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COMUNALI 2017
Le elezioni amministrative a Monza
Umberto De Pace

Sottopasso di Via Rota a Monza

Prima di iniziare un nuovo capitolo è sempre bene aver compreso fino in fondo quello precedente. Nel nostro caso, prima di trattare della nuova amministrazione comunale monzese comprendere le ragioni per le quali la precedente non ha ricevuto il secondo mandato può aiutarci a capire meglio la città in cui viviamo.
Lascerei da parte le giustificazioni più banali, le quali rimandano a ricadute sulle elezioni amministrative degli equilibri/litigi nazionali i quali, sia pur non privi di influenza, ritengo non siano stati determinanti nel nostro caso. Sicuramente hanno avuto il loro peso i temi della sicurezza, dell'immigrazione, del disagio sociale, delle nuove povertà, il vissuto e, ancor più, la percezione della realtà quotidiana che ci vede tutti coinvolti. Ed è fuori di dubbio che l'utilizzo di tali temi da parte del centro destra è stato strumentale e spregiudicato.

Tutto ciò senza nascondere, anzi, che situazioni emblematiche quali gli immigrati in via Asiago e la gestione della sicurezza/disagio sociale presso la stazione centrale di Monza, siano stati gestiti in modo pessimo il primo e alquanto criticabile il secondo. Che poi vi siano altre responsabilità in gioco, vedi il Prefetto per la gestione di via Asiago, era scontato che il conto politico lo dovesse pagare l'amministrazione cittadina. Ma anche questo aspetto non spiega la sconfitta di Scanagatti. Sconfitta che, a mio modo di vedere, nasce, cresce e si consolida lentamente negli anni del suo mandato in una meticolosa opera di disarmonia, per usare un eufemismo, condotta nei confronti di una parte del suo stesso elettorato. Una parte attiva e consapevole, promotrice e sostenitrice del suo primo mandato e ben presente nella vita politica, sociale e culturale della nostra città.

Come? I famosi cantieri e la vivace partecipazione che portò alla giunta Scanagatti, dovettero fare i conti da subito con una lenta e farraginosa macchina burocratica non più di creazione ma di gestione del consenso. Elemento determinante, a detta di non pochi, la propensione fortemente accentratrice da parte dal Sindaco, poco propenso al confronto e alla mediazione. Quanto ciò sia dovuto al suo carattere, alla sua formazione politica, piuttosto che alla gravità del compito assuntosi in anni di profonda crisi economica e sociale, andrebbe approfondito. Molto probabilmente entrambi questi elementi hanno sempre più marcato la distanza tra le parti all'interno di quella che inizialmente era una casa comune.

Non si può dire che non ci siano stati dei segnali. La contrapposizione che si crea con alcuni comitati di quartiere su tematiche di gestione del bene comune – trasporti, piste ciclabili, parco, scuole, verde pubblico, bonifiche etc. – risulta incomprensibile alla luce di una giunta di centrosinistra che della partecipazione diretta aveva fatto la sua bandiera. Dalla improbabile difesa di scelte quantomeno discutibili, all'appropriazione “indebita” di cambi di rotta in realtà subiti, la gestione dei rapporti con la cittadinanza attiva è stata sicuramente deficitaria. La laboriosa e minuziosa opera di normalizzazione dei rapporti con le associazioni e comitati di cittadini per mezzo delle consulte meritava certamente uno sforzo maggiore teso a comprendere e ad ascoltare per poi condividere invece di formalizzare. Le ragioni ovviamente non stavano e non stanno tutte da una parte, ciò che però vorrei che fosse chiaro è che il consolidarsi di una, quantomeno, percezione di delusione nelle aspettative è stato un processo continuo e lungo tutto il mandato della giunta Scanagatti. Quando a metà del suo percorso la giunta espose pubblicamente il proprio piano del governo del territorio che riprendeva pari, pari quanto espresso e propagandato ai tempi delle elezioni, per alcuni lo smarrimento si trasformò in disaffezione. La stessa macchina comunale in questi anni, fra continui cambiamenti, o a causa degli stessi, non ha di certo brillato per efficienza.

L'algido distacco che la precedente amministrazione ha “costruito” nei confronti di una parte della sua base lo si era potuto leggere anche nell'atteggiamento tenuto verso quei valori costituzionali e antifascisti che, sia pur sull'onda di una irresponsabile deriva nazionale, potevano essere gestiti in modo più oculato e attento da parte di politici che in fondo sono a diretto contatto con i propri concittadini. Il riferimento è alla lotta fratricida referendaria sulla Costituzione e alla tiepida gestione delle derive neofasciste cittadine.

Tutto ciò, pur in breve, può aver contribuito alla sconfitta del centrosinistra a Monza? Certamente. Quella manciata di voti che hanno fatto la differenza, un migliaio, non sono frutto dell'indifferenza o del qualunquismo, né tantomeno della risibile “mancanza di comunicazione” troppo spesso addotta, quanto di una deliberata scelta di sfiducia verso l'operato della giunta Scanagatti di una parte della sua base, la quale si è trascinata con se, non sostenendolo se non addirittura contrastandolo, un'altra parte di potenziali elettori. E se qualcuno pensa di cavarsela addossando tali responsabilità alla sinistra radicale o comunista, sbaglierebbe una seconda volta, perché buona parte di tale sinistra avendo di fronte la scelta tra Scanagatti e Allevi non ha avuto alcun dubbio su quale fosse il male minore. Dubbio invece che non agisce più quale ricatto su quei cittadini democratici e/o di sinistra che non coltivano l'ideologia, né appartengono a partiti ma non sono più disposti a firmare una carta in bianco a chi pensa di fare a meno di loro il giorno dopo la propria elezione.

Non tutto l'operato della precedente amministrazione merita censura ovviamente, così come non tutti i componenti della giunta hanno avuto le stesse responsabilità, anzi alcuni fra di loro hanno operato con grande merito e competenza. Rimane il fatto che il centrosinistra a Monza ha perso. Non comprenderne a fondo le cause o far finta che siano altre di certo non è buon modo per ricominciare.

Umberto De Pace

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  18 luglio 2017