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Democrazia ed estrema destra
Il caso monzese
Umberto De Pace

fasci

Tra i tanti problemi che l'Europa si trova oggi di fronte, il riemergere di movimenti di ispirazione fascista e o nazista sarebbe un grave errore ritenerlo un fenomeno marginale. Se era prevedibile che tra gli effetti della grande crisi economica mondiale di questi anni, accompagnata dall'imponente fenomeno delle migrazioni, vi fosse anche la deriva populista, xenofoba e razzista, le politiche fin qui adottate per contrastarla, in gran parte hanno contribuito ad ampliare il consenso verso chi con demagogia e spregiudicatezza sfrutta il disagio sociale per i propri scopi e fini politici.
Sulla democrazia - 4


Per la politologa Nadia Urbinati “Democrazia” è uno di quei termini che raramente viaggiano da soli e sono spesso o generalmente seguiti da un aggettivo, fin dai tempi degli antichi greci per i quali la democrazia era governo diretto mentre oggi “… essa è decisamente un sistema molto più complesso e complicato non solo per i criteri di inclusione ma anche per quelli di decisione. Le nostre democrazie sono più inclusive di quella classica, ma sono meno partecipative…” . Più aumenta la complessità in termini di numero e varietà dei gruppi sociali che compongono una comunità di essere umani, più aumenta la difficoltà nella gestione del potere, della governabilità e conseguentemente della democrazia. Come ci ricorda Norberto Bobbio (Einaudi, Enciclopedia vol. IV, 1978): “Lo stesso Rousseau era convinto che una vera democrazia non fosse mai esistita, perché richiedeva fra le altre condizioni uno stato molto piccolo “in cui sia facile per il popolo radunarsi, e in cui ogni cittadino possa facilmente conoscere tutti gli altri”.


Jean-Jacques Rousseau
Jean-Jacques Rousseau (Wikipedia)

Abbiamo fin qui accennato alla democrazia diretta, rappresentativa, liberale, illiberale, totalitaria, e potremmo aggiungere: autoritaria, politica, sociale, consiliare e altro ancora. Abbiamo visto come la democrazia sia nata sulla base di una “logica dell'eguaglianza”. Abbiamo constatato come la storia ci insegni che non vi può essere democrazia senza libertà. Ed è proprio sull'equilibrio tra questi due principi fondamentali, uguaglianza e libertà, che si misura la tenuta e la credibilità di una democrazia moderna e matura. Un equilibrio che implica dei limiti e delle regole affinché uno dei due principi non prevalga compromettendo o annichilendo l'altro. Se da una parte per Norberto Bobbio (“L'età dei diritti”, Einaudi, 1990) la: “ … regola aurea secondo cui la mia libertà si estende sino a che essa non invade la libertà degli altri, o, per dirla con le parole di Kant, «la libertà dell'arbitrio di uno può sussistere colla libertà di ogni altro secondo una legge universale» (che è la legge della ragione).” – dall'altra lo storico Corrado Vivanti (”Enciclopedia”, Einaudi, volume VIII, 1979) chiarisce quale sia la “libertà d'arbitrio” presente nel concetto kantiano di libertà, all'origine del pensiero liberale: “Per Kant, “soltanto la capacità di votare costituisce la qualificazione del cittadino”, ma è una capacità da riconoscersi solamente a chi fruisca di “indipendenza”, ossia possa agire “secondo il proprio arbitrio”. Va quindi distinto il “cittadino attivo” da quello “passivo”, e cittadini passivi sono da considerarsi “tutti coloro che nella conservazione della loro esistenza ... non dipendono dal proprio impulso, ma dai comandi degli altri (all'infuori del comando dello Stato), mancano di personalità civile e la loro esistenza è in certo qual modo soltanto inerenza.”

Immanuel Kant
Immanuel Kant (Wikipedia)

Il filosofo tedesco (1724-1804) si riferisce a commessi, garzoni, servi, contadini giornalieri e “tutte le donne”. Pur riconoscendo a questi soggetti “come uomini” di essere trattati secondo le leggi della libertà e dell'eguaglianza naturali “... per il fatto di essere “parti passive dello Stato” non possono avere “il diritto di agire sullo Stato stesso come membri attivi.””. Per Corrado Vivanti: “Così, quei diritti individuali, in cui il liberalismo indicava l'essenza della moderna libertà, tendevano a isolarsi in una sfera del privato, che finiva col costituire una sorta di entità patrimoniale e una nuova forma di privilegio radicato nelle fondamenta stesse della società civile.” Ed è proprio su questo individualismo e sul focalizzare i diritti dell'uomo sulla sua proprietà privata che si concentra la critica dell'allora giovane filosofo tedesco Karl Marx (1818-1883) per il quale: “La libertà è dunque il diritto di fare ed esercitare tutto ciò che non nuoce ad altri” – ma non essendo la libertà un'utopistica riconquista di uno stato di felicità primordiale, necessita di uno strumento per il suo raggiungimento che individua nel “comunismo”. Solo all'interno di questa nuova formazione economico sociale, la quale porterà all'estinzione dello Stato, potrà trovare la sua massima espressione il libero sviluppo dell'individuo. Nell'affrontare il tema “Lenin: socialismo, democrazia e comunismo https://www.lacittafutura.it/cultura/lenin-socialismo-democrazia-e-comunismo”, Renato Caputo, sul giornale comunista on line “La Città futura”, scrive: “Nel momento in cui non vi sarà più bisogno di uno Stato – quale forza repressiva d'un blocco sociale che dirige la società mediante una burocrazia – si estinguerà la stessa democrazia avendo esaurito la sua funzione. Quindi, per Lenin, parlare di superamento della democrazia non significa in nessun modo mettere in discussione il valore che essa conserva nella società socialista in transizione al comunismo. Così, ad esempio, nel criticare le forme caricaturali del marxismo, Lenin osserva, in relazione al diritto democratico dei popoli all'autodeterminazione: “e pertanto quando si dice che l'autodecisione è superflua in regime socialista si cade nella stessa assurda e impotente confusione di chi sostiene che la democrazia è superflua in regime socialista”.” Senza dimenticare di precisare che: “Rivendicazioni di carattere meramente democratico possono costituire un freno solo nella fase rivoluzionaria della conquista del potere. Per dirla con Lenin: “tutte le rivendicazioni puramente democratiche possono – al momento dell'assalto del proletariato contro le basi del potere della borghesia – ostacolare in un certo senso la rivoluzione”.

Lenin
Lenin (Wikipedia)

Una rivoluzione alla quale seguirà la dittatura del proletariato la quale: “… eliminando ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo alla base dei precedenti modi di produzione – rappresenta la massima forma di democrazia possibile in una società divisa in classi, in quanto è la dittatura di tutta la classe sfruttata sulla borghesia, la dittatura della grande maggioranza su una esigua minoranza di sfruttatori. Inoltre, con l'affermazione del comunismo e il superamento delle classi, non vi sarà “più distinzione fra i membri della società secondo i loro rapporti coi mezzi sociali di produzione” e, in tal modo, la democrazia sarà pienamente realizzata e, proprio per questo, si supererà progressivamente nell'autogestione della società civile. Come mette in evidenza, a tal proposito, Lenin: “quanto più la democrazia è completa, tanto più vicino è il momento in cui essa diventa superflua. Quanto più democratico è lo 'Stato' composto dagli operai armati, che 'non è più uno Stato nel senso proprio della parola', tanto più rapidamente incomincia ad estinguersi ogni Stato … Proprio per questo il superamento dialettico della democrazia potrà considerarsi ultimato, quando sarà ultimata la realizzazione di una società compiutamente socialista che renderà possibile l'approdo al comunismo. Per dirla con Lenin: “naturalmente anche la democrazia è una forma di Stato che deve scomparire quando scomparirà lo Stato. Ma ciò avverrà soltanto col passaggio dal socialismo, definitivamente vittorioso e consolidato, al comunismo completo”“. Sempre per Renato Caputo:“… la Rivoluzione russa non riuscì a rompere il suo isolamento e a estendersi in Europa occidentale. Interiorizzò le sue contraddizioni interne e poté sopravvivere al prezzo di una dittatura non democratica del proletariato, di una società costantemente militarizzata per difendersi dagli attacchi esterni e dallo scarto fra il proposito di una democrazia reale e la sua effettiva realizzazione.” In realtà la questione è più complessa e rimanda alla: “… necessaria dialettica fra volontà della maggioranza e volontà generale su cui aveva richiamato l'attenzione Rousseau, il padre della democrazia moderna. Rousseau, in polemica con la concezione liberale che riconosceva unicamente la volontà della maggioranza, richiamava l'attenzione sulla necessità di affermare, in taluni casi, la volontà universale, ovvero gli interessi reali della maggioranza, anche di contro all'opinione che quest'ultima, in quel determinato momento storico, ne possa avere.” (Lenin e il contrasto fra democrazia socialista e borghese, “La Città futura” 30/11/2019 https://www.lacittafutura.it/cultura/lenin-e-il-contrasto-fra-democrazia-socialista-e-borghese).


Sul concetto di “volontà universale” o “volontà generale”, a seconda delle citazioni, espresso da Rousseau, si incentra fin dai suoi inizi, come abbiamo già avuto modo di vedere, la critica del pensiero liberale ma non solo. Alessandro Mulieri (Donzelli editore, Democrazia totalitaria, ottobre 2019) ricorda come Bertrand Russel, nella sua “Storia della filosofia occidentale” (Mondadori, Milano 1984) scrisse che: “…la teoria politica di Rousseau, “pur essendo formale omaggio alla democrazia, tendeva a giustificare lo stato totalitario” e aveva proclamato Rousseau “l'inventore della filosofia politica delle dittature pseudo-democratiche””. Invece per Norberto Bobbio, colui che è considerato il padre della democrazia moderna era ispirato dall'idea “…di un'associazione per la quale “ciascuno, unendosi a tutti, non obbedisca tuttavia che a se stesso, e resti libero come prima” (Rousseau 1762, trad. it. p.23). Il tema rousseauiano della libertà come autonomia, o della libertà definita come “l'obbedienza di ciascuno alla legge che si è prescritta”, diventa dopo le rivoluzioni americane e francese, e dopo la nascita delle prime dottrine socialiste e anarchiche, uno degli argomenti principali, se non il principale, in favore della democrazia nei riguardi di ogni altra forma di governo, che, se non è democratica, non può non essere autocratica. Il problema della democrazia si viene sempre più identificando con il tema dell'autogoverno, e il progresso della democrazia con l'estendersi dei campi in cui il metodo dell'autogoverno viene messo alla prova.”
Rimane il fatto storico che, se da una parte lo slancio della rivoluzione Russa portò con se una forte carica liberatrice, dall'altro a partire da essa si consolideranno le basi delle involuzioni dittatoriali che caratterizzeranno i futuri regimi comunisti.

Karl Marx Fridrich Engels
Karl Marx e Fridrich Engels (Wikipedia)

L'obiettivo che Marx ed Engels indicarono nel 1848 su il “Manifesto del Partito Comunista” e cioè “una associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti”, per alcuni degli stessi militanti e rivoluzionari comunisti che si cimentarono nell'impresa non poteva non fare i conti con il principio fondamentale di libertà.

Rosa Luxemburg Antonio Gramsci
Rosa Luxemburg e Antonio Gramsci (Wikipedia)

Come ebbe modo di ammonire Rosa Luxemburg , filosofa e rivoluzionaria polacca: “La libertà riservata ai partigiani del governo, ai soli membri di un unico partito – siano pure numerosi quanto si vuole – non è libertà: la libertà è sempre e soltanto libertà di chi pensa diversamente ...”. Voci critiche come quella di Antonio Gramsci il quale pur riconoscendo l'esasperato: “…“individualismo” degli Italiani, con il conseguente rifiuto – in nome di un presunto apoliticismo – del “partito politico” e del “sindacato economico “moderni””, a favore di aggregazioni corporative o addirittura mafiose: per ovviarvi, il ricorso ai “metodi dell'accentramento statale” e comunque a “un'azione che scenda dall'alto “gli sembrava privo di senso e perfino impossibile; invocava invece “il metodo della libertà, ma non inteso in senso “liberale”, bensì prospettato in una “nuova costruzione”, che “non può che sorgere dal basso, in quanto tutto uno stato nazionale, il più basso economicamente e culturalmente, partecipi ad un fatto storico radicale, che investa tutta la vita del popolo e ponga ognuno, brutalmente, dinanzi alle proprie responsabilità inderogabili” (Corrado Vivanti, Enciclopedia, “Libertà”, vol. VIII).

Umberto De Pace

GLI ARTICOLI PUBBLICATI
0 - Prologo
1 - Perché Monza?
2 - Bran.Co. e Lealtà Azione - 1
3 - Bran.Co. e Lealtà Azione - 2
4 - Forza Nuova - 1
5 - Forza Nuova - 2
6 - CasaPound - 1
7 - CasaPound - 2
8 - CasaPound - 3
9 - Lorien e Progetto Zero
10 - Lorien e Compagnia Militante
11 - A.D.ES.
12 - Le radici dell'estrema destra monzese - 1
13 - Le radici dell'estrema destra monzese - 2
14 - Sul neofascismo - 1
15 - Sul neofascismo - 2
16 - Sul neofascismo - 3
17 - Sul neofascismo - 4
18 - Sull'antifascismo - 1
19 - Sull'antifascismo - 2
20 - Sull'antifascismo - 3
21 - Sull'antifascismo - 4
22 - Sull'antifascismo - 5
23 - Sull'antifascismo - 6
24 - Sull'antifascismo - 7
25 - Sull'antifascismo - 8
26 - Sull'antifascismo - 9
27 - Sull'antifascismo - 10
28 - Sull'antifascismo - 11
29 - Sull'antifascismo - 12
30 - Sulla democrazia - 1
31 - Sulla democrazia - 2
32 - Sulla democrazia - 3
33 - Sulla democrazia - 4



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  11 gennaio 2020