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Maledetti americani
di Vittorio Amodeo


Maledetti americani

"Storia del pregiudizio antiamericano" è il sottotitolo che Massimo Teodori appone al libro "Maledetti americani" apparso di recente per le edizioni Mondadori (€ 14,60).
L'autore è un noto esponente del movimento radicale, di cui ha partecipato alla fondazione. Attualmente è ordinario di Storia americana all'Università di Perugia. Aprendo una parentesi, è singolare la deriva che, nel tempo, ha subito il movimento radicale. Nato con connotazioni di sinistra che ricalcavano, del resto, il radicalismo ottocentesco alla Cavallotti, ebbe da subito netta impronta anticlericale che sviluppò, con successo, nelle memorabili battaglie per il divorzio e per l'aborto. Negli anno '90, pur mantenendo nette posizioni laiche e anticlericali, ritenne di estendere l'azione politica (pur con la pochezza dei suoi mezzi) alla sfera dell'organizzazione dello stato e dell'economia. E in tale campo, con una certa sorpresa nella sinistra, sposò le tesi di un acceso iperliberismo all'americana, piuttosto estraneo alla tradizione radicale. Queste posizioni portarono il partito anche a collaborare politicamente con la destra.
Il libro di Teodori è ricco di informazioni e documentazione. Ma nel sottotitolo "pregiudizio antiamericano" è già contenuta chiaramente la tesi del libro: le critiche che vengono da più parti rivolte agli USA non sono giudizi di valore, sono "pregiudizi" come tali confutabili a una disamina obiettiva.
Vediamo la storia di questi pregiudizi, nei quali sarebbero accomunati destra, sinistra e cattolici. Si può iniziare da Mussolini, che a un intervistatore diceva: "Io ho una grande simpatia, anzi un'ammirazione per il popolo degli Stati Uniti e gliel'ho manifestata più volte… Però non ho altrettanta simpatia per il suo governo. La Costituzione americana porta al potere, sotto il falso segno della democrazia, vere e proprie oligarchie capitalistiche, che io chiamo plutocrazie. Sono oligarchie di grandi interessi, più che di idee e di principi. Esse hanno bisogno di espansione per aumentare i profitti".
A sinistra, Pietro Ingrao non temeve di dire (1950): "Il presidente degli Stati Uniti ha la spudoratezza di presentare come ancora fresca e valida la teoria del 'miglior mezzo' e di venire a raccontare che la bomba atomica può servire ad abbreviare la guerra. Ma questa dottrina, intrisa di sangue innocente e maleodorante di cadaveri e sconfitta, è la dottrina di Hitler e di Goebbels".
Tra molti cattolici è tradizionale una certa distanza dall' "american way of life", sulla scia del grido di allarme che Leone XIII aveva lanciato nel 1895: "Vade retro America!". Così al meeting estivo di Rimini di Comunione e Liberazione nel 1992 veniva esposta senza mezzi termini la teoria del "grande complotto P2". La P2 sarebbe stata la "loggia di garanzia degli interessi americani", e da lì sarebbero venuti tutti i mali: l'assassinio di Moro, la scomparsa di papa Luciani, l'attentato a Wojtyla… La P2, che è stata l'essenza della massoneria, rappresenterebbe l'anima del sistema americano e il demone onnipresente della cospirazione che nasce negli Stati Uniti.
Secondo Teodori, le critiche all'America hanno labile fondamento. "Analizzando cosa in effetti si cela dietro tanta ostilità, si scopre che a essere criticati sono i principali ingredienti che hanno fatto grande, ricca e potente la nazione americana: l'individualismo, il capitalismo, lo sviluppo economico e culturale, il primato tecnologico, il benessere diffuso e il pragmatismo anti-ideologico. Sono questi valori universali, che hanno trovato un particolare terreno di sviluppo in America rendendola la 'Numero Uno', a suscitare quell'avversione che attecchisce anche in paesi occidentali".
Dunque, se ci sono critiche all'America, queste sarebbero poco più che il portato di un'invidiuzza di chi vorrebbe assomigliarle e non può… eh no, caro Teodori, proprio non ci siamo. C'è un equivoco di fondo. A parte critiche infondate che possono sempre esserci ma non lasciano segno, le critiche fondate che vengono rivolte agli USA non riguardano ciò che sono, bensì ciò che gli USA fanno . I loro valori, la loro struttura politica ed economica, il loro modo di vita sono cose che riguardano gli USA: possono piacere più o meno (come del resto i nostri), ma non sono in discussione. Ciascuno si regoli come crede. Il problema è ciò che gli USA fanno al resto del mondo, dato che ne hanno la possibilità, o ritengono di averla a causa della supremazia politica e militare.
Le azioni distruttive e spesso illegali che gli USA compiono all'estero sono numerose, continue e sotto gli occhi di tutti: non volerle vedere significa accettare acriticamente un asservimento di fatto, altro che praticare la libertà di cui ci facciamo vanto. Solo per citarne alcune, e anche se vogliamo dimenticare che la nascita degli USA si fonda su un genocidio, quello del popolo pellerossa, è più difficile sorvolare sul fatto che le bombe atomiche sono state impiegate in Giappone sulla popolazione civile (200.000 morti); che Dresda piena di profughi è stata bombardata a guerra ormai finita (120.000 morti); che sul Vietman sono state sganciate tre volte il numero di bombe impiegate nella seconda guerra mondiale, producendo 3 o 4 milioni di morti e distruggendo l'ambiente con i defolianti. Washington ha fatto ricorso all'assassinio politico e a riprovevoli paladini della libertà (fra i quali Bin Laden). Ha orchestrato l'uccisione di Lumumba e di Allende, ha provato a fare lo stesso con Castro, Gheddafi e Saddam Hussein. Ha invaso Panama e Grenada, ha sostenuto la guerriglia in Nicaragua, solo nell'ultimo decennio ha condotto tre guerre: quella del Golfo, contro la Serbia e nell'Afganistan. Il diritto internazionale viene svillaneggiato, se il giurista Stefano Rodotà (Repubblica del 29/6/02) può scrivere: "Gli Stati Uniti rifiutano la loro adesioni a convenzioni internazionali importantissime o addirittura ritirano la loro adesione da patti già sottoscritti (com'è avvenuto per il Tribunale penale internazionale). C'è la pretesa di imporre solo le proprie regole".
Teodori dunque è in errore, non si tratta di preconcetti ma di esame delle vicende e della storia per chi non voglia precludersi la vista della realtà.

Vittorio Amodeo

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  8 luglio 2002