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L'Italia dei tesori è in vendita?
L'analisi di Salvatore Settis
di Mauro Reali


Italia SpA
 
Salvatore Settis – professore alla “Normale” di Pisa - è uno studioso di archeologia di fama internazionale Tra le sue molte opere mi permetto di ricordarne una – in più volumi – che lo ha visto come ispiratore e curatore, cioè Memoria dell'antico nell'arte italiana (1984-86), nella quale si prendono in esame i diversi atteggiamenti nei confronti del mondo classico durante i vari secoli della nostra storia culturale. Il suo recente pamphlet Italia S.p.A., L'assalto al patrimonio culturale, Einaudi 2002 (pp. 150; euro: 8, 80) si può considerare, forse, una lugubre “coda” del lavoro monumentale appena citato, poiché smaschera il “malgoverno” attuale dei Beni Culturali (e dunque non solo di ciò che è antico, ma anche medioevale, rinascimentale, ecc…) nel nostro Paese. Malgoverno che egli individua in una politica di indiscriminata “apertura al privato” nella gestione del nostro patrimonio artistico (già iniziata dai governi dell'Ulivo), che ha raggiunto il suo apice con l'attuale asse Urbani-Tremonti. Nella Finanziaria 2002, infatti, si parla apertamente della possibilità di alienare il patrimonio culturale italiano (per “fare cassa”, se necessario!), mediante la creazione di due società, la “Patrimonio S.p.A”. e la “Infrastrutture S.p.A.” e ciò ha provocato nell'opinione pubblica italiana e internazionale notevoli perplessità, fatte proprie perfino dal Presidente Ciampi. Salvatore Settis, a questo proposito, dimostra lucidamente (con argomenti e toni quasi martellanti) come a poco servano le rassicurazioni governative del tipo “non venderemo mai il Colosseo”, perché le leggi consentono invece (magari tra dieci, venti, trent'anni…) di potere fare questo ed altro. Si è spezzato, a suo avviso, l'asse tutela-gestione-inalienabilità dei Beni Culturali che ha fatto già di alcuni Stati italiani pre-unitari un modello per molte altre realtà europee; asse che è tanto più necessario oggi perché il nostro Paese è una sorta di grande Museo all'aperto, ove territorio, monumenti, musei costituiscono una realtà unitaria e solidale, e dove ogni tentativo di rompere questo equilibrio è molto pericoloso. L'autore non si chiude però in un rigido passatismo, non nega che ci debbano essere miglioramenti del “vecchio” sistema pubblico di tutela e gestione (magari con una seria informatizzazione), che alcune aperture al “privato” ci possano stare: ma tutto in un'ottica di rigorosa analisi e programmazione. L'Italia, invece, ha voluto “scimmiottare” il modello americano, che Settis ben conosce avendo diretto dal 1994 al 1999 il Getty Research Instutute for the History of Art and the Humanities di Los Angeles: con motivazioni culturali ma anche con esempi concreti e banalissimi “conti della spesa” l'autore dimostra però come l'americanizzione dei Beni Culturali sarebbe per noi rovinosa. Il libro termina con una citazione mitologica, omologando lo Stato Italiano al dio Saturno che divorava i propri figli (i Beni Culturali), venendo poi ucciso da uno di essi; finale davvero pessimista, che chi scrive – visti gli attuali “chiari di luna” e visto che c'è sempre bisogno di “fare cassa” – si sente di condividere. E la Finanziaria 2003, di questi giorni, non fa che accrescere l'umore nero di chi ama il nostro patrimonio monumentale e ambientale: che cos'è infatti il nuovo “condono” se non l'ennesimo sfregio nei suoi confronti?

Mauro Reali


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  4 ottobre 2003