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Quando muoio, lo dico a Dio
Storie di ordinario estremismo
Anna Marini

emarginazione

“Non credo in Dio, ma ho imparato a rispettare quel qualcosa per il quale la gente è disposta a morire. Pronta a sacrificare o ad aiutare”. Con queste parole di grande tolleranza apre il suo ultimo libro Barbara Schiavulli, giornalista e corrispondente di guerra, che nel saggio pubblicato il maggio scorso affronta l'attuale e complesso tema dell'estremismo religioso.

Barbara Schiavulli ha seguito i conflitti in Medio Oriente e nell'Asia centrale, descrivendo la brutalità della guerra. Attraverso Radio Bullets https://www.facebook.com/radiobullets/?fref=mentions, la webradio che ha fondato assieme ad una collega, ha testimoniato fatti geograficamente remoti, ma indispensabili per comprendere la realtà che ci circonda. In una Gerusalemme prigioniera delle sue contraddizioni l'autrice ha incontrato teologi che le hanno dischiuso orizzonti inesplorati e soprattutto ha imparato a rispettare l'altro in ciò che crede, nelle sue convinzioni e nella sua fede.

“Ma c'è un confine oltre al quale tutto il mio fascino, il mio interesse, la mia condivisione si ferma”. Improvvisamente le parole comprensive di Barbara Schiavulli si interrompono: quando con la religione non si glorifica la vita, ma, al contrario, la si mortifica, l'autrice non è più in grado di contemplare ciò che l'aveva in precedenza incuriosita. Questa frontiera è l'estremismo, che la scrittrice rifiuta non solo nella religione, ma anche nella politica e nelle ideologie. Il fondamentalismo è una patologia sociale, che nel testo viene analizzata in una quotidianità irrigidita nei precetti applicati alla lettera, nei dettami autoritari che hanno il sapore dell'esclusione ed esigono persino di disconoscere il proprio figlio, se non è come Dio, o la comunità comanda.

Quando muoio, lo dico a Dio è un trittico di testimonianze, trascritte perché rimaste impresse nella sensibilità dell'autrice oltre ad essere tristemente rappresentative di molte altre, incredibilmente simili. Vite dissolte nella disperazione di scoprirsi diversi rispetto a quanto imposto dal codice morale, sogni soffocati nell'inesorabile rifiuto della comunità di appartenenza; ma il saggio è anche la sofferta narrazione di un profondo disagio, delle grandi difficoltà e dell'amara solitudine che devastano le individualità “eccentriche”: è il resoconto della loro lenta ed ineludibile agonia. L'estremismo di cui parla Barbara Schiavulli è quello religioso, declinato nelle tre confessioni monoteiste: l'islamismo, l'ebraismo e il cristianesimo. Tre capitoli denominati ciascuno da un titolo che ricorda la formula introduttiva alla preghiera cristiana: “In nome del padre”, “Nel nome del figlio” e “In nome dello spirito”.

Protagonista è sempre un giovane che prende coscienza del proprio sentire trasgressivo rispetto a quanto imposto dall'autorità e il male è un amore sbagliato. Rania è innamorata di Bashar, ma la sua famiglia, di osservanza musulmana, vuole concederla in sposa ad un altro uomo; Geremia è affascinato dal ballo e dal contagioso ritmo latinoamericano, ma la comunità ebraica ultraortodossa permette ai suoi adepti di ascoltare solo musica religiosa; Davide, adolescente in una realtà collettiva cristiana strettamente osservante, scopre di essere omosessuale.
In tutti e tre i casi predomina il desiderio del protagonista di assecondare la propria inclinazione, la sua ferma determinazione nel coltivare una grande passione. Ma il coraggio incontra il rifiuto della famiglia, che interpreta l'individualità come un fallimento, una vergogna, una punizione inflitta da un Dio impietoso; il coraggio si scontra con l'emarginazione silenziosa imposta da un'intera comunità, che condanna ed esclude il diverso. Formule sacre, ripetute nelle convinzioni granitiche e totalizzanti, governano la vita di questi microcosmi chiusi nelle proprie mura di incomprensione. In un blocco monolitico e uniforme, cristallizzato nel bigottismo più miope, la discriminazione di chi non è omologato è lo strumento per compiere la volontà di Dio.

Quando muoio, lo dico a Dio narra tre storie speciali per mostrarci cos'è l'estremismo, ma è anche un saggio che genera nel lettore un quesito molto complesso: siamo davvero sicuri di sapere cosa sia l'integralismo? Sappiamo riconoscerlo sempre e non solo dove è facile vederlo? E' questa la domanda che si pone in continuazione alla nostra mente e alla coscienza, mentre leggiamo questo libro dal titolo emblematico e provocatorio. Questa preziosa riflessione, scritta da chi ha lungo viaggiato nei territori della devastazione e nell'animo umano, rappresenta, come afferma la scrittrice stessa, l'unico strumento che l'autrice conosca per contrastare l'assurdità di una patologia tanto diffusa quanto subdola.

“In nome di Dio si sono fatte delle cose orrende. Nella convinzione di Dio sono stati perpetrati crimini disumani. E quando l'uomo perde, Dio non vince”.

Anna Marini

copertina

Quando muoio, lo dico a Dio
Storie di ordinario estremismo

Barbara Schiavulli, Youcanprint, 2017
Pagine 114, € 10,20
ISBN 9788892665033



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  8 gennaio 2018