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Al Museo etnologico di Monza
la religiosità popolare in Brianza
Anna Marini - foto di Franco Isman


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Nel pomeriggio di venerdì 24 marzo viene inaugurata al Museo Etnologico di Monza la mostra dedicata alla religiosità popolare in Brianza: accolgono il visitatore le parole introduttive del professor Giuseppe Colombo, che contestualizzano il tema sotto il profilo storico e sociale. L'esposizione, visitabile fino al 29 giugno, testimonia quel profondo legame che unisce la religiosità cattolica alla società di ieri, osservata all'interno dell'universo domestico. L'iniziativa rammenta che in Brianza il cristianesimo si diffonde dopo la conversione della regina Teodolinda e viene consolidata con la conquista carolingia di Pavia nel 774, quando Carlo Magno ottenne il titolo di re dei franchi e dei longobardi. Inizia allora quel legame simbiotico tra la fede cristiana e le tradizioni popolari, che caratterizzerà sensibilmente e per lungo tempo il territorio brianzolo.

Chi osserva gli oggetti proposti al Mulino Colombo, esplora quel luogo intimo e privato della religiosità vissuta in famiglia e tramandata attraverso le generazioni: una dimensione sacra in cui la devozione sembra sconfinare a tratti nella superstizione e forse anche nella magia. E' questo l'affascinante mondo che il Museo Etnologico offre al visitatore: una realtà certamente fondata sulla pastorale di San Carlo e di Federico Borromeo, ma anche sulla pragmatica necessità del fedele di ottenere protezione dai santi. Queste figure, sempre presenti nella quotidianità del credente, accompagnavano le scadenze dettate dal ciclo agreste nella società contadina, come era quella brianzola. Nell'esposizione si ricorda l'opera di San Gerardo dei Tintori, patrono di Monza insieme a San Giovanni Battista, e vengono anche date informazioni sulla famiglia che diede i natali al santo.

Quella religiosità familiare e collettiva consolidata nelle tradizioni del luogo, che è oggi del tutto scomparsa, è ancora leggibile nell'esposizione installata al Mulino Colombo: crocefissi da tavolo, acquasantiere da casa, rosari, scapolari, libri di preghiere, il testo di un'orazione, un'interessante collezione di Maria Bambina, che rappresentava un oggetto di culto enormemente diffuso e veniva spesso donato alle spose come simbolo di fertilità.

La mostra offre anche preziose testimonianze che ripercorrono il cammino della Chiesa cattolica negli ultimi cent'anni: un percorso enormemente rivoluzionato dal Concilio Vaticano II. Un tema innovatore, proposto proprio dal Concilio e oggi sostenuto dall'attuale pontefice, è il dialogo con le altre religioni. Questo importante messaggio viene testimoniato nella mostra sia con la citazione dell'invito rivolto da papa Francesco a riconoscersi, pur nelle tre diverse fedi monoteiste, tutti fratelli in un unico Dio, e con la ricerca compiuta sulle diverse festività ricorrenti nell'Ebraismo e nell'Islam.
Particolare rilevanza viene data anche a due importanti temi emersi durante la tavola rotonda promossa in passato dalla Diocesi di Milano: l'accoglienza reciproca e la collaborazione, alle quali esortarono in quella occasione il rabbino capo di Milano Giuseppe Laras, l'esponente della “Casa di Cultura Islamica di Milano” Mohammed Danova, e monsignor Gianfranco Bottoni, responsabile dell'Ufficio Ecumenismo della Diocesi di Milano. Sono valori di grande importanza e incredibilmente innovativi, se confrontati a ciò che era la religione cattolica fino al pontificato di papa Pacelli, quando ancora la Chiesa il Venerdì santo pregava per i “perfidi giudei” e guardava al mondo politico italiano con enorme intransigenza.

Di questa grande ingerenza della Chiesa cattolica nella politica italiana, certamente maggiore di quella odierna, l'esposizione mostra un “Avviso vescovile” di Piacenza che rammentava la scomunica lanciata da papa Pio XII nei confronti degli iscritti al Partito comunista e addirittura di chi leggeva o propagandava la stampa di questo schieramento.

Prezioso è inoltre anche il documento con i passi maggiormente dibattuti dell'enciclica “Populorum progressio” emanata da Paolo VI, che in alcuni ambienti non era evidentemente stata accolta con entusiasmo e veniva per questo rinominata ironicamente “Populorum regressio”.
Molti sono i documenti proposti in questa mostra dal Mulino Colombo, che offrono al visitatore un'importante occasione per ricordarci le nostre origini e rammentare alla moderna società globale e liquida la cultura che per secoli ha caratterizzato la terra della Brianza. Grazie a quest'iniziativa possiamo rivivere, nella dimensione dell'esposizione, le tradizioni radicalizzate e per secoli tramandate nella realtà privata della famiglia e in quella collettiva.

Anna Marini



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Orari di apertura della mostra:
martedì e giovedì 9.00-12.00;
mercoledì, sabato e domenica 15.00-18.00.
La Mostra rimarrà chiusa dal 14 al 17 aprile in occasione della Pasqua.

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  27 marzo 2017