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La salute contesa
Anna Marini

    foto Franco Isman

Al Museo Etnologico di Monza e Brianza fino al 30 giugno si parla di medicina, un sapere conteso tra la scienza dei dottori e la saggezza popolare. Ad illustrare i due mondi, spesso paralleli ed entrambi presenti nel territorio a nord di Milano, sono i preziosi documenti della collezione del MEMB. La mostra, allestita al Mulino Colombo, espone esempi della strumentazione in dotazione ai medici del XIX e del XX secolo, ma anche oggetti tipici della devozione religiosa e del bagaglio culturale in tema di cure, che si è tramandato per generazioni, affermandosi in diverse occasioni come riferimento nel trattamento di patologie e disturbi di varia natura.

In Brianza alla saggezza popolare si ricorreva di frequente, specialmente in contesti rurali, quando la medicina tradizionale non era ancora sufficientemente autorevole in ambito curativo. La pratica empirica, fondata più sulla solidarietà che su efficaci metodi diagnostici, spesso riusciva ad alleviare il dolore. Oggetti e tabelloni illustrativi riassumono attività terapeutiche praticate dai dottori, ma anche consigli elargiti dalla tradizione e dalla superstizione. La medicina era all'epoca una disciplina in cui coesistevano più saperi: la scienza, la saggezza popolare e la religiosità, che sconfinava nella superstizione, con qualche tratto di negromanzia.

Nelle campagne brianzole dell'Ottocento ci si ammalava di tifo petecchiale e di vaiolo; in tre occasioni scoppiò persino un'epidemia di colera. Così, situazioni emergenziali si associavano alle patologie tipiche degli ambienti rurali, derivanti dalla malnutrizione e dalla miseria. Tra queste, tristemente nota era la pellagra che, spesso scambiata per lebbra, era causata dalla carenza o dal mancato assorbimento della vitamina B3. Un'altra condizione patologica, tipica questa dell'età pediatrica, era il rachitismo, provocato dalla mancanza di vitamina D.

Tra le pratiche mediche, degno di menzione è il salasso, che consisteva nell'asportare quantità ingenti di sangue per abbassare la pressione sanguigna. Ma a praticarlo, precisa la nota in calce al particolare dell'incisione “Il gioco dei mestieri” di G.M. Mitelli, non era il medico, bensì il barbiere, poiché abilitato a svolgere lavori manuali. La mostra, a tal proposito, fornisce un'interessante descrizione circa la strumentazione utilizzata nell'operazione, ricordando che per eseguire il salasso si impiegavano veri e propri set, con “lancette, martelletto e scodellina, astucci di lame, coppette a ventosa per il richiamo del sangue, e i cosiddetti scarificatori, congegni a molla in cui le lame scattavano incidendo la vena”.

La cultura rurale e dei piccoli borghi era solita preferire la medicina popolare a quella dei dottori, praticata di solito in contesti urbani. Autorità in campo erano le anziane di casa, conoscitrici delle virtù delle piante ed esperte nel manipolare le articolazioni. Ma se la medicina popolare non portava alla guarigione, si poteva invocare l'intercessione della Madonna o dei santi. Gli ex voto, che ricoprono pareti di santuari e sono illustrati nell'esposizione al MEMB, venivano offerti come ringraziamento per una grazia ricevuta.

La diffusione dei rimedi popolari era piuttosto vasta, come dimostra una serie di consigli per diversi disturbi: dalla cefalea al mal di denti, dalla cura delle ferite a quella per guarire le ustioni. Ma anche traumi, infezioni e l'ipertensione venivano affrontati con trattamenti naturali. E contro i vermi si poteva ricorrere a due tipologie di “segnatura”: quella profana, che era nello stesso tempo sia uno strumento diagnostico che terapeutico, e quella sacra, praticata con il filo. Ma per questa condizione patologica si era soliti recitare la formula di Madalena de Polti, “negromante e guaritrice che benediceva nove noccioli di pesca e li somministrava uno per giorno al malato”. I precetti popolari erano enormemente utili anche per la gravidanza e il puerperio: dispensavano consigli che, se osservati, avrebbero garantito la buona salute del nascituro. Il parto, come mostrano le illustrazioni esposte al museo, avveniva in casa, con l'assistenza della “comare”, detta anche “raccoglitrice”.

Ma anche alla medicina tradizionale è dedicata la mostra allestita al Mulino Colombo. Un tabellone ricorda l'apertura degli ospedali in Brianza: una lunga carrellata, dall'opera di San Gerardo dei Tintori fino al 2009, quando si terminò il trasferimento dei reparti dall'Ospedale Vecchio al Nuovo. E poi, diversi strumenti impiegati dai medici, come la Maschera “Ombridanne” per l'anestesia con l'etere.

La mostra nasce dalla collaborazione di due medici, Alessandro Colombo e Vittorio A. Sironi, autore di un ponderoso volume sull'argomento, e rappresenta un'interessante pagina della cultura locale negli ultimi due secoli del Novecento. Un appuntamento da non perdere e, per chi lo desiderasse, un'esperienza da replicare in autunno, per quando è previsto un secondo momento espositivo (dal 3 settembre al 27 ottobre).

Anna Marini


    foto Franco Isman

ORARI DI APERTURA
Martedì e giovedì dalle 9 alle 12
Mercoledì e sabato dalle 16 alle 19
Ingresso gratuito


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  1 giugno 2019