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Io non posso entrare
Franco Isman


Io non posso entrare

Vediamo di distinguere la forma dalla sostanza.

Formalmente non possono entrare nel bar, un locale in centro a Monza, le pellicce, ma, visto che queste non camminano da sole, di fatto è interdetto l'accesso al bar alle signore che le indossano. In teoria queste signore possono togliere le pellicce e lasciarle su una rastrelliera davanti al bar, ma è evidente che nessuna lo farà mai.

Di fatto il proprietario del bar si arroga il diritto di discriminare delle persone che hanno una sensibilità diversa dalla sua nei confronti degli animali.
Questo è oggettivamente grave anche se possiamo pensare che, più che di un divieto reale, si tratti di una boutade, di una mossa paradossale per richiamare l'attenzione sulla questione.

Certamente la storia del cartello, rilanciata sui social network, è diventata virale, una bella réclame. Il Messaggero lo scrive e aggiunge che numerosi locali, a Roma ed altrove, ne stanno seguendo l'esempio.

Se il cartello avesse proibito l'ingresso al locale alle signore con pelliccia il fatto sarebbe apparso immediatamente in tutta la sua gravità e confesso che così lo avevo sentito io al primo impatto, e mi aveva fatto accapponare la pelle. Un colpo al cuore perché mi aveva riportato alla mente l'osceno cartello “Vietato l'ingresso ai cani e agli ebrei” comparso a Trieste, e non solo, subito dopo la proclamazione delle leggi razziali del 1938.

Esagerato ? Sì oggettivamente, ma le preclusioni ed i divieti per gli altri, il razzismo insomma, sono delle orribili bestie e si sa purtroppo a quali nefandezze portano. E' importante non iniziare.

Franco Isman


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  5 febbraio 2017