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L'India in due libri: questione di odore
L'Odore dell'India di Pier Paolo Pasolini e Il grande viaggio di Giuseppe Cederna
di Mauro Reali


palazzo a Jaipur


Intendo parlare stavolta di due ottimi libri relativi all'India: uno di essi è di recentissima edizione, mentre l'altro è la meritoria ripubblicazione di una breve opera del 1961.

Pierpaolo Pasolini - L'odore dell'India
Giuseppe Cederna - Il grande viaggio
Cominciamo però da quest'ultimo, e non solo per una priorità di natura cronologica: l'autore de L'odore dell'India, Guanda, 2004 (pp. 120, 6 euro) è infatti nientemeno che il grande Pier Paolo Pasolini. Egli, in seguito a un viaggio in India insieme con Alberto Moravia ed Elsa Morante, scrisse questo interessantissimo testo e già il titolo denota l'intelligenza profonda del luogo: infatti l'odore di fogna a cielo aperto, di spezie, di animali, quell'odore «di poveri cibi e di cadavere che, in India, è come un continuo soffio potente che dà una specie di febbre» è una delle cose che maggiormente impressionano ogni viaggiatore che non sia indiano. Devo dire che l'India di Nehru di quaranta anni fa, dove per i poveri la vita aveva il carattere della «insopportabilità», dove la divisione in caste – formalmente abolita – era però pervicacemente interiorizzata, dove i borghesi (quasi sempre affiliati al Rotary) erano pochi e molto grassi non è poi molto diversa da quella che chi scrive ha potuto constatare in un recente viaggio. Certo, qualche area industriale si è sviluppata, il cinema indiano si afferma in Europa, però la gente (non dieci o cento ma migliaia di persone…), a Dehli, Bombay o Calcutta (ma non solo…) dorme ancora nelle aiuole spartitraffico, i borghesi sono grassi e bazzicano i grandi alberghi e l'odore è sempre quello.

in viaggio

Ce lo ricorda anche Giuseppe Cederna (sì, l'attore di Mediterraneo di Salvatores), nel recentissimo Il grande viaggio, Feltrinelli, 2004 (pp. 264, 15 euro). In questo libro narra di un viaggio fatto nel 1999 negli Hills himalayani, per giungere alle sorgenti del fiume sacro, il Gange: un viaggio faticoso (per esperti escursionisti montani e camminatori provetti, come si può capire) ma anche carico di spiritualità, di ricordi letterari (Kim, di Kipling: un libro fantastico!) e autobiografici (la figura del padre Antonio, l'infanzia in Valtellina). Devo dire, però che la parte migliore del libro è la prima, ambientata a Dehli, nella quale – con piglio davvero “pasoliniano” – l'autore mette in luce le irrisolte contraddizioni e i pesantissimi contrasti sociali dell'India. Particolarmente riuscite – a mio avviso – sono due descrizioni della capitale. La prima è quella del celeberrimo e lussuosissimo hotel Imperial, dal fascino coloniale pressoché intatto, dove «anche l'aria è più lucida» (efficace sinestesia…); la seconda è quella di un campo sterminato dove i senzatetto – da anni – vanno a fare i loro bisogni corporali. Ancora una volta, dunque, è questione di odore: incredibilmente nessun odore all'Imperial (chi scrive ve lo può garantire, perché c'è stato), mentre miasmi d'ogni tipo ti assalgono appena fuori; e forse – in qualche misura – vi contribuisce anche il predetto campo trasformato in una sorte di toilette collettiva. Io non posso giurarvi di avere visto proprio quello descritto da Cederna, ma credo che – quello o un altro – cambi poco: di campi così Dehli (e tutta l'India…) è piena. Così come è piena di gente straordinaria e dignitosa, la cui sopravvivenza è un vero miracolo. È a questa gente – oltre che agli affezionati lettori dell'Arengario – che vanno (per quel che valgono) i miei auguri per le prossime festività; temo però che – contrariamente al parere del venditore di almanacchi della famosa Operetta morale di Leopardi – l'anno nuovo non sarà migliore del vecchio…

Mauro Reali


Kailasa - tempio del dio Shiva

le immagini sono tratte dal sito www22.ocn.ne.jp/~hirasawa/ 2001.01/2001.01.htm
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  22 dicembre 2004