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La Monza medievale di Bonincontro Morigia
Anna Marini

Una passeggiata nel cuore di Monza, alla scoperta delle sue tracce medievali, è l'evento organizzato dall'Associazione GuidArte per la serata di giovedì 7 settembre.
Un pellegrinaggio culturale che dall'Arengario si snoda lungo il centro storico, passando per il Duomo e la suggestiva via Lambro; un itinerario accompagnato dalle acque del fiume e osservato dai Leoni di marmo che sorvegliano l'omonimo ponte; un percorso che si spinge nella suggestiva camminata di via Gerardo dei Tintori per ricordare appunto l'opera di questo santo e proseguire poi per il Tribunale, raggiungendo infine piazza Trento e Trieste, allora denominata “Pratum Magnum”. Guidano i partecipanti le parole di Elena e le letture tratte da “Bonincontro e il Chronicon modoetiense”, il libro scritto da Valeriana Maspero, che illustra la figura del noto storico del tempo e la sua opera.


Simbolo dell'età medievale è il palazzo comunale, che spesso si chiama Broletto, ma qui è nominato Arengario. Sorto nel XIII secolo, si articola su due livelli: al piano terra il porticato aperto che ospitava il mercato e a quello superiore, sotto le capriate in legno poggianti su mensole in pietra, il salone, dove si tenevano le assemblee comunali. Dalla facciata Sud, a capanna, si sporge la “Parlera”, una piccola loggia dalla quale venivano letti i decreti comunali. La torre campanaria, aggiunta in un secondo momento, è merlata alla ghibellina per volere dei Visconti. Tra la trifora e l'arco si nota una ciotola, presente anche nelle strutture religiose in età medievale e decorata con motivi legati ai Signori della città. Con questi bacini si usava sfamare i pellegrini: Monza è situata infatti sul Cammino di Sant'Agostino che, partendo da Cassiciacum, l'dierna Cassago, collega venticinque santuari mariani in Brianza e si dirige, passando per Milano, a Pavia, dove sono custodite le reliquie del santo.

Durante il medioevo questo centro conosce un grande ed importante sviluppo. Ha una struttura policentrica ed è circondata da mura erette da Azzone Visconti a scopo difensivo. La cinta muraria è integrata da trenta torri e l'accesso alla città è garantito da quattro porte: di Carrobiolo, di San Biagio, Porta Nuova, in direzione di Milano, e Porta de' Gradi, verso Bergamo, l'ultima ad essere demolita.

Come gli altri centri medievali, Monza era articolata in tre piazze di potere (quello civico rappresentato dall'Arengario, quello spirituale incarnato dal Duomo e quello del popolo, nel mercato vicino); se ne apriva poi una quarta, che celebrava i commerci, l'odierna piazza Trento e Trieste: all'epoca era una vasta distesa d'erba su cui venivano adagiati i panni che la clorofilla rendeva candidi.

Si attribuisce al periodo medievale anche l'origine dello stemma della città e precisamente ai due poteri forti che ne hanno permesso lo sviluppo. Come scrive Bonincontro Morigia: “E poiché Modoetia accoglie insieme i poteri del papa e dell'imperatore, essi conferirono alla nostra città quelle nobili insegne significative che il Comune doveva esporre, cioè la bandiera a campo bianco con nel centro la luna rossa per malzeit !
per quelle temporali: cioè il papa per le spirituali e l'imperatore per le temporali. Il Sole rappresenta il Papa e la Luna l'Imperatore”.
(dal libro citato).


Nessuna strada anticipa da lontano la vista del Duomo, che si svela all'ultimo per mantenere il tema della sorpresa. Papa Bonifacio VIII viene condannato da Dante Alighieri all'inferno, tra i simoniaci, ma il suo nome a Monza è legato alla ricostruzione della cattedrale: nel 1300, in occasione del primo Giubileo della cristianità, si eseguono infatti importanti interventi sul monumento. La sua edificazione e il nome della città, Modoetia, vanta l'origine nel mito, come per primo narra Bonincontro Morigia. La regina Teodolinda, a caccia con il marito Agilulfo, siede per riposare all'ombra di una quercia e là riceve in sogno una visione. Una colomba, simbolo dello Spirito Santo, reca in bocca un cartiglio con la scritta “Modo” (qui); la regina risponde prontamente “Etiam” (si).
La facciata del Duomo risponde a due fondamentali criteri: quello dell'amplificazione, sancito dalla presenza di cinque rosoni e quello della varietà, testimoniato dalle sculture raffiguranti sia teste umane, ma anche creature mostruose, scolpite con funzione apotropaica e come monito: nel mondo creato da Dio esiste anche l'orrendo.


Il tesoro del Duomo è oggi visitabile nel museo sotterraneo , a fianco della cattedrale, tranne la famosa Corona ferrea che si trova all'interno del Duomo nella cappella di Teodolinda, splendidamente affrescata dagli Zavattari (e magnificamente restaurata).
Il tesoro era stato portato ad Avignone in occasione del trasferimento della sede papale, ma era ritornato a Monza nel 1345 per opera di Giovanni Visconti arcivescovo e signore di Milano e per intercessione di San Gerardo, vuole la tradizione: la città può così essere di nuovo sede di incoronazioni.


Via Lambro conserva la memoria di numerosi interventi eseguiti durante il medioevo con una casa dal caratteristico sporto ed un palazzo a torre. Il Ponte dei Leoni, realizzato nell'Ottocento, sostituisce il preesistente ponte romano dalle dimensioni tre volte maggiori. Il “Ponte d'Arena” doveva il suo nome alla contrada in cui sorgeva e garantiva l'attraversamento del Lambro per i traffici commerciali diretti a Nord.



E qui una breve e doverosa sosta in via Moriggia, oggi con due “g” dove c'è ancora la casa del casato di Bonincontro Morigia.
Monza è legata alla figura di San Gerardo dei Tintori, patrono con San Giovanni Battista della città, e la sua vita viene ricordata minuziosamente dal Morigia. In via Gerardo dei Tintori si può oggi ammirare l'Oasi di San Gerardo, un tempo uno dei tre ospedali che forniva assistenza a poveri ed ammalati. Venne fondato da Gerardo grazie alle disponibilità economiche ereditate dal padre. Si tramanda che in un periodo di carestia, quando ormai le provviste dell'ospedale erano scarse, Gerardo ordinò di elargire ai poveri tutto ciò che rimaneva. Grande fu la sorpresa del dispensiere quando, recatosi sul luogo, trovò la cantina colma di buon vino e il granaio così gremito di alimenti, da non riuscire ad aprire la porta.

L'edificio che ospita oggi il Tribunale è stato realizzato negli anni Trenta conservando ed integrando parti del preesistente edificio che, adibito a seminario nel XVII secolo da San Carlo Borromeo, ospiterà nell'Ottocento l'ospedale di Gerardo.


Ultima tappa dell'itinerario è piazza Trento e Trieste, ex “Pratum Magnum”, con l'edificio che oggi ospita il Liceo Bartolomeo Zucchi, ma oggetto in passato di numerosi interventi e cambi di destinazione. Sorto sull'antica chiesa di san Francesco, lo stabile è poi adibito a convento. Durante la riforma di Maria Teresa d'Austria viene riadattato ad ospedale e poco dopo, nel 1822, diviene sede del Seminario Arcivescovile. Dal 1937, in seguito ad un ampliamento, ospita il Liceo Ginnasio intitolato a Bartolomeo Zucchi.

E “zucchini” si vantano di essere gli studenti che ne escono.

Anna Marini


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  12 settembre 2016