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Giro del mondo a vela
L'ultimo libro di Giacomo Scotti
Umberto De Pace


Tra la cronaca e l'avventura, Giacomo Scotti nel suo ultimo libro, accompagna il lettore in fantastici, sia pur reali, viaggi intorno al mondo. Solcando mari e oceani, velieri mercantili e militari affrontano innumerevoli difficoltà e fantastiche scoperte, nel corso della seconda metà dell'Ottocento. Le vicende narrate – in tre racconti lunghi e dettagliati e tre “Brevi resoconti di altri viaggi” – hanno in comune la bandiera Imperial Regia degli Asburgo; il mare di partenza, l'Adriatico; la terra natia della maggior parte degli equipaggi: marinai italiani e croati, per lo più triestini, istriani, quarnerini e dalmati.

Un libro affascinante. Pur seguendo la traccia dettata dai giornali di bordo, dalle cronache dell'epoca, da atti e studi ufficiali, è reso vivo dalla narrazione ripresa direttamente dai diari di semplici marinai, conservatisi per oltre un secolo. E non è un caso che questi diari siano rimasti inediti fino ad oggi. Non è da tutti saper trattare un materiale grezzo, sgrammaticato, alle volte di difficile comprensione, elaborato da uomini anonimi. Per far ciò occorre non solo essere dei bravi scrittori, non basta amare e coltivare la ricerca storica, occorre innanzitutto avere dentro di se un grande umanità, che sappia cogliere e comprendere quanto di più bello e significativo vi sia in tali testimonianze. E in questo, Giacomo Scotti, è sicuramente un maestro: “Queste storie sono appena una parte della lunga serie di episodi della valorosa marineria adriatica, una piccola dimostrazione di quello che i marinai di questo mare, diversi per etnia ma affratellati dall'esistenza stessa del mare, hanno saputo dare alla storia in tenacia e sacrifici al servizio del progresso, della conoscenza, delle esplorazioni, della navigazione sugli oceani della Terra.”

Oceani dove enormi balene morte, sulle quali volteggiavano uccelli rapaci, potevano essere scambiate da lontano per isole non segnate sulle carte. Dove paurosi uragani spezzavano pennoni, stracciavano le vele con: “ … onde, che s'intersecavano in ogni senso, prendevano l'aspetto della piramide, alte da 25 a 30 piedi, e il momento dopo sprofondavano, formando abissi …”. Palle di cannone che, dopo essersi rotto l'assito, rotolando sul pavimento coperto di latta e producendo un suono misterioso, riuscivano a impaurire, come fossero fantasmi, il rude equipaggio. Lo stupore di fronte agli indigeni, nel Mare delle Andamane, che “ a i denti davanti grossi mezzo pollice e alle orecie i porta dei pezi di legno tondi e lunghi un ditto”, oppure di quelli delle isole Salomone che “i rasomiglia al diavolo” nudi del tutto e con i capelli neri ma “coloriti con una tinta rossa color caffè brustolà, e così è la sua pelle” senza dimenticare che i loro denti erano “neri, tutti marzi”.

Un mondo, quello dell'epoca, che vedeva incrociarsi lungo le rotte di navigazione e nei principali porti marittimi, grossi navigli, piroscafi ed altri legni battenti bandiere degli Stati Uniti, Francia, Olanda, Russia, oltre ovviamente a quella austriaca. Un mondo nel quale il desiderio di nuove scoperte scientifiche, si intreccia con la volontà di aprire nuovi sbocchi commerciali ai propri paesi d'appartenenza, di intessere accordi politici, di imporre la propria supremazia militare. Siamo nel cuore di quei decenni che lo storico Norman Davies definì la “Fucina del mondo”. Anni nei quali l'Europa è attraversata da un dinamismo senza precedenti: “L'Europa vibrava di potenza come mai era accaduto prima: potenza tecnica, potenza economica, potenza culturale e potenza intercontinentale.” Certo non va dimenticata la forza oppressiva e distruttiva dell'imperialismo e del colonialismo propria di quegli anni ma, alla luce dei nostri racconti di mare, forse, non si può dar torto a Norman Davies quando afferma che “per l'uomo del XIX secolo, la potenza era motivo di speranza e meraviglia; per l'uomo del XX secolo sarebbe diventata motivo di sospetto”.

Speranza e meraviglia messe spesso a dura prova da situazioni terribili ed estreme, dove le imponenti e implacabili forze della natura, mettevano a dura, se non ultima prova le, pur provate e caparbie, forze e intelligenze umane: “così erimo da per tutto sotto l'acqua”, dopo che il mare grosso e il forte vento aveva lacerato “la trinchettina, poi la vela di parrocchetto, infine spezzò la scotta del pappafico di gabbia” e sera tardi un ultimo refolo stracciò anche il trinchetto e il fiocco.

Forti emozioni, sorprendenti scoperte, ma soprattutto un'umanità variegata, e alle volte inaspettata, troverete nei racconti di Giacomo Scotti. Preparatevi, perché sarà un lungo viaggio. Partirete sul veliero mercantile, un brigantino, denominato lo “Spendido”, che dal 1852 al 1859 attraverserà il globo terrestre. Nel luglio-agosto del 1858 il veliero incrociò nel porto di Shanghai la fregata militare Novara, con la quale affronterete una nuova avventura, che vi porterà nuovamente a circumnavigare il globo terrestre, tra il 30 aprile 1857 e il 26 agosto 1859. Dieci anni dopo, nell'ottobre del 1869 vi imbarcherete sulla Imperial Regia fregata Donau: 2000 tonnellate di stazza, 350 uomini di equipaggio e 31 cannoni. Partita da Pola, vi riapproderà il 1° marzo 1871, dopo 608 giorni di viaggio e dopo aver percorso 48.596 miglia marine, ossia circa 90.000 chilometri, sostando in 34 porti o rade. I più audaci non mancheranno di apprezzare la spedizione della Tegetthoff “entrata a buon diritto nella cronologia universale delle principali esplorazioni compiute dall'uomo”. Tra i ghiacci dell'Artico, tra i ventiquattro componenti l'equipaggio, troverete quindici “quarneroli” e dalmati e a chi faceva notare l'anomalia di non aver scelto marinai del Nord Europa, il comandante Weyprecht, tenente di vascello della Marina da guerra: “ … contrattaccò sostenendo che nella ritirata di Russia i reparti napoleonici che avevano subito meno perdite erano stati proprio quelli delle provincie illiriche”. Fu un'impresa eroica, al limite delle forze umane, che si svolse tra il 1872 e il 1874 e portò alla scoperta di quell'immenso arcipelago eternamente coperto di ghiacci, che si trova nel Mar Glaciale Artico, che fu denominato “Terra di Francesco Giuseppe” ovvero Kaizer Franz Joseph Land. Infine, per ultimo, vi imbarcherete sulla corvette a vela Erzherzog Friedrich, Sayda e Frundsberg. Buona lettura e buon viaggio.

Umberto De Pace

copertina

Giro del mondo a vela
Giacomo Scotti
Castelvecchi editore, 2016
pagine 203 18,50
ISBN 9788869444883


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  2 maggio 2016