prima pagina pagina precedente




Stella avvelenata
un nuovo, bellissimo romanzo di Sebastiano Vassalli
Un viaggio verso “l'America prima dell'America”
di Mauro Reali



Stella avvelenata
 
Uno spaesato chierico di Casale Monferrato, in pieno Quattrocento (1441, per la precisione), si imbarca su una nave, la Stella Maris, in partenza da la Rochelle alla volta della mitica Atlantide; tale chierico, di nome Leonardo Sacco, già studente a Pavia, si accompagna in questa impresa ad un equipaggio fatto di eretici libertini o fanatici alla ricerca del “Libero Spirito” e marinai in odore di forca... Mi pare che queste premesse siano più che sufficienti per consigliare la lettura dell'ultimo bel romanzo di Sebastiano Vassalli, Stella avvelenata, (Einaudi, 2003, pp. 238, 17 euro), incentrato proprio sulla vicenda che ho appena accennato. Originale come sempre, Vassalli torna – dopo la parentesi “contemporanea” di Archeologia del presente (da noi recensito sull'Arengario) – alla storia, vista sempre però con un occhio presago degli eventi futuri. L'America prima dell'America, è lo “slogan” posto sul retro quasi a sintesi del libro, nel quale l'”armata Brancaleone” costituita da Leonardo Sacco, dal capitano Cat, dal reverendo d'Ulbach, dal visconte di Matour-Laroque e da altri singolarissimi “tipi umani” giunge oltre Atlantico qualche anno prima di Cristoforo Colombo e qui vive l'esperienza, esaltante, terribile, letale, dolcissima (dipende dai momenti e dai personaggi) del contatto con i cosiddetti “protouomini”. Una cosa è certa, però, dopo questo incredibile contatto: questi “protouomini non sono – a priori – né migliori (come suggerirebbe il mito russoviano del “buon selvaggio”) né peggiori (come sostengono i fautori del progresso) dei loro omologhi europei. L'assenza di una struttura sociale complessa ne enfatizza però alcuni aspetti, nel bene e nel male, e tra questi spicca una necessità quasi “atletica” di guerreggiare ogni tanto con i popoli vicini, sentita come un modo per non impigrirsi: questo almeno fino a che i “civili” europei non donano loro dei fucili da caccia…
Avvincente dunque la trama, nella quale non manca una delicata storia d'amore, che però non anticipo in questa sede. Raffinato davvero è anche l'impianto letterario del volume, con una premessa di chiara matrice “manzoniana” dove si afferma che la storia è ripresa da un libro settecentesco di un erede di Leonardo Sacco, a propria volta scritto sulla scorta dei diari del chierico monferrino. E, a proposito di Monferrato, molte sono le pagine che alludono anche “di scorcio” alla terra di Leonardo, che poi non è tanto lontana da quel Novarese nel quale abita il ligure Vassalli. Non so se l'autore lo consideri o meno un complimento (per me lo è, sia chiaro) ma di tanto in tanto ho trovato nel suo libro echi e atmosfere simili a quelle del bellissimo Baudolino, del grande “monferrino” Umberto Eco. Ci sono dunque i canonici “storia ed invenzione”, c'è un velo di autobiografismo “geografico”, ci sono alcune – sobrie, tipicamente vassalliane – riflessioni sull'uomo e i suoi destini e c'è un pizzico di “arte allusiva” nei confronti della tradizione letteraria. Il cocktail, lo ribadisco, vale la pena di essere provato.

Mauro Reali


in su pagina precedente

  17 aprile 2004