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Il Giorno della Memoria a Monza
Franco Isman e Tania Marinoni

Il camino dei forni crematori a Maidanek

Ricordare è necessario, ricordare è doveroso, ricordare l'indicibile orrore dei campi di sterminio è la premessa necessaria affinché questo obbrobrio non succeda più, mai più.
Ricordare è necessario anche perché molti, moltissimi, non sanno e qualcuno confonde addirittura la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, con le foibe.
Ma molti pensano, e dicono, che sono passati ottant'anni, che si deve guardare al presente e che è ora di smettere di parlare di questi avvenimenti passati.
E allora non bisogna nemmeno esagerare e i film che si proiettano devono raccontare la realtà e non storie di fantasia come ad esempio “Lezioni di persiano”, ma anche il blasonato “La vita è bella” di Benigni.

 BOSCO DELLA MEMORIA

La mattina del 27, di una giornata uggiosa adatta alla triste ricorrenza, tutti al Bosco che è cresciuto e comincia ad apparire tale. Ricordiamo che dalle nostre parti i deportati, a ciascuno dei quali è stato dedicato un albero, erano per la massima parte politici, moltissimi gli eroici operai protagonisti degli scioperi del marzo 1944 a Sesto San Giovanni. Presenti con il Comune, Anpi, Aned e Alpini con i loro gonfaloni ed anche gli studenti di un paio di scuole; parlano tutte le “autorità”: la prefetto, il presidente della Provincia, l'assessore all'Istruzione della Regione Lombardia, il sindaco. Interventi belli e, soprattutto sentiti.

  PIETRE DI INCIAMPO

Via dal Bosco si va ad inaugurare le pietre di inciampo murate nel selciato davanti alle case di alcune delle vittime, sparse per la città. Ricordiamo che le prime pietre a Monza erano state nel 2020 quelle in ricordo dei coniugi Alessandro Colombo e Ilde Zamorani. Si comincia da via Dante ove aveva abitato Enrico Bracesco, papà di Milena presidente dell'Aned di Sesto e Monza, vittima dei feroci esperimenti di Mengele nel terribile Castello di Artheim dal quale nessuno uscì vivo. C'erano i ragazzini della Media Volta ma anche studenti del lontano IIS Hensemberger con la loro insegnante.
Poi Carlo Samiolo in via Volta, Pietro Massari in via Col di Lana, Federico Gaviraghi in via Mozart, Angelo Beretta in via S.Alessandro, Luigi Montrasio in via Marco d'Agrate, per finire con Giorgio Levi nella centralissima via Pretorio, la stradina che dall'Arengario porta a piazza Carducci.

BIBLIOTECA CIVICA
La Biblioteca Civica di Monza ha organizzato due eventi aperti al pubblico, fruibili in presenza, oppure attraverso la diretta facebook: il tributo ad Enrico Bracesco, in una serata dedicata anche al tema delle Pietre d'inciampo, e la presentazione del libro che gli alunni del Liceo Nanni Valentini hanno dedicato a Franco Rossi, testimone del sacrifico dei Martiri di via Boccaccio.

  TRIBUTO A ENRICO BRACESCO - PIETRE D'INCIAMPO

Lunedì sera Milena Bracesco ha ricordato la figura del padre Enrico, sottolineando il suo impegno nella lotta contro il nazifascismo che lo ha condotto dapprima nel Campo di Fossoli, poi per un breve periodo a Bolzano, e infine a Mauthausen. Qui Enrico ha trovato la morte, precisamente nel famigerato Castello di Hartheim, uno dei simboli delle peggiori atrocità naziste. Ad arricchire l'intervento ha contribuito la lettura di brani tratti dal libro Parlami d'amore, un dialogo intimo tra una figlia e il padre partigiano. Così, la voce di Milena, intervallata da quella di Cristina Rotatori, illustra il contributo, ma anche i tratti caratteristici, di Enrico Bracesco: un gappista coraggioso e ottimista, come si evince dalle lettere indirizzate alla famiglia durante la detenzione a Fossoli. Quella del padre partigiano è una narrazione difficile per Milena, che ha ricostruito negli anni la vicenda di Enrico, grazie alle testimonianze dei suoi compagni di lotta; queste, seppur preziose, lasciano ancora oggi molti loop aperti. Milena non conosce nemmeno la data certa della morte di suo padre: forse un giorno di settembre del 1944, forse il 15 dicembre dello stesso anno.
Ma un pezzo importante di quel puzzle viene fornito proprio lunedì sera dal presidente del Comitato per le Pietre di inciampo a Milano, Marco Steiner. Infatti, sul treno che il 27 aprile del 1944 partì dal Binario 21, con direzione Fossoli, c'era, oltre ad Enrico Bracesco, anche suo padre. Steiner ricorda inoltre la rilevanza simbolica delle Pietre di inciampo, cioè il tentativo di riportare finalmente a casa coloro che in vita non fecero mai ritorno. Questi monumenti sono preziosi anche perché esprimono un importante valore universale: ravvivano infatti la memoria non solo degli ebrei deportati nei campi di sterminio, ma quella di tutte le vittime della persecuzione nazifascista. A Milano e a Monza le Pietre sono intitolate esclusivamente a persone mai più ritornate dai lager, ma in altri luoghi vengono dedicate anche a coloro che dai lager fecero ritorno. Esse rappresentano infine un' occasione per condurre una ricerca approfondita su coloro ai quali vengono intitolate: non solo la deportazione subita, ma anche la vita che conducevano prima. Così, nella Memoria ravvivata dalle Pietre, il ricordo delle vittime della persecuzione nazifascista ritorna a vivere.

  “PAROLE PER FRANCO” - OMAGGIO A FRANCO ROSSI.

Venerdì sera la neopresidente dell'ANPI di Monza, Emanuela Manco, ha introdotto l'evento dedicato al libro scritto dagli studenti del Liceo Nanni Valentini per Franco Rossi. La presidente ricorda l'importanza dell'attività svolta da ANPI e ANED nelle scuole e in altre sedi affinché le atrocità del nazifascismo non si ripetano in futuro; ribadisce, inoltre, l'importanza della conoscenza storica come antidoto contro gli orrori del passato. Il territorio brianzolo, prosegue Emanuela, ha svolto un ruolo chiave nella lotta di Liberazione e a Monza sono tre i luoghi che ricordano il contributo antifascista: la Villa Reale, l'ex Casa del Fascio (oggi Agenzia delle Entrate) e il Binario 7. Presente all'evento anche Franco Rossi, che ogni anno, il 25 gennaio, testimonia davanti ad una platea di studenti il sacrificio dei Martiri di via Boccaccio. Gli alunni del Liceo Nanni Valentini gli hanno dedicato un libro composto da una raccolta di lettere a lui indirizzate. L'opera, osserva la professoressa di Italiano e Storia, Laura Riva, è nata proprio da una lettera e dal proposito di organizzare, dopo le chiusure dettate dalla pandemia, la commemorazione del 25 gennaio. La lettera, scritta da Laura Riva, e aperta agli studenti e ai docenti della sua scuola, esortava a lasciare un messaggio per Franco, in un periodo in cui non godeva di buona salute. A quell'invito risposero in molti, con contributi differenti nello stile e nel contenuto, esattamente come accadde nella Resistenza, alla quale presero parte molte anime, accomunate tutte dallo stesso sogno di libertà. Quei messaggi furono raccolti in un libro, che venne curato nella grafica dal professore di design, Gianluca Sacchi. Il tema grafico è stato sviluppato all'insegna della semplicità: il bianco e il nero delle fotografie e alcuni tocchi di rosso, che, come una sorta di filo conduttore, percorrono il libro.

  BIBLIOTECA TRIANTE “A.JURETICH”

In collegamento con il Liceo Petrarca ed il Museo della Comunità ebraica di Trieste è stato presentato il libro-catalogo “Il razzismo in cattedra – Il Liceo F.Petrarca di Trieste e le leggi razziali del 1938” che illustra una mostra realizzata dai ragazzi della 4L dell'anno scolastico 2017-2018 con la guida della prof Sabrina Benussi.
La mostra è assurta agli onori delle cronache in quanto il Comune di Trieste, che avrebbe dovuto sponsorizzare l'evento e offrire la sala per l'esposizione, si era poi tirato indietro perché, come scrive la dirigente del Liceo prof. Cesira Militello, la parola razzismo era ritenuta “troppo forte“. Ma il termine razzismo era irrinunciabile, nel solo Liceo Petrarca erano stati espulsi perché ebrei 69 studenti e 2 professori. E la mostra si tenne poi al Museo Sartorio.
L'estensore di questa nota aveva immediatamente riportato l'episodio su Arengario con l'articolo: “Trieste è ancora fascista?” https://arengario.net/poli/poli908big.html. Lo ho raccontato in questa occasione, come ho raccontato dei quaranta vecchietti ricoverati all'Asilo Gentilomo a Opcina, subito sopra Trieste, fra i quali la sorella del mio nonno materno, cieca e semi paralitica, prelevati da tedeschi e fascisti, portati a San Sabba e dopo una settimana spediti ad Auschwitz con il viaggio terrificante che conosciamo, soltanto per essere ammazzati. Soltanto per essere ammazzati

Nella serata il prof. Claudio Consonni dello IIS Mosè Bianchi ha raccontato il tragico episodio della prof. Annalisa Camerini, triestina anch'essa, che aveva insegnato un anno in quella scuola, ne era stata espulsa, era tornata a Trieste e qui nel 1943 era stata arrestata, sbattuta a San Sabba e poi assassinata ad Auschwitz.

Franco Isman e Tania Marinoni

La proclamazione delle leggi razziali a Trieste



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  30 gennaio 2022