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MARTEDI' 9 NOVEMBRE alla ProculturA monzese

Torneranno i prati


Ermanno Olmi
regia: Ermanno Olmi 
Interpreti: Claudio Santamaria (il maggiore), Alessandro Sperduti (il tenente), Francesco Formichetti (il capitano), Andrea Di Maria(il conducente di mulo), Camillo Grassi (l'attendente), Niccolò Senni (il dimenticato), Domenico Benetti (il sergente), Andrea Frigo (il soldato comandato), Andrea Benetti (il caporale), Francesco Nardelli (il soldato Toni).
Durata: 80 minuti - Italia - 2014
Anna Marini



La notte in trincea sull'Altipiano di Asiago trascorre nella monotonia di una rassegnata desolazione. La pallida luce della luna si cala sul paesaggio deserto, che la pellicola ritrae in bianco e nero, e sulla dimensione intima dei soldati italiani dopo i fatti sanguinosi del 1917. La neve ricopre i prati e addormenta la natura, custodisce i corpi dei caduti che restituirà alla memoria in primavera. La pace della montagna ospita la morte e l'animo dei militari si apre alla rassegnazione per l'amara consapevolezza di combattere una guerra assurda e inutile. Il nemico non si vede, ma lo si attende, viene spiato ed è temuto.


Nell'avamposto d'alta quota, vicinissimo alla trincea austriaca, si odono solo i suoi attacchi sferrati e il trapano che, silenzioso, minaccia il rifugio italiano. Ovunque silenzi interminabili, rotti solo dai dialoghi pronunciati sotto voce e dalla nenia di un soldato partenopeo che intona una malinconica melodia. Solo il canto risuona ancora di vita e sfugge agli ordini, al controllo gerarchico. I soldati vivono la loro inevitabile ed assurda tragedia, che toglie loro dignità umana: i nomi echeggiano solo all'arrivo della posta, per poi eclissarsi dietro ad un numero. Irriconoscibili sotto pile di coperte che non riescono a combattere il rigore invernale, trascorrono attimi fugaci, temporanei, nella fragilità che solo una guerra può suscitare: l'incertezza incontra la desolazione in una solitudine privata che diviene condivisa.


Attese interminabili, scandite da un tempo privo di significato e dai rituali quotidiani costituiscono la dimensione della guerra secondo Ermanno Olmi: non si riconosce una vera e propria trama nel film e nemmeno le tipiche scene cruente delle battaglie, ma la desolazione degli interni uniformati dalla monocromia seppiata. Pochi attimi di evasione si rivelano per un soldato l'interrogare ancora la bellezza della natura, che pur anch'essa partecipa dell'assurda narrazione: una volpe disorientata e impaurita fugge, mentre un acero secco ammutolisce tra le fiamme. Il cielo è rischiarato dalla luna e lacerato da fugaci bagliori bellici, che si stagliano dietro il poetico profilo delle montagne. I dialoghi e le riflessioni dei soldati, destinate alla corrispondenza con i familiari, rivelano l'intento pedagogico della pellicola: gli studi e gli ideali perdono di significato nei luoghi della muta rassegnazione.


La morte sottrae tanti giovani alla vita in una guerra che chi combatte aveva immaginato ma non conosciuto e accompagnerà per sempre anche coloro che faranno ritorno. La solitudine e l'incomprensione gravano sulla quotidianità di uomini abbandonati da ogni certezza e dal comando dei superiori. Le disposizioni sono assurdità avulse dal contesto, ordini impartiti da chi siede ad una scrivania, senza conoscere il territorio e le sue asperità. Il tempo è una dimensione interiore, che inghiotte un'intera vita in pochi attimi: “Sono qui da poco più di un'ora e mi pare di essere diventato di colpo un vecchio” sono le amare parole che il tenente scrive alla madre. E' un microcosmo, quello esplorato dal regista bergamasco e dalle musiche malinconiche di Paolo Fresu: la guerra non è il cieco eroismo di un ipocrita interventismo, ma l'accettare la quotidianità della morte in ogni sua spietata declinazione.

Anna Marini

clic...   la locandina del film
il trailer italiano

il film completo

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  8 novembre 2015