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Democrazia ed estrema destra
Il caso monzese
Umberto De Pace

fasci

L’affrontare temi della realtà contemporanea, pur in un contesto locale, non ci può esimire dall’approfondirli in un’ottica più ampia: storica, culturale, politica e sociale. Lo studio, l’analisi, la critica, il sano esercizio del saper distinguere e del dare il proprio significato alle parole, il ricostruire i fatti per quello che sono è un esercizio complesso e impegnativo che richiede il suo tempo; un esercizio al quale non si può rinunciare se si vuole tentare, quantomeno, di interpretare al meglio la realtà che ci circonda. Neofascismo, antifascismo e democrazia sono i grandi temi alla base del fenomeno dell’estrema destra monzese e non solo. Avere una maggiore consapevolezza su questi temi ci permetterà di avere una più chiara comprensione del fenomeno che stiamo analizzando.
Sull'antifascismo - 5


Milano antifa


Per Marco Revelli – docente di Storia della politica all'Università di Torino – l'antifascismo militante si alimentò della “illegalità delle classi dominanti”. Come riporta nel libro “Fascismo Antifascismo. Le idee, le identità” (ed. La Nuova Italia, aprile 1995): “ … nel passaggio dagli anni '60 agli anni '70, e per quasi tutto il corso di quel decennio, si è svolto in Italia un duro, sotterraneo ma feroce confronto tra tenuta del modello democratico e forze consistenti, potenti, saldamente rappresentate nel potere economico e all'interno dello Stato, che puntavano a una violenta liquidazione di esso. Sarebbe difficile comprendere l'asprezza di quegli anni, senza considerare questo sfondo inquietante all'interno del quale uno schieramento eterogeno, fatto di partiti e forze istituzionali ma soprattutto di movimenti dal basso spese ed esaurì, fino alla consunzione, la propria carica emancipativa in uno scontro di estrema durezza con un blocco di poteri occulti, intreccio di reazione tradizionale e di moderna intolleranza … se uno strumento ebbe a disposizione quel movimento, che non a caso si definì “antifascista militante”, questo fu tratto, sia pure in parte, e con le dovute innovazioni, dalle chiavi interpretative e dalle riflessioni emergenti dall'analisi del fascismo storico e del suo rapporto con la struttura sociale italiana.”


4 agosto 1974 strage del treno Italicus
4 agosto 1974 strage del treno Italicus

Lo storico Giovanni De Luna, coautore insieme a Marco Revelli del libro citato, individua quale altro periodo di cambiamento nel paradigma dell'antifascismo i primi anni '90, periodo nel quale si esaurisce l'onda lunga dei moti del “luglio '60”. Ma è bene accennare prima ai suoi prodromi a partire dalla metà degli anni '80. Alla fine del 1987 l'allora presidente del Partito socialista italiano (Psi) Bettino Craxi incontra Gianfranco Fini, giovane erede del Movimento sociale italiano. Nel corso di una famosa intervista allo storico Renzo De Felice, pubblicata dal Corriere della Sera il 27/12/1987, il giornalista Giuliano Ferrara introduce l'argomento con una domanda diretta: “Craxi ha incontrato il giovane erede di Almirante, Gianfranco Fini. Un'ora e mezzo di dialogo sulle riforme istituzionali. Atmosfera tranquilla. La sede era quella del gruppo socialista alla Camera. Un «normale scambio di vedute» con il leader di un partito che, riunito a congresso, aveva appena finito di rivendicare la qualifica di «fascista». È la normalizzazione, professor De Felice?” Le risposte che seguono sono altrettanto dirette e prive di infingimenti, come è solito fare il famoso storico. Egli introduce il tema del revisionismo storico, inevitabile a suo dire, se si vuole portare avanti l'innovazione del sistema politico e passare a una nuova Repubblica, intento nel quale si cimentava all'epoca Bettino Craxi. Renzo De Felice confermava che era in corso un processo di “normalizzazione” dovuto innanzitutto a un fatto essenzialmente biologico: “La vecchia guardia del regime e della Rsi è ormai in via di estinzione. Il segretario missino è di tutt'altra generazione. Cade il collegamento anagrafico con il fascismo. E questo cambia qualcosa.”

4 agosto 1974 strage del treno Italicus
Bettino Craxi e Gianfranco Fini (fonte 06blog.it)

Secondo lo storico, Bettino Craxi pur avendo radici nell'antifascismo è estraneo alla sua retorica: “ E non può fermarsi a una pregiudiziale che perde sempre più il suo significato e valore anche di fronte all'opinione pubblica. Sa che un discorso di innovazione del sistema politico incontra naturalmente il problema del revisionismo storico: se si deve passare a una nuova Repubblica, è ovvio che ci si debba liberare dei pregiudizi su cui si è fondata la vecchia. È un discorso un po' aspro, che può offendere qualche sensibilità anche generosa, ma è così.” Per Renzo De Felice le norme costituzionali che vietano la ricostituzione del partito fascista sono “grottesche” e “ ... il ridicolo è nemico della credibilità di un sistema istituzionale. Un partito fascista c'è, è il Msi, ed è sopravvissuto a tutte le tempeste; sopravvive al tempo giudice implacabile. E dunque?”

4 agosto 1974 strage del treno Italicus
Renzo De Felice (fonte wikipedia)

Dando in qualche modo ragione alla tesi della “Resistenza tradita” De Felice, pur ammettendo che idealmente alla base della nostra Repubblica c'è l'antifascismo, in realtà: “ ... nella pratica non è stato costruito niente di diverso dal vecchio Stato giolittiano e liberale, magari con qualche restauro. E sono sopravvissute con successo, sia pure risciacquate nella democrazia, le innovazioni introdotte dal fascismo italiano, dall'industria di Stato al sistema previdenziale. Certo, la classe dirigente fascista era illiberale. Ma siamo sicuri che fosse, per tutto il resto, tanto peggiore di quella attuale? La burocrazia fascista aveva forse un senso dello Stato e dei doveri civili inferiore a quella repubblicana?” Fino a giungere a dichiarare che essendosi attenuato lo schema comunismo-anticomunismo, a seguito dei cambiamenti dispiegati negli ultimi anni dal Pci: “ … i difetti della costruzione costituzionale hanno cominciato a venire in evidenza. Ed è logico che cada anche l'altra grande alternativa fascismo-antifascismo. Non ha più senso né nella coscienza pubblica né nella realtà della lotta politica quotidiana. Se resta ferma a quel dogma insincero, la nostra Costituzione si auto inchioda.” Concludendo che si può parlare di fascismo nel nostro paese con maggiore serenità tenendo anche conto: “ ... che il fascismo italiano è al riparo dall'accusa di genocidio, è fuori dal cono d'ombra dell'Olocausto. Per molti aspetti, il fascismo italiano è stato «migliore» di quello francese o di quello olandese.” Tenuto conto della fama internazionale di Renzo De Felice seguì a quell'intervista un dibattito ampio con non poche polemiche anche aspre. Anni dopo in una intervista Marco Revelli la definirà una violenta polemica che “ ... mise in discussione il concetto stesso di antifascismo e l' opportunità della sua sopravvivenza nell'Italia del dopoguerra. Una polemica alimentata in buona parte da scopi politici contingenti (il bisogno di Craxi di scongelare i voti missini), a cui aderirono anche studiosi di vaglia come Renzo De Felice, Lucio Colletti, Luciano Cafagna...” (La Repubblica del 7/3/1995).

Polemiche alle quali, in una seconda intervista del 8/01/1988 con il medesimo giornale e giornalista, lo storico replicò respingendo l'accusa di aver riabilitato il fascismo e ribadendo invece di aver “ ... contestato che l'antifascismo, inteso come ideologia di Stato, sia un discrimine storicamente, politicamente e civilmente utile per stabilire che cos'è una autentica democrazia repubblicana, una democrazia liberaldemocratica. Questo a me, antifascista senza fanfare e storico del fascismo, premeva dire. E l'ho detto.” Tanto più che: “Finché resiste l'ombrello antifascista è più difficile stimolare i comunisti a portare fino in fondo la loro revisione, affermando con radicalità di quali valori si nutra una loro moderna identità e mentalità liberaldemocratica. E, per converso, è invece più facile cercare con loro un rapporto, magari tortuoso e insincero, che li integri in una mera democrazia senza ricambio, in un sistema politico bloccato. Se invece cadesse la cultura ufficiale dell'antifascismo, allora ciascuno sarebbe più direttamente responsabile della propria identità civile, politica, culturale e storica. L'abito antifascista non farebbe più il monaco democratico ... Affermare che la democrazia è uguale all'antifascismo significa dare una definizione solo negativa della democrazia. E ridotta al solo antifascismo, la democrazia rischia di suicidarsi, perché non riesce a riconoscere e a individuare i nemici che hanno un'altra faccia.” Nemici quali furono all'epoca le Brigate Rosse e i vari gruppi estremisti della sinistra, antifascisti ma al contempo antidemocratici. Alla domanda conclusiva: “Dunque, secondo lei, l'antifascismo come ideologia ufficiale indebolisce una vera democrazia...” Renzo De Felice risponde: “ Sì, e il mio non è un discorso solo strettamente politico. ...” individuando i veri pericoli della democrazia nei grandi processi in corso di cambiamento della società indirizzati in senso contrario a quello di una maggior democratizzazione, che avevano nulla a che fare con l'oramai desueta opposizione fascismo-antifascismo.

4 agosto 1974 strage del treno Italicus
1989: Achille Occhetto annuncia la "svolta della Bolognina" (fonte ravennatoday.it)

Oggi sappiamo come sono andate a finire le aspirazioni del presidente del Psi, travolto dall'inchiesta che passerà alla storia con il nome di “Tangentopoli”; il suo stesso partito si dissolverà il 12 novembre del 1994, anno nel quale si passerà effettivamente alla cosiddetta “seconda” Repubblica, pur non nei modi auspicati dall'ambizioso e spregiudicato leader socialista. Così come sappiamo come si concluse, a circa due anni da quelle interviste, la “questione comunista” italiana con la “svolta della Bolognina” e lo scioglimento del Partito Comunista italiano che avverrà il 3 febbraio del 1991; seguendo in qualche modo la fine dell'Unione Sovietica e il dissolvimento del blocco dei paesi dell'Est. E' in quegli anni, primi anni '90, così carichi di cambiamenti epocali per il nostro paese e per gran parte del mondo intero, che si evidenzia come l'antinomia comunismo-anticomunismo non fosse speculare a quella fascismo-antifascismo, ma che quest'ultima avesse una sua ragione d'essere indipendente e autonoma. Questo è il pensiero di Marco Revelli il quale ricorda come la storia del comunismo italiano ha una sua specificità, sintetizzando il fatto che “ ... è stato l'antifascismo a egemonizzare il Pci, non viceversa. Moltissimi sono diventati comunisti perché antifascisti, non è accaduto certo il contrario. Bobbio lo dice spesso (e lui non è mai stato comunista): ci si iscriveva al Pci perché era il randello più nodoso da dare sulla schiena di Mussolini e di Hitler". Nella stessa intervista (La Repubblica del 7/3/1995) Giovanni De Luna sostiene come il tentativo di “emancipare l'antifascismo dell'ipoteca comunista” sia una separazione: “ ... ingiusta sul piano storico (i comunisti italiani sono stati parte fondamentale nella lotta antifascista) e incomprensibile sul piano concettuale: tra ideologia democratica e ideologia comunista, in Italia, c'è contraddizione nei mezzi, ma non nei principi e nei fini. E il paradigma antifascista è stato così forte da riassorbire il contrasto sui mezzi. Occorre ricordare che i comunisti italiani sono stati in prima fila nel preparare la Costituzione?".
E' interessante trovare riscontro dell'importanza e contraddittorietà di tali tematiche nell'evoluzione del pensiero di Norberto Bobbio – filosofo, giurista, politologo, storico e senatore a vita – autorevole figura dell'antifascismo nel nostro paese, il quale nel 1995 affermava, in piena sintonia con lo storico Renzo De Felice che era possibile andare: “ … al di là del fascismo e del comunismo, perché siamo l'unico paese del mondo in cui ancora ci sono due parti politiche che si fronteggiano usando come accusa, l'una contro l'altra, quelle insegne politiche … Diciamo basta. Fascismo e comunismo non corrispondono a nulla di attuale.” (tratta da Bobbio, De Felice, Rusconi, “Italiani, amici nemici” citato da Alberto De Bernardi). Ma è lo stesso Norberto Bobbio, l'anno successivo, ad annotare nell'introduzione al suo libro “De senectude e altri scritti autobiografici” (ed. Einaudi, 1996): “In questi ultimi anni di revisionismo storico mi accade di constatare a mia volta con amarezza che il rifiuto dell'antifascismo in nome dell'anticomunismo ha finito spesso di condurre a un'altra forma di equidistanza che io considero abominevole: tra fascismo e antifascismo. Questa equidistanza, che risale molto addietro a chi aveva predicato, subito all'inizio della ricostruzione democratica, la necessità di andare al di là del fascismo e dell'antifascismo, preclude alle giovani generazioni di cogliere la differenza tra uno stato di polizia e uno stato di diritto, tra una dittatura anche se meno feroce di quella nazista e una democrazia zoppa come quella della Prima Repubblica (che nonostante tutto continua a zoppicare), e di rendersi conto che il fascismo, la prima dittatura imposta nel cuore d'Europa dopo la prima guerra mondiale, terminata in una tragica sconfitta, è stata un'onta nella storia di un paese che era da tempo nel numero delle nazioni civili. Di quest'onta ci libereremo soltanto se riusciremo a renderci conto sino in fondo del prezzo che il paese ha dovuto pagare per la prepotenza impunita di pochi e l'obbedienza, se pure coatta e non sempre ben sopportata, di molti.”

(fonte skytg24)

Gli “ultimi anni” a cui fa riferimento Norberto Bobbio sono la prima metà degli anni '90 che videro la nascita di Forza Italia con presidente e leader del partito l'imprenditore Silvio Berlusconi . Sono gli anni dell'ascesa al potere della destra post-fascista di nuovi confronti e scontri sul tema del fascismo e dell'antifascismo ma questa volta è la politica partitica e istituzionale e non più i movimenti o la politica extraparlamentare, a dettare l'agenda.

Umberto De Pace

GLI ARTICOLI PUBBLICATI
0 - Prologo
1 - Perché Monza?
2 - Bran.Co. e Lealtà Azione - 1
3 - Bran.Co. e Lealtà Azione - 2
4 - Forza Nuova - 1
5 - Forza Nuova - 2
6 - CasaPound - 1
7 - CasaPound - 2
8 - CasaPound - 3
9 - Lorien e Progetto Zero
10 - Lorien e Compagnia Militante
11 - A.D.ES.
12 - Le radici dell'estrema destra monzese - 1
13 - Le radici dell'estrema destra monzese - 2
14 - Sul neofascismo - 1
15 - Sul neofascismo - 2
16 - Sul neofascismo - 3
17 - Sul neofascismo - 4
18 - Sull'antifascismo - 1
19 - Sull'antifascismo - 2
20 - Sull'antifascismo - 3
21 - Sull'antifascismo - 4
22 - Sull'antifascismo - 5



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  5 luglio 2019