ed arrivare a conclusioni quanto più oggettive possibile. Con questa predisposizione d'animo Isman affronta il viaggio, sperando sia ancora possibile arrivare a quella che sembrava l'unica soluzione realistica: due stati per due popoli.

Seguiranno sette giorni di fortissimo impatto emotivo “un susseguirsi di pugni nello stomaco”, dice Isman, a partire dal percorso dall'aeroporto di Tel Aviv, perché la Palestina araba non ha un suo aeroporto, a Gerusalemme.


L'autostrada è presidiata con posti di blocco ed è riservata ai cittadini israeliani, i palestinesi non possono utilizzarla e devono usare strade alternative strette e tortuose, una vera e propria apartheid.


E poi gli insediamenti in territorio palestinese, in particolare tutto attorno a Gerusalemme, diventati ad ogni effetto quartieri della città.


E il muro, un muro incombente, ossessivo, alto otto e passa metri con i reticolati in cima, che separa gli abitati palestinesi da quelli israeliani dove i palestinesi non possono entrare.

Al suo ritorno pubblica le amare riflessioni in una serie di articoli e venerdì 19 febbraio porta alla Biblioteca del Carrobiolo la sua testimonianza, corredata da dati oggettivi e numerosi scatti fotografici.
“Palestina e Israele: realtà e utopia” è il titolo di un intervento che sembra anticipare quella barriera insormontabile tra una speranza ormai onirica e una condizione reale di profonda ingiustizia. Il pubblico numeroso si dimostra subito interessato alla tematica: molti è probabile simpatizzino per la causa israeliana. Sui social network gli utenti si esprimono con grande coinvolgimento in merito alla situazione in Medio Oriente, in particolare dallo scorso settembre, quando ha avuto inizio la terza intifada, quella “dei coltelli”. Molti sembrano tollerare l'aggressiva politica israeliana, qualcuno si schiera addirittura a favore dei terribili interventi militari.

Franco Isman lo sa e per questo nell'apertura del suo intervento chiede al pubblico di astenersi dal manifestare le proprie posizioni durante l'esposizione e ad esplicarle poi nello spazio dedicato al dibattito. Annovera in primis le tappe fondamentali del conflitto, con la mancata occasione per i palestinesi di proclamare nel 1948 il loro stato, come accadde invece per Israele, a conclusione del mandato britannico e in ottemperanza alla deliberazione ONU. Al contrario tutti gli stati arabi confinanti (Egitto, Transgiordania, Siria, Libano e addirittura Iraq) attaccarono il neonato stato con l'espresso intento di buttare a mare gli ebrei.
Il segretario generale della Lega Araba Azzam Pasha aveva addirittura dichiarato: "Questa guerra sarà una guerra di sterminio, e avrà proporzioni tali che se ne parlerà come dei massacri mongoli sui crociati".


Osserva come di questo i palestinesi non parlino mai: due settimane fa in un affollato convegno a Palazzo Marino a Milano l'ambasciatrice palestinese ha affermato testualmente che la Palestina era stata regalata dagli inglesi agli ebrei.

Nel seguito dell'incontro vengono proiettate immagini molto forti, shoccanti, che ritraggono gli insediamenti dei coloni nei territori palestinesi e nell'area periurbana di Gerusalemme, ormai assorbiti come quartieri della città. Viene poi documentata la presenza continua, ossessiva e incombente del Muro: una cortina di cemento, che si eleva per oltre 8 metri e accompagna il visitatore lungo decine di chilometri. Un confine noto “per fama”, riconosciuto da lontano, e infine “toccato con mano a Betlemme”. Una barriera innalzata ufficialmente per contenere gli attentati terroristici dei palestinesi ma che nei fatti si inserisce per chilometri e chilometri nei territori occupati per intercludere le risorse a loro sottratte e rendere quasi impossibile l'esistenza dei palestinesi separati dai loro campi cui possono accedere con enormi difficoltà e limitazioni.


Viene documentata la rapina dell'acqua nella Valle del Giordano dove i nuovi acquedotti israeliani portano l'acqua agli insediamenti israeliani abusivi lasciando in secca le canalizzazioni che irrigavano i campi palestinesi.

In ogni scatto troneggia lo splendore paesaggistico. Nelle slide dedicate a Gerusalemme ovunque riluce la ricchezza delle meraviglie nella città santa: dal Monte degli Ulivi e dal Monte Scopius si domina l'intera capitale e il deserto, che si spinge fino al Mar Morto e alla Valle del Giordano. La città “eterna per antonomasia” racchiude nel suo cuore il sancta sanctorum per gli ebrei, i monumenti della terza città santa per gli arabi e le centralità architettoniche del credo cristiano. Un tessuto urbano intriso di storia e di tradizioni, dalla squisita bellezza medio orientale; ma lungo le sue strade si impone, onnipresente e vigile, il presidio israeliano: militari ovunque, armati pesantemente, che scortano il cammino di fanciulli ebrei dalle loro dimore fino alla scuola. Ad ogni angolo viene ostentato un controllo capillare e sproporzionato per prevenire qualsiasi atto ostile dei palestinesi..


Il Memoriale dello sterminio, lo Yad Vashem, è tappa fondamentale per chi giunge a Gerusalemme e, come giustamente sostiene Franco Isman, “Non si può capire Israele senza visitare lo Yad Vashem”. Così, assieme alla moglie e ad altre due partecipanti al viaggio, si reca dove si conserva la Memoria di sei milioni di Ebrei uccisi dai Nazisti. Mai più è l'imperativo categorico per tutti gli israeliani. Una visita non prevista dagli organizzatori, perché “questi viaggi sono assolutamente a senso unico”, commenta con amarezza Isman.


Non mancano poi, durante l'esposizione, i dati drammatici e assolutamente oggettivi forniti dall'OCHA, l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, dove si è svolto “uno dei nostri primi incontri”, come precisa Isman. Un'ottima occasione per la rilevanza e l'attualità delle tematiche affrontate e per l'attendibilità della fonte. All'OCHA sono ricordati i punti centrali degli Accordi di Oslo del 1993, viene illustrata la presenza del Muro e segnalato l'esponenziale incremento degli insediamenti israeliani e degli episodi di violenza. Particolare attenzione è giustamente riservata alla singolare e discriminatoria prassi amministrativa locale, con l'ostinata repressione di qualsiasi tentativo insediativo palestinese: le licenze di costruzione non vengono mai rilasciate ai palestinesi e, contro le abitazioni che sorgono “abusive”, si interviene con la demolizione. Un braccio di ferro spietato ed impari si inscena quotidianamente tra l'applicazione di provvedimenti assurdi e limitativi da un lato, e dall'altro lo sviluppo di tecniche costruttive, anche elementari, in grado di ricostruire in tempi sempre più ristretti.

Sono amare e senza speranza alcuna le conclusioni a cui perviene Franco Isman alla fine della sua imparziale e coinvolgente esposizione. Chiaramente visibile e senza alternativa è la condizione di totale segregazione riservata al popolo palestinese: il suo stato viene negato nell'articolazione morfologica e nell'espletamento delle sue funzioni.


I residui territori sotto amministrazione palestinese spiccano come isole in un mare ostile: sono circondati dal mare dei territori, palestinesi in via di diritto ma sotto amministrazione militare israeliana, ormai pressoché riempiti dagli insediamenti dei coloni israeliani, illegittimi secondo le costanti delibere dell'ONU.

Fra questi territori vige un'assoluta impossibilità di comunicazione e di circolazione; le forniture di servizi sono subordinate alla decisione di Israele, che esercita nei confronti dei palestinesi un controllo capillare dalla chiara vocazione colonizzatrice. Poi le numerose aggressioni compiute sulla popolazione palestinese da civili israeliani e tollerate dalle loro autorità; le violenze esercitate dalla polizia contro fanciulli che improvvisano una resistenza armata con mezzi di fortuna.
Imparità, sproporzione e ingiustizia sembrano governare oggi l'assetto politico in Palestina: condivisibile l'amarezza di Franco Isman nel reputare utopistica la speranza in una soluzione equa e foriera di pace.

Anna Marini


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  24 febbraio 2016