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Un nuovo libro sulla pittura lombarda
Di rilievo il ruolo degli artisti attivi a Monza e dintorni
di Mauro Reali


Pittura in Lombardia

L'ultimo volume della serie Pittura in Lombardia, L'Ottocento e il Novecento, Electa, Milano 2001, a cura di L. Capano (con saggi di C. Migliavacca, M. Naldi, M. Pirovano, F. P. Rusconi) è già uscito da qualche mese, suscitando l'interesse degli appassionati. Erano infatti molti anni che su questo argomento nessuna opera simile – completa, rigorosa ma anche chiara e accessibile a tutti – appariva in libreria: gli studiosi, infatti, preferiscono di solito “curare” cataloghi di mostre o scrivere saggi specialistici su riviste scientifiche. Chi leggerà questo volume, invece, riuscirà a farsi un quadro complessivo delle esperienze artistiche lombarde dei due secoli “scorsi”: da Francesco Hayez e il suo Bacio, tanto per intenderci, a quel Piero Manzoni che negli anni Sessanta scandalizzava i critici con la sua Merda d'artista. Non mi pare il caso, in questa sede, di riassumere neppure per sommi capi il libro, che va letto e soprattutto visto (belle le illustrazioni) nella sua interezza. Ciò che invece posso divertirmi a fare è trovarvi “tracce” di Monza e della Brianza; tracce che – ebbene sì – sono presenti e visibili.
Impossibile non partire dall'Ottocento, con la menzione dei monzesi Mosé Bianchi e Pompeo Mariani, zio e nipote, inseriti nella sezione relativa al “Naturalismo tra Ottocento e Novecento” (p. 93 ss.); e di particolare rilievo è il quadro Nel Duomo di Monza di Mosé Bianchi, riprodotto a p. 101. Ma, sempre nella stessa sezione, non mancano altre vedute brianzole: quella a p. 95 di Emilio Borsa, anch'egli monzese e pure lui nipote di Mosé Bianchi, del Parco di Monza, e quelle alle pp. 103 e 104 che rappresentano le il Valloncello di Mondonico con le famose lavandaie di Emilio Gola, milanese ma a lungo attivo in Brianza. Sempre relativamente all'Ottocento, volendo completare il quadro delle possibili tracce brianzole, dobbiamo menzionare Emilio Longoni, nativo di Barlassina ma pittore soprattutto attento al disagio sociale della vita urbana, e Giovanni Segantini, trentino ma che visse a lungo in Brianza: di entrambi, tra l'altro reciprocamente amici, vi è ampia notizia nella sezione realtiva al “Divisionismo, Simbolismo, realismo sociale” (p. 61 ss.).
Passando al Novecento, vedendo i quadri di Aligi Sassu non possiamo dimenticare le sue lunghe frequentazioni di Besana Brianza e del territorio a Nord di Milano; ma le immagini di questa terra trovano le loro più vivide rappresentazioni dall'arte del lecchese Ennio Morlotti: tra le altre è strepitosa - non vi è altra definizione - la veduta dell'Adda a Imbersago a p. 196, che si conserva a Milano al Civico Museo d'Arte Contemporanea. Sia Sassu che Morlotti sono inseriti un'eterogenea sezione dedicata alla “cultura del dissenso” (p. 179 ss). Trascuro i “contatti” brianzoli di Lucio Fontana, troppo celebre e internazionale per essere considerato in questa luce; segnalo però – alle pp. 228 – due belle Composizioni del monzese Roberto Crippa, uno dei fondatori del cosiddetto “Spazialismo” negli anni Cinquanta, movimento cui è dedicata una apposita sezione del volume (p.213 ss).
Chiaramente si è trattato di un divertimento, perché non è certo questo il modo di leggere l'arte lombarda di Ottocento e Novecento. Abbiamo infatti, così facendo, “tagliato fuori” pittori del calibro dei fratelli Induno, degli Scapigliati, dei Futuristi o di Mario Sironi: e ne cito solo qualcuno, quasi a caso. Ripeto, quindi, che il libro va letto tutto, magari associando la lettura – tanto per cominciare – ad una bella visita alla Pinacoteca di Brera; e quest'ultima credetemi, è davvero – per chi non l'avesse mai fatta – un'esperienza di grande intensità. Esperienza assolutamente da fare, quindi, con l'auspicio che anche Monza – i cui Musei Civici possiedono quadri di tutto rispetto – possa offrire in tempi brevi ai suoi cittadini lo spazio espositivo che tutti noi da molti, troppi (!!!) anni, aspettiamo.

Mauro Reali

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  22 maggio 2002