Come due stelle nel mare
Umberto De Pace
Ci sono uomini e donne nel mondo che sanno guardare agli altri in modo diretto, trasparente, sincero; uomini e donne che nel percorrere il loro cammino di vita non sono mossi solo dal bisogno o dal proprio tornaconto ma mantengono sempre viva la curiosità verso il mondo che li circonda; uomini e donne e qui la cerchia si restringe disposti a mettere in gioco il proprio quieto vivere quando gli eventi, pur non imponendolo, lasciano aperta la possibilità di scelta. Carlotta Mismetti Capua è una di loro. Giornalista ha lavorato al settimanale inglese Time Out e a La Repubblica; corrispondente dall'Italia per il mensile giapponese Eat e da Roma per la free-press Epolis; oggi lavora con Vogue e l'Espresso ha raccolto nel libro Come due stelle nel mare (edizione Piemme Voci) la sua breve ma intensa storia vissuta a Roma, durata un po' più di due mesi, costatagli 1 euro di biglietto dell'Atac, tanta fatica, gioia, dolori, lacrime e sorrisi. Una sorta di diario, ripreso dalle tracce lasciate per 73 giorni di fila su Facebook dal dicembre 2008 al febbraio 2009 a seguito dell'incontro casuale avuto sull'autobus 175 con quattro ragazzini afghani. Lei di ritorno a casa, loro in arrivo dall'Afghanistan dopo aver percorso quasi 5000 chilometri a piedi e dopo aver attraversato cinque paesi nell'arco di sei mesi. Lei li nota in fondo al bus perché nessuno voleva sedersi vicino a loro e qualcuno mormorava guardando altrove: Ah, questi rumeni, questi rumeni assassini, avete sentito quello incuriosita si avvicina porgendogli alcune domande in inglese. Uno di loro, quindicenne, risponde in un inglese che farebbe invidia a un liceale di Viterbo e la prima domanda che le pone, dopo averne chiesto il permesso, è : Come mai parla inglese, signora?. Roma, caput mundi, dove come in tutto il mondo nella casualità dei loro incontri la differenza la fanno pur sempre le persone, vede nascere così una nuova straordinaria e commovente storia, raccontata sul filo dell'ironia, intrecciata a scampoli di poesia, musica e filosofia, sospesi tra desiderio e realtà. Un libro di facile e veloce lettura senza una fine, come non hanno fine i cammini di un'umanità giunta a piedi sulla nostra penisola dagli angoli più sperduti del pianeta e che stupisce, stupendosi, dei due chilometri che l'autrice-protagonista si accinge a fare per tornare a casa dalla periferia di Pietralata. Un racconto profondo, concreto, attuale, di un'attualità universale e cosmopolita almeno fino a quando ci saranno esseri umani che sapranno guardarsi negli occhi, aperti ad essere l'altro, disponibili a stare nella sua vita e a camminare nelle sue scarpe. O almeno a tentare di farlo.
P.S.: Permettetemi una breve digressione a margine della recensione. Siamo un paese coinvolto da anni nella guerra in Afghanistan, una guerra che chiamiamo missione di pace e delle cui vittime fatichiamo a farcene carico quando giungono disperate nel nostro paese. I bambini e i ragazzi afghani che a centinaia, se non migliaia, abbandonano il loro paese a causa della guerra con mezzi di fortuna diventano spesso facile preda per i trafficanti di essere umani, o subiscono violenze e vessazioni nei paesi che attraversano per giungere in occidente, alle volte morti legati sotto la pancia di un TIR. Per alcuni di loro il rifugio più sicuro nelle nostre città sono gli anfratti o i tombini delle stazioni. Che dire? E' una vergogna, almeno questo lasciatemelo dire. Umberto De Pace I primi tre capitoli Mismetti Capua, Carlotta edizioni PIEMME - Saggistica, febbraio 2011, formato 13x21 cm, 196 pagine, € 15 ISBN 978-88-566-1690-3 A Monza al LIBRACCIO on line www.libraccio.it 5 luglio 2012 |