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Giovanni Mariotti
Creso
(Feltrinelli, pp. 219, L. 25.000)
di Mauro Reali


Creso

Ho deciso di leggere questo libro dopo avere riscontrato due illustri – e assai diversi – pareri su di esso sulle colonne di due autorevoli quotidiani. Tanto Dario Del Corno ne ha infatti parlato bene sul Sole 24ore, lodandone la levità e la gradevolezza pur in un contesto di storia antica (si prende infatti spunto dalle Storie di Erodoto per narrare le vicende del celebre re di Lidia vissuto nel VI secolo a.C.) quanto Stefano Giovanardi su Repubblica ha "stroncato" l'opera, scrivendo – più o meno –"perché Mariotti ripete pari pari solo ciò che Erodoto ci ha già raccontato?".

Non è facile – a mente serena – dire chi dei due abbia ragione. Il libro ricalca il genere biografico e ci dà un ritratto fedele, fortemente erodoteo, di quello che fu forse l'uomo più ricco del mondo antico; egli – crollato il regno di Lidia per opera del persiano Cambise – fu risparmiato e a visse a lungo alla corte di Persia come consigliere del re vincitore; da questa posizione defilata vide gli eventi che scardinarono i delicati equilibri instauratisi tra le "superpotenze" dell'Oriente antico, assistendo al crollo del regno di Babilonia e alla sconfitta dell'Egitto della XXVI dinastia.

Mariotti talora segue Erodoto "romanzandolo", talora lo cita alla lettera, non risparmiando neppure i riferimenti alla sua vastissima aneddotica (su Creso e su altri big dell'antichità): l'incontro tra Creso e Solone, la vicenda dell'anello di Gige, il proverbiale equilibrio psicologico del faraone Amasis sono scenette arcinote a chi abbia anche solo qualche familiarità col mondo antico. Da classicista dunque, dovrei dire di avere letto un libro "inutile", perché non c'era nulla in queste pagine che già - in tanti anni di frequentazione con Erodoto e con la storia antica – non conoscessi.

Ha ragione, dunque, Giovanardi e non Del Corno (che – tra l'altro - è stato il mio professore universitario di Letteratura Greca, e per il quale ho stima infinita)? Non saprei. E pongo dubitativamente la questione con un aneddoto moderno, ma di sapore erodoteo. Quest'estate, in vacanza con amici, un amico docente universitario di economia vede il mio libro, lo apre, lo leggiucchia, comincia ad appassionarsi….E poi, comincia a farmi domande, a chiedere chiarimenti, a entusiasmarsi per l'incredibile figura di Amasis, il faraone saggio, filelleno, che amava la "bella vita"; insomma, uno che mai avrebbe preso in mano il II libro delle Storie di Erodoto si è comunque piacevolmente immerso in un mondo tanto lontano e affascinate. Dunque ha ragione Del Corno? Non saprei ancora. Si poteva – forse – osare un po' di più, lavorare un po' di più di fantasia col testo erodoteo: ma è lo stesso Mariotti a dire di essere partito da disegni più alti (connettere i contemporanei Buddha, Confucio, Zarathustra, Creso, Talete, Pitagora...) per arrivare "solo" a questo risultato. Quindi – e concludo – è un libro che va preso per quello che è: una biografia, gradevole, curata, intelligente, ma pur sempre una biografia. E la biografia, come sapevano già i Greci non è né un romanzo (genere per lo più "moderno", ma non sconosciuto neanche a loro…) né tantomeno un'opera storica; è qualcosa di autonomo, con un suo preciso statuto, che – ancor oggi – non è bene confondere con altri generi letterari a noi più consueti.

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17 settembre 2001