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Cambiamento climatico
Cosa possiamo fare ?
Tania Marinoni


È ancora grande oggi l'incertezza sulle conseguenze che i cambiamenti del clima determineranno nella nostra vita. Nel migliore dei casi tra la popolazione si registra un sentimento di preoccupazione, ma mediamente questa tematica non genera alcun timore tra i cittadini. Con questa breve, ma significativa riflessione, Fabio Clarotto ha aperto mercoledì 17 marzo l'evento incentrato sui cambiamenti climatici, organizzato dalle associazioni MonzAttiva, Città Persone, LabMonza, Associazione Minerva, in partnership con il quotidiano nazionale Il Giorno. L'iniziativa, trasmessa in diretta sul sito facebook delle associazioni, è inserita nel calendario ufficiale degli appuntamenti All4Climate-Italy2021 del Ministero della Transizione ecologica.

Cosa accade se cambia il clima? Quali i segnali e le conseguenze sull'uomo?
Gianni Tartari, Ricercatore Associato Senior del CNR-Istituto di Ricerca Sulle Acque, ha risposto a tali quesiti, mettendo in luce tutta la complessità della tematica, che non riguarda solo i cambiamenti del clima, ma anche altri aspetti, ugualmente allarmanti. Gli studiosi hanno infatti individuato nel corso degli anni nove “limiti” oltre i quali esistono scarse probabilità di poter ritornare a condizioni naturali. Tra questi, troviamo la biodiversità, l'inquinamento delle acque, l'uso del suolo, la disponibilità di nutrienti essenziali, l'acidificazione degli oceani: parametri, questi, che, se portati oltre al livello di guardia, innescano un processo irreversibile. Negli ultimi quarant'anni la popolazione è aumentata da 5 a quasi 8 miliardi, portando ad una crescita delle attività produttive, ad una maggiore richiesta di proteine animali e di allevamenti di bovini. L'aumento della popolazione ha provocato un incremento del consumo di energia, che per l'80% viene prodotta da fonti non rinnovabili. Il riscaldamento dell'atmosfera, dell'acqua degli oceani e il conseguente scioglimento dei ghiacciai, hanno reso il rischio siccità particolarmente allarmante in determinati territori, che nel prossimo futuro assisteranno a significative emigrazioni, causate un tempo da fattori economici.

Di fronte a questi scenari futuri quale può essere il ruolo dei semplici cittadini?
Ilaria Beretta, professoressa associata di Sociologia dell'Ambiente e del Territorio dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, ha presentato i risultati ottenuti al termine di un progetto innovativo condotto sulle rive del lago di Garda. Con tale progetto, il “Clic Plan”, un team multidisciplinare ha accompagnato i comuni del lago di Garda nella redazione di un piano di adattamento al cambiamento climatico. Se, infatti, l'Unione Europea ha richiesto per anni agli stati membri di attuare azioni che potessero mitigare i cambiamenti climatici, di recente richiede che, accanto a queste, vengano intraprese anche azioni di adattamento, proprio per rispondere con maggior resilienza agli impatti negativi, ma ormai inevitabili, del cambiamento climatico sul territorio. Il progetto si è rivelato particolarmente interessante per l' approccio fortemente innovativo, che ha portato alla partecipazione diretta dei cittadini, riuniti in associazioni ambientaliste e scelti tra diverse categorie, come gli insegnanti, i medici e altre rappresentanze. Un aspetto, questo, molto rilevante, che ha permesso di coinvolgere attivamente gli abitanti nell'importante compito di tutela del territorio. Il progetto ha fornito importanti risultati, anche in merito alla percezione di tali tematiche tra la popolazione, e al ruolo della comunicazione sulle politiche di mitigazione degli impatti negativi e di adattamento ai cambiamenti climatici.

Mauro Bertolotti, ricercatore presso l'Università Cattolica di Milano, ha condotto un'indagine a campione, per valutare la conoscenza dei cittadini e la relativa preoccupazione indotta dal fenomeno dei cambiamenti climatici e dalla tematica del consumo di suolo. L'intervista ha interessato 500 abitanti della sponda lombarda del lago di Garda, con età compresa tra i 18 e gli 87 anni. Dalla ricerca è emerso che, nonostante la conoscenza del problema sia piuttosto buona, l'interesse della popolazione risulta piuttosto scarso; medio invece è il livello di allarme suscitato negli abitanti. La maggioranza degli intervistati ritiene, infatti, che il cambiamento climatico sia imputabile all'azione dell'uomo, mentre una minoranza è invece convinta che il fenomeno abbia un'origine naturale; il 26% pensa che il clima stia cambiando sia per fattori naturali, sia per gli interventi dell'uomo. Il tema del consumo di suolo risulta invece meno interessante, probabilmente per lo scarso rilievo conferitogli dai media. Per entrambi i temi, le donne sono mediamente più allarmate rispetto uomini. La percezione del rischio è maggiore tra le fasce più anziane della popolazione, tra coloro che vantano un maggior livello di istruzione e tra i cittadini che hanno sviluppato una forte identità locale.

Daniela Canoro, docente nell' ambito della comunicazione e giornalista professionista, ha approfondito gli aspetti problematici della comunicazione sulle politiche di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Ha indagato gli effetti di framing relativi alla simulazione di una proposta di istituzione di un'area protetta di 30 ettari, da parte dell'amministrazione. I risultati confermano che la comunicazione sulle politiche ambientali è molto più efficace quando rivela non solo i rischi che si intendono evitare, ma anche i benefici raggiungibili; la comunicazione non può quindi limitarsi a informare sui rischi, ma deve persuadere, contro argomentare e motivare i cittadini all'azione.

A seguire i prossimi quattro incontri per il ciclo ”Progetto Futuro”, incentrati su urbanistica ed ecologia.

Tania Marinoni


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  21 marzo 2021