La libertà perduta:
la denuncia della tirannide del Magnifico
La traduzione, con testo a fronte, del Dialogus de libertate di Alamanno Rinuccini
di Mauro Reali
Chi non ricorda, almeno per lontane reminiscenze scolastiche, Niccolò Machiavelli, che estromesso dalla vita politica fiorentina e confinato a San Casciano nel 1513 dopo una giornata di ozi, chiacchiere, noia
alla sera si mette i «panni curiali» (cioè il vestito buono, diremmo noi) per leggere i testi dell'antichità classica e dialogare con i loro autori. La Lettera al Vettori, infatti, di questo grande scrittore rinascimentale, è un testo assai letto nelle nostre scuole e perciò ben conosciuto, al pari del suo capolavoro Il Principe. Meno nota, assai meno nota ai più è invece l'opera di un umanista fiorentino Alamanno Rinuccini, più vecchio di oltre una generazione del Machiavelli; il suo titolo latino è Dialogus de libertate, edita come La libertà perduta nel 2003 a traduzione e cura di Giuseppe Civati dalla monzese Vittone editore. Ma perché ho esordito citando proprio la Lettera al Vettori del Machiavelli e il rapporto di questi col mondo antico? Perché Alamanno Rinuccini, nell'opera in questione, ci dà un esempio concreto non tanto di dialogo con gli antichi (come è proprio della cultura rinascimentale) ma di vera e propria rievocazione di un contesto classico, come è tipico della più pura tradizione umanistica quattrocentesca. Il suo Dialogus, infatti, non è solo ispirato al mondo antico: è quasi un tentativo di adoperare la macchina del tempo, e di leggere il presente (siamo nel 1478) col filtro della cultura e dei valori della civiltà classica. Lo si vede dall'uso della lingua latina, dal genere letterario del dialogo (di ascendenza platonico-ciceroniana), e perfino dai nomi grecizzanti dei protagonisti di questa fittizia chiacchierata sulla libertà: Aliteo (il Veridico), Eleuterio (l'Amante della Libertà), Microtosso (il Tiratore scarso). Lo si vede anche dalle numerose citazioni e allusioni ad autori e situazioni della civiltà greco-romana, di cui i tre dialoganti sembrano tardi esponenti. Allora - potrebbe obiettare qualcuno si tratta di un esercizio retorico, anacronistico, avulso dal contesto storico del tempo? Nient'affatto, perché l'esaltazione della libertà (che è quella antica ma è, soprattutto, la Fiorentina Libertas dei governi oligarchici e repubblicani della sua città) è in connessione diretta, immediata, con la denuncia dell'affermazione a Firenze della tirannide di Lorenzo de' Medici (il Magnifico). Lorenzo, paragonato a Falaride (VI sec. a.C.), uno dei più crudeli tiranni greci, aveva infatti creato un sistema di potere autocratico e clientelare, disincentivando la partecipazione alla vita pubblica e assoggettando al suo governo il potere giudiziario: difficile, quindi, immaginare qualcosa di più lontano da quella libertà che si voleva difendere! Si potrebbe proseguire a lungo, sia addentrandoci in altri confronti stavolta ideologici e politici col Principe del Machiavelli, oppure cercando nella denuncia della tirannide del Magnifico interessanti allusioni anche alla nostra realtà contemporanea: credo però che la mia recensione debba fermarsi qui, e almeno per due motivi. Il primo è ovvio: questa è appunto una segnalazione per i lettori dell'Arengario, e penso che il web debba in qualche modo imporsi una certa brevità. Il secondo motivo è invece legato al merito del libro: l'accurato e chiaro saggio introduttivo di Giuseppe Civati (ove le allusione alla nostra realtà contemporanea non mancano, anche se non sono mai gratuite e forzose), ma soprattutto la sua traduzione volutamente piana, fortemente antiretorica, rendono possibile a tutti, davvero a tutti, saperne di più leggendolo direttamente. Complimenti, dunque, al curatore e all'editore; e ricordare che sono entrambi monzesi è una piacevole nota di cronaca, priva però di qualunque connotato campanilistico, dato il valore universale ed eterno delle tematiche affrontate nell'opera.
Mauro Reali
Alamanno Rinuccini, La libertà perduta. Dialogus de libertate, a cura di Giuseppe Civati, Monza, Vittone editore, 2003, prezzo: 10 euro.
10 marzo 2003