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Il foot-ball "eroico" di Mister Litaliano
Tra il calcio e Omero il nuovo romanzo di Gianfrancesco Turano
di Mauro Reali
il cavallo di Troia

Qualche anno fa un noto calciatore (di cui preferisco omettere il nome…) dichiarò a chi stolidamente gli chiedeva delle sue letture di avere letto due libri, in vita sua: uno era la biografia di Alba Parietti e l'altro… proprio non se lo ricordava! Ma che succede se un vecchio allenatore ne ha letto uno solo, nientemeno che l'Iliade di Omero? Succede che la sua esistenza, la sua visione del mondo e del calcio e perfino il suo modo di esprimersi sono in tutto e per tutto contaminati da tale lettura.

il libro
Per Luigi Litaliano, protagonista del nuovo romanzo di Gianfrancesco Turano, Catenaccio!, Editore Flaccovio, Palermo (pp. 334, euro 14), infatti il testo di Omero è una sorta di Bibbia (neanche tanto laica, visto che è costellato di varie divinità), che ha inculcato il lui un'idea eroica del calcio e – nel suo caso – anche dell'esistenza, che per lui col calcio si identifica. Una vita ad allenare squadre minori, 39 anni di carriera e 39 esoneri, 999 panchine…; una figura che – parlo per quelli della mia generazione – ha qualcosa di Nereo Rocco, molto di più di Bruno Pesaola (l'indimenticabile “Petisso”, caro ai napoletani), e che – arrivando fino ai giorni nostri – si può forse paragonare al compianto Franco Scoglio (quello che coniò il celebre detto ad minchiam) e al mitico Carletto Mazzone. Mi pare ovvio già dal titolo - inoltre – il fatto che il nostro Litaliano sia un cultore del calcio difensivistico all'italiana, che si identifica nel concetto ormai storicizzato di “catenaccio”; strategia – questa – che ha consentito in anni lontani perfino alla “mia” Inter di Herrera di vincere in Europa! Ma torniamo al libro, davvero originale per ideazione, struttura e registro linguistico. Litaliano, infatti, racconta al lettore – registrando le sue parole in audiocassette – la sfida numero 1000 della sua carriera, una sorta di incredibile match da giocare a Ferragosto e che vede una “banda” di disperati e malfattori (allenati da Litaliano, of course) scontrarsi con un'altrettanto improbabile squadra di “riccastri”, allenata dal perfido Uto Sombrero di Cirrocumulo. Per Litaliano non v'è dubbio: è la sfida della vita, è una sorta di anticipo del Giudizio Universale, è il remake della guerra di Troia, dove i “suoi” sono proprio i Troiani e gli altri gli invasori Achei. Non sto a raccontare le rocambolesche premesse i non meno imprevedibili esiti della sfida: non voglio togliere nulla ai lettori! Mi limito a sottolineare come Turano – scrittore e giornalista di formazione classicista – domini tanto bene la poesia omerica da costruire il discorso del “suo” Litaliano come una succosa parodia dell'originale greco. Frasi come “L'ottimismo del cittì contagia il pericardio dei troiani, provvisoriamente sponsorizzati Fast Pizza”; oppure espressioni ripetute e formulari come “E davanti a tutti dice parola Litaliano, pastore di popoli”, lasciano infatti trasparire la dipendenza da Omero. In fondo, il romanzo è una sorta di clamoroso atto d'amore verso l'epica classica, vista come matrice d'ogni espressione letteraria e forse anche di più; se anche il grezzo Litaliano ci trova la chiave interpretativa di ogni gesto e di ogni evento è dunque vero che – come ha scritto la critica specialistica – Omero è l'”enciclopedia” del mondo antico e forse pure di quello moderno. E l'omerizzante Turano-Litaliano mi ha pure portato a riflettere sul fatto che già la più grande firma sportiva del Novecento italiano – Gianni Brera – avesse omericamente ribattezzato gli eroi della pedata con fantastici epiteti formulari, dall'”abatino” Rivera, al “bergorusso” Wierchowood, a Marini “pinna d'oro”, a “Stradivialli”, devoti tutti di “Eupalla”, la divinità che impersonava il bel calcio….: vuoi vedere che il calcio è davvero l'epos dei nostri giorni?
Concludendo, ancora due parole sull'autore. Conforta che – dopo l'ottimo esordio da romanziere “giallista” con Ragù di capra (già recensito sull'Arengario) – Gianfrancesco Turano si sia cimentato con successo in un'operazione letteraria così complessa e per certi versi rischiosa, quasi “di nicchia”; in un panorama letterario tutto sommato un po' conformistico come il nostro tale eclettismo (contenutistico, stilistico, linguistico) è indizio di coraggio: ma il coraggio – si sa – è proprio ciò che caratterizzava gli eroi omerici, e Turano – che è nato a Reggio Calabria – se non acheo è almeno “magnogreco”!

Mauro Reali


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  28 aprile 2006