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Conversazione su Tiresia
Camilleri è Tiresia
Tania Marinoni


Tiresia

«Chiamatemi Tiresia» e la magia ha inizio. Con queste parole in una serata d'estate, nello splendido teatro Greco di Siracusa, Andrea Camilleri conduce il suo pubblico in una grande narrazione, nel racconto mitico attraverso la cultura classica. Al centro il veggente, l'indovino tebano che ricevette da Zeus il dono della divinazione. Un personaggio che ha ispirato numerose opere, sempre attuale, ai tempi di Sofocle, come nel Novecento.

E Camilleri è Tiresia. Non descrive la sua figura, ma vive la congiunzione, finalmente ristabilita, tra personaggio e persona, annullando quella dicotomia compiuta da numerosi autori, che hanno spesso cantato di lui, attingendo alla loro sfrenata fantasia. Due dimensioni, quella “reale” dell'indovino e l'altra, creata dalla letteratura, che si ricompongono finalmente nella voce calda e profonda di un grande scrittore.

In questo avvincente monologo va in scena anche la personalità di Camilleri, che sa rendere narrazione ogni tematica. Così anche la sua cecità diventa argomento da affrontare con la saggezza dei sapienti e un instancabile coraggio. La condizione patologica dello scrittore diventa spettacolo con grandissima discrezione: Camilleri entra in scena sorretto da una fanciulla, una ninfa, e si accomoda attorno al focolare dei riflettori per narrare ai fanciulli attorno a sé ciò che deve essere tramandato nel tempo. Come un moderno aedo, affida all'oralità e alla potenza della parola il racconto inedito delle metamorfosi letterarie e filosofiche dell'indovino Tiresia, coinvolgendo la platea in un evento catartico.

Andrea Camilleri, come i grandi narratori, compone nel buio le su opere; da quell'abisso profondo trova le parole che per loro natura non sono mai definite e nitide, ma sempre sfumate e avvolte da una leggera nebbia. Ma in questa evanescenza l'autore vede con straordinaria chiarezza, adesso che la vista è affidata non più agli occhi, ma alla mente.

È un viaggio appassionante il film diretto da Roberto Andò e Stefano Vicario, distribuito nelle sale cinematografiche in tre fortunati giorni di novembre. È un'appassionante antologia delle metamorfosi letterarie dell'indovino Tiresia: non esiste poeta o letterato che non se ne sia interessato. Persino gli scrittori proto cristiani. E ciascuno ha parlato del veggente, liberando la propria immaginazione.
Da Seneca ad Orazio, da Poliziano a Dante, da Milton a Virginia Woolf, fino ad Ezra Pound, Pasolini e Primo Levi: il tutto impreziosito dall'eloquio ironico ed evocativo dello scrittore siciliano.
Andrea Camilleri arriva per la prima volta al grande schermo con una performance straordinaria, che scrive, interpreta e vive in una serata mitica. Davanti ha il suo pubblico, che non vede, ma che percepisce incantato ad ascoltare una grande narrazione. Le vicissitudini letterarie dell'indovino tebano sono raccontate con lirismo e dissacrante ironia; al centro della scena sono i tratti peculiari del veggente: l'interpretazioni sull'origine della sua cecità, l'ambiguità sessuale, il dono della preveggenza fanno di Tiresia una figura arcaica e allo stesso tempo moderna. Un personaggio vissuto attraverso la Storia e la cultura dell'Occidente, dalla “caduta dell'Olimpo” all'arrivo del cristianesimo. Dai tempi antichi fino alla modernità novecentesca.

A livello letterario, Tiresia nasce nella tradizione omerica per indicare ad Odisseo la via del ritorno e sopravvive fino al Novecento, per divenire figura centrale nella celebre opera di Eliot, La terra desolata. Reso cieco non per aver ammirato il corpo nudo di Atena, ma dopo aver suscitato l'ira di Giunone che disquisiva di eros con Zeus, ottiene l'arte divinatoria come risarcimento dal padre degli dei. Tramutato in donna sul Citerone dal morso di un serpente, tornerà uomo dopo sette lunghi anni. Veggente, maestro di verità, resta spesso inascoltato. Tiresia, troppe volte frainteso e bistrattato dalla fantasia degli autori, è un personaggio mitico, descritto da Camilleri nei suoi tratti caratteristici: la cecità e la bisessualità. Egli conosce il futuro, leggendo nel tempo, attraverso la notte degli occhi ... ma la più grande tragedia del Novecento e della Storia dell'uomo, quella no, non riuscì a prevederla. Tiresia si materializza infatti anche ne La chiave a stella di Primo Levi, come indovino impotente della Shoah. Con questo autore termina Andrea Camilleri il suo lungo e affascinante monologo: con un monito che sembra voler scolpire nelle pietre del teatro Greco di Siracusa e nelle coscienze di ognuno di noi.

Poi, prima che cali il sipario su questa opera straordinaria, il grande scrittore si congeda dal suo pubblico esprimendo un desiderio: quello di rincontrarsi tutti tra cento anni, “in una sera come questa”.

Tania Marinoni

Tiresia

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  12 novembre 2018