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Democrazia ed estrema destra
Il caso monzese
Umberto De Pace

fasci

L’affrontare temi della realtà contemporanea, pur in un contesto locale, non ci può esimire dall’approfondirli in un’ottica più ampia: storica, culturale, politica e sociale. Lo studio, l’analisi, la critica, il sano esercizio del saper distinguere e del dare il proprio significato alle parole, il ricostruire i fatti per quello che sono è un esercizio complesso e impegnativo che richiede il suo tempo; un esercizio al quale non si può rinunciare se si vuole tentare, quantomeno, di interpretare al meglio la realtà che ci circonda. Neofascismo, antifascismo e democrazia sono i grandi temi alla base del fenomeno dell’estrema destra monzese e non solo. Avere una maggiore consapevolezza su questi temi ci permetterà di avere una più chiara comprensione del fenomeno che stiamo analizzando.
Sull'antifascismo - 9




Marco Bernardi – collabora con l'Istituto storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo e insegna alle scuole superiori – nel suo recentissimo saggio “Quando la storia diventa storie. La società italiana e la comunicazione di fascismo e Resistenza tra gli anni settanta e gli anni duemila” (Ed. Le Monnier Università Mondadori Education, maggio 2019) conclude il suo lungo e interessante studio sottolineando come l'uso pubblico del passato sia “ … un fenomeno complesso, che coinvolge non solo la storiografia ma anche la società, la politica, nonché la cultura in generale e la comunicazione pubblica e i media in particolare.” Nell'arco temporale analizzato lo storico individua tre trasformazioni fondamentali. La prima di tipo culturale è caratterizzata dall'avvento della postmodernità e la messa in discussione dello statuto scientifico della storia. Sempre in ambito culturale, il secondo fenomeno rilevante, è la crisi globale delle tradizionali ideologie politiche, le quali “ … furono soppiantate da apatia, individualismo, consumismo, dando vita alla cosiddetta “società liquida”. Ciò significò non solo partiti politici “leggeri”, sindacati deboli, crescenti livelli di astensionismo e società atomizzate, ma anche una grave crisi della storiografia.” La seconda trasformazione avviene a livello politico con “ … un significativo slittamento a destra, alimentato in primis dall'avvento del neoliberismo.” e con esso la messa in discussione degli “insostenibili” costi della democrazia in generale e del sistema assistenziale in particolare. Infine la terza trasformazione si ha a livello della comunicazione dove prendono forma a livello mediatico le “… contro-narrazioni aggressive e altamente politicizzate …” che contestano le consolidate interpretazioni del passato. In tutto il mondo la televisione si impone come il mezzo di comunicazione per eccellenza e in questo passaggio storico: “ La storia fu particolarmente colpita da questa nuova sfida per l'egemonia dei media. Soprattutto grazie all'attenzione ricevuta dalla televisione, un po' ovunque in Europa alcune contro-narrazioni contestarono identità storiche consolidate.”


Ad esempio: “ … gli attacchi contro la memoria della rivoluzione francese del 1789, lo Historikerstreit (ndr: rappresentazione dell'Olocausto come reazione dei nazionalsocialisti tedeschi a misure antisemite e ai gulag nell'Unione Sovietica) e il negazionismo circa la Shoah.” Fra le varie conseguenze di questa stagione revisionista vi furono i primi casi di storia scritta per legge. Alcuni dei sostenitori del negazionismo (il francese Paul Faurisson, docente di letteratura in Francia, e lo storico inglese David Irving) “ … furono trascinati in tribunale per le loro ipotesi, e, ancor più importante, vennero adottate legislazioni speciali per impedire la divulgazione di simili interpretazioni. Ciò rappresentò, dopo i processi di Norimberga e di Heichmann, una nuova stagione di “tribunalizzazione della storia”, che creò delle connessioni ancora più solide che in passato tra il giudizio storico e quello penale, contribuendo così a indebolire lo statuto scientifico della storia presso i non-addetti ai lavori. Benché questi tentativi fossero mossi dai migliori propositi, le leggi contro il negazionismo ebbero delle conseguenze assai negative, in quanto divennero la premessa per richieste di interventi sempre più espliciti e invasivi dei legislatori riguardo la comunicazione del passato, fino alla costruzione di vere e proprie storie “ufficiali””.

Il processo di Norimberga
Il processo di Norimberga

Il ruolo dello storico professionista come punto di riferimento per la costruzione della memoria pubblica collettiva né uscì ulteriormente danneggiato. Per Marco Bernardi “Il lunghissimo dibattito pubblico in Italia sul passato fascista è parte di questa grande crisi della storia.” Le narrazioni anti-antifasciste, pur essendo presenti già nell'immediato dopoguerra e alcune addirittura prima della fine del conflitto stesso, è solo a partire dai primi anni Settanta che escono allo scoperto e cercano di sostituirsi all'identità antifascista. Questo a causa di due specificità del nostro paese. La prima di tipo politico caratterizzata da “ … lo stretto nesso tra mobilitazione politica e identità antifascista, la volontà di una parte della classe politica italiana di sbarazzarsi dell'antifascismo e l'atteggiamento auto-indulgente e vittimista ampiamente diffuso nella società italiana.” La seconda specificità è di tipo mediatico: “ Non solo la ribalta mediatica degli attacchi contro l'antifascismo iniziò grazie a uno storico (Renzo De Felice), ma una parte consistente dei contenuti degli attacchi alla Resistenza deriva da ricerche di storici professionisti (benché decontestualizzate e manipolate). Tuttavia, gli storici italiani hanno finito per essere emarginati dal discorso pubblico anche più dei loro colleghi di altri Paesi.” ciò dovuto agli stretti rapporti in Italia tra storiografia e politica e alla rottura del rapporto tra storici e nuovi media. La perdita di attrazione da parte della politica verso il grande pubblico, trascina con se l'interesse e attenzione per la storia. A seguire “ … il collasso del sistema dei partiti all'inizio degli anni Novanta provocò una grave crisi della ricerca storica.” Il posto degli storici, all'interno del dibattito pubblico sul passato, fu preso dai giornalisti, pamphlettisti, scrittori e personaggi televisivi: “Il processo di marginalizzazione degli storici non fu … un unicum italiano, ma da noi ciò assunse dimensioni più evidenti e drammatiche ... La cosiddetta “neotelevisione” aveva l'esplicito e pressoché unico scopo di intrattenere.” La spettacolarizzazione e le nuove forme retoriche si imposero anche al di fuori della televisione e “ … le ricostruzioni anti-antifasciste ben si adattavano a questo tipo di comunicazione in quanto basate soprattutto su aspetti non razionali come appelli alle emozioni, argomenti ad hominen, teorie del complotto e via dicendo. Gli storici professionisti hanno faticato a dominare queste trasformazioni soprattutto per due ragioni.” Da una parte l'incapacità a cambiare il proprio approccio verso i nuovi media cercando di rendere più attraenti per il grande pubblico le proprie ricerche senza sacrificare la verità storica. Dall'altra la scarsa attenzione agli aspetti retorici della comunicazione storica. “Gli attacchi contro l'antifascismo hanno avuto grande successo perché retoricamente efficaci e attraenti, mentre le critiche degli storici (principalmente due: di avere fini politici e di non rispettare il metodo proprio della ricerca storica) hanno potuto ben poco, benché assolutamente vere. Denunciare la manipolazione della verità storica non è abbastanza per sconfiggerla e sradicarla … La manipolazione della storia non è solo un fenomeno con ragioni socio-politiche, ma è anche – e in primis – un fatto comunicativo e logico. Fintanto che gli storici si concentreranno solo sugli aspetti socio-politici, combatteranno solo metà della battaglia, perdendo però la guerra.”
Per Marco Bernardi l'Italia è l'unico paese occidentale nel quale “ … le contro-narrazioni hanno sostanzialmente vinto la sfida, pur non essendo riuscite a imporsi completamente … L'antifascismo è stata l'identità storica e politica della maggioranza degli italiani, e ha svolto un ruolo di primissimo piano nelle vicende socio-politiche e culturali del nostro Paese. Ora si trova in un momento critico. Come giustamente sottolineato da Stephen Gundle, ogni religione civile (e l'antifascismo è stato la religione civile della Repubblica) è una “struttura temporanea e non permanente dell'agire sociale e (viene) erosa dal passare del tempo, dal rimarginarsi delle ferite, dall'offuscamento delle memorie e dalla lenta scomparsa, per motivi anagrafici, dei reduci”. Tuttavia, ciò non significa necessariamente che sia giunta l'ultima ora dell'antifascismo: esso ha accompagnato gli italiani di tre generazioni, modificando sé stesso più volte: pertanto, spetta agli italiani decidere se interrogare ancora una volta l'antifascismo per farne, ancora una volta, il punto di riferimento politico e morale del Paese. E' possibile, forse quanto mai necessario.”

Umberto De Pace

GLI ARTICOLI PUBBLICATI
0 - Prologo
1 - Perché Monza?
2 - Bran.Co. e Lealtà Azione - 1
3 - Bran.Co. e Lealtà Azione - 2
4 - Forza Nuova - 1
5 - Forza Nuova - 2
6 - CasaPound - 1
7 - CasaPound - 2
8 - CasaPound - 3
9 - Lorien e Progetto Zero
10 - Lorien e Compagnia Militante
11 - A.D.ES.
12 - Le radici dell'estrema destra monzese - 1
13 - Le radici dell'estrema destra monzese - 2
14 - Sul neofascismo - 1
15 - Sul neofascismo - 2
16 - Sul neofascismo - 3
17 - Sul neofascismo - 4
18 - Sull'antifascismo - 1
19 - Sull'antifascismo - 2
20 - Sull'antifascismo - 3
21 - Sull'antifascismo - 4
22 - Sull'antifascismo - 5
23 - Sull'antifascismo - 6
24 - Sull'antifascismo - 7
25 - Sull'antifascismo - 8
26 - Sull'antifascismo - 9



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  9 settembre 2019