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MONZESI
Luigi Losa
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Luigi Losa    Nato a Seregno nel 1949, sposato, padre di due figli. Diplomato in Elettronica industriale, dapprima insegnante per circa dieci anni, inizia poi l'attività giornalistica come collaboratore del “Cittadino” e , dal 1974 al 1981, come corrispondente da Monza del “Corriere della Sera”. Diventa in seguito caporedattore de “L'Ordine” di Como, vicedirettore della rete televisiva “Canale 6” di Milano e caporedattore de “L'Avvenire”. Nel 1994 è nominato direttore de “Il Cittadino”, incarico tuttora ricoperto. Presidente del “Gruppo Giornalisti Brianza” , presidente dell'associazione “Cancro Primo Aiuto”, consigliere nazionale della Federazione Giornalisti Settimanali Cattolici e vicepresidente del comitato “Pro Brianza Provincia”.

foto di Fabrizio Radaelli


Esistono alcune abitudini assai diffuse tra i monzesi. Una di queste è, il giovedì mattina, recarsi in edicola per acquistare “Il Cittadino” e, magari, leggerne subito il fondo del direttore. Così Luigi Losa è certamente diventato uno dei più influenti “opinion maker” della città, anche se cerca di svolgere questo ruolo con grande prudenza ed equilibrio. Ce lo conferma fin dalle prime battute del nostro colloquio, accolti nell'ampia stanza del suo ufficio.

Nel 1999 “Il Cittadino” ha compiuto cento anni. Come rileggere questo secolo di vita?

Il nostro giornale è certamente la voce storica dell'informazione monzese e anche brianzola. Ma “Il Cittadino” nacque piuttosto come giornale cattolico di opinione, fortemente caratterizzato. Erano gli anni del non expedit, della Rerum Novarum di papa Leone XIII, della nascita delle opere sociali e anche dei drammatici moti milanesi per il pane. I cattolici sentivano il bisogno di un settimanale d'opinione che li rappresentasse. Poi piano piano è maggiormente cresciuta l'esigenza informativa, anche dinanzi alle nuove esigenze della comunicazione. Un'altra dinamica importante è che fino a dieci-quindici anni fa il nostro giornale aveva un forte caratterizzazione ecclesiale e un punto di riferimento obbligato nel partito cattolico per eccellenza, la Democrazia Cristiana.

E oggi?

Beh, la Democrazia Cristiana non c'è più e i cattolici si trovano un po' in tutti gli schieramenti. Così rivendichiamo un'informazione pluralista, anche se permane un filo rosso che ci lega al mondo cattolico in generale e soprattutto ad alcuni suoi fondamentali valori di riferimento. Infine vorrei anche sottolineare che siamo un settimanale cattolico, ma non diocesano, come accade in altri contesti. Con la locale diocesi abbiamo molti legami, ma operiamo in assoluta autonomia.

Ci svela un segreto? Ma di chi è “Il Cittadino” ?

Oh, non c'è nessun segreto, per la verità. La proprietà è semplicemente una Onlus denominata “Ente benefico Monsignor Talamoni in memoria di Monsignor Rigamonti “. E' un'associazione senza fini di lucro formata da una ventina di soci e questo garantisce la nostra autonomia e anche l'obbligo per i proprietari di reinvestire eventuali profitti. L'ente è proprietario della Tipografica Sociale, dove viene stampato il giornale, che a sua volta è proprietaria della testata.

Ci dia qualche dato aggiornato sulle vendite e sulla struttura redazionale.

Abbiamo una tiratura di circa 50.000 copie settimanali, distribuite in 18.000 per l'edizione di Monza del giovedì e 32.000 per l'edizione brianzola del sabato, a sua volta suddivisa in 5 subedizioni locali. E in questa redazione lavorano 6 giornalisti professionisti, ma coadiuvati da una rete di circa 140 collaboratori esterni.

Sono cifre di tutto rispetto. Ma non vi è mai venuta la tentazione di trasformare “Il Cittadino” in un quotidiano? In fondo a Monza è sempre mancato un quotidiano locale, che invece hanno altre città paragonabili alla nostra

Un vero e proprio progetto non c'è mai stato, anche se il settore dei quotidiani locali è oggi in grande crescita. Direi che ci abbiamo fatto un pensierino, in più occasioni, alcuni anni fa. Ma ogni volta ci siamo fermati perché dalle nostre analisi risultava un mercato pubblicitario assolutamente insufficiente, che non garantiva alcuna possibilità di sostentamento. Oggi per sopravvivere un quotidiano ha bisogno di almeno il 65% di introiti dalla pubblicità e qui siamo ancora lontani da queste percentuali. Da noi il mercato pubblicitario fa una gran fatica ad espandersi.

Ma questo non crea una grave carenza di informazione sul piano locale? Intendo dire sul piano di un quotidiano locale?

Sì, è certo un problema. Veda, “Il Corriere della Sera” ancora un paio di anni fa ha tentato di dedicare una pagina intera a Monza, ma poi l'esperimento è fallito e oggi sono ritornati alla pagina “Metropoli” che copre generalmente tutto l'hinterland milanese. “La Repubblica” non dedica un rigo a Monza – salvo rarissimi casi. Solo “Il Giorno” ha alcune pagine di cronaca locale dedicata a Monza , perché qui hanno comunque uno zoccolo duro di lettori. Ma vedo ombre anche per il loro orizzonte.

Ma perché questa sorte per la nostra città?        

Mah, io credo vi sia una sostanziale immaturità di Monza e dell'intera Brianza. Veda, da quando sono a Monza ho scoperto enormi potenzialità di questa città da un punto di vista produttivo, storico, culturale e artistico. Credo molto nella “monzesità” come valore positivo. Ma al contempo la città è come impedita, ingessata, ha paura di prendersi delle responsabilità, anche a livello istituzionale.

Mi pare che stiamo scivolando verso il tema della provincia, uno dei Suoi cavalli di battaglia preferiti. Ma come nasce storicamente questo tema a Monza?

Nasce circa alla metà degli anni '70, quando nacquero le regioni e si dovette pensare alla suddivisione dei poteri tra le diverse realtà. Monza venne accorpata alla “grande Milano” e questa realizzava i progetti a suo tempo elaborati dal Piano Intercomunale Milanese. Diventavamo un'appendice della metropoli. Monza capì questo con ritardo. E' una città che conosce il suo ruolo potenziale, ma non lo capisce fino in fondo.

Senta direttore, sul tema della provincia vorrei fare l'avvocato del diavolo. Prendiamo il rapporto tra Monza e la Brianza. Ma è così scontato secondo Lei?

Io credo proprio di sì, anche se qualcuno può negarlo. Monza è profondamente legata alla Brianza e viceversa, e questo rapporto è profondamente necessario a entrambe.

Ma di quale Brianza parliamo, visto che già due terzi dei comuni brianzoli fanno parte delle province di Como e Lecco?

Beh, evidentemente mi riferisco alla cosiddetta “Brianza milanese”, ovvero a quella fascia di comuni a nord di Milano che attualmente fanno parte della sua provincia.

Ma secondo Lei un comune come Limbiate potrebbe avere vantaggi in una provincia monzese? E i comuni della fascia est, come Vimercate, non sono oggettivamente più legati a Milano che non a noi?

E' solo un problema di bilanciamenti. Queste realtà devono capire se preferiscono essere uno dei tantissimi comuni della provincia di Milano o se vogliono diventare protagonisti in una futura provincia monzese. E Monza deve a sua volta capire fino in fondo questa sua funzione di leader nel processo di aggregazione. Ma da noi patiamo ancora grosse carenze sia per quanto riguarda la classe politica che per quanto riguarda le categorie sociali. Spesso i partiti sono ancora prigionieri di logiche “milanesi”. Ma ha fatto caso a quanti pochi parlamentari ha espresso la città nel corso degli ultimi decenni? Dopo il vecchio Tarcisio Longoni, si contano sulle dita di una mano: a parte Raffaele Della Valle, Anna Bernasconi, e Vico Gilberti, quanti altri parlamentari monzesi ha avuto la città di Monza? E questo non è un sintomo preoccupante? Tra i vari soggetti, solo l'AIMB, fin dai tempi di Walter Fontana e ancora oggi con la presidenza Valli si è spesa a fondo sul tema della provincia, ma ciò non è ancora bastato.

Se arrivasse Aladino e le chiedesse un desiderio da soddisfare? La provincia?

No, a quella spero di arrivarci con una normale trafila. Forse ad Aladino chiederei un po' di soldi per realizzare rapidamente tutte quelle infrastrutture che ci mancano. Abbiamo un disperato bisogno di collegamenti, di strade, di ferrovie, dobbiamo investire per la Villa Reale, per nuove tecnologie, per l'Università. Insomma, la lista è lunga. Davvero ci vorrebbe Aladino.

Carlo Vittone


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 14 febbraio 2004