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Homini de mala vita
La criminalità tra Cinque e Seicento a Lecco e in Brianza
di Mauro Reali


Homini de mala vita

Bisognerebbe, secondo le regole non scritte del giornalismo (e del buon senso…) recensire i libri appena pubblicati. Il volume che ora presento è invece già uscito nel 2001, e fino a poco tempo fa ne ignoravo addirittura l'esistenza: il grande interesse che ha suscitato in me la sua lettura, mi ha comunque spinto a condividere qualche riflessione in merito coi lettori dell'Arengario. Si tratta di un robusto lavoro di ben 235 pagine cui l'autore Natale Perego, studioso di storia locale ed etnografia, ha dato il suggestivo titolo di Homini de mala vita. Criminalità e giustizia a Lecco e in terra di Brianza tra Cinquecento e Seicento, (Editore Cattaneo, Oggiono, 2001, euro 18,8; info: www.cattaneoeditore.it). Il libro si snoda per otto capitoli, che prendono in esame – con una ricca documentazione archivistica e iconografica – la variegata fenomenologia della violenza nelle terre di Brianza e del Lecchese nell'epoca più cupa della dominazione spagnola; una violenza che sembra essere – forse – l'unica cosa che accomuna nobili e servi, ricchi e poveri, istituzioni e privati di quei tempi. Insomma se leggiamo della farraginosa amministrazione della giustizia spagnola, delle frequenti risse ed omicidi, degli stupri, del contrabbando… abbiamo l'immagine di un mondo ove davvero la massima di Hobbes homo homini lupus doveva essere una regola di vita. Chi ora vi scrive, attento lettore manzoniano per passione e per mestiere, non ha potuto poi non trovare incredibili analogie col mondo – oramai mitizzato - di Renzo e Lucia. Dei celeberrimi “bravi” si parla infatti alle pp. 69 ss; alle risse all'osteria (luogo tabù per Renzo) sono poi dedicate le pp. 96 ss.; delle insidie alle fanciulle (“alla don Rodrigo”, per intenderci), talora culminanti nello stupro, si parla inoltre alle pp. 103 ss.; e scopriamo pure che quell'Adda, fiume magico, misterioso, che nel romanzo porta il fuggitivo Renzo verso salvezza, era in realtà luogo di furti e contrabbandi, come si evince alle pp. 136 ss. Lungi dal togliere la poesia al capolavoro di Manzoni, il volume di Perego esalta quindi il background storico del romanzo ottocentesco, e – per certi versi – ne facilita la comprensione. Ma, intendiamoci, questo recente saggio ha una sua profonda valenza autonoma e se finora l'ho presentato così, in quest'ottica “manzoniana” è solo per finalità divulgative: chi lo dovesse leggere vi troverà, molto, molto di più. Per esempio, e mi diverte concludere con questi cenni, vi troverà nomi, cognomi e soprannomi dei più crudeli homini de mala vita del tempo, come i fratelli Giuseppe e Battista Frigerio di Pusiano, autori alla fine del Cinquecento di ardite rapine o Martino e Francesco Cazzaniga di Olgiate, che giunsero al sequestro di persona. Davvero una sorta di “primula rossa” dovette inoltre essere tal “Martinazzo”, di Barzago, che prima di salire sulla forca ne combinò – insieme alla sua gang – di cotte e di crude; ma ancor maggiore fu la fama di un tal “Sorino”, di Perledo - spietato killer - che, se conobbe condanne e galere, seppe però sempre evadere a causa della fitta rete di complicità che aveva intessuto… Altri sono i nomi e i casi che sono presenti nel volume, ma qui mi arresto; in fondo, se si parla di morti, feriti, condannati… il libro ha pur sempre una componente “gialla” che sconsiglia di raccontarne troppo, in anticipo, ai potenziali lettori!

Mauro Reali

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  20 febbraio 2003