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Breve dizionario del dialetto monzese e brianzolo
Parole, espressioni, proverbi
Franco Isman

la copertina   foto Piero Pozzi

Sta per uscire, per i tipi dell'editore Vittone, questo interessante volume, opera di moltissimi anni di ricerca e “raccolta” del monzese doc Felice Camesasca che verrà presentato giovedì 10 dicembre alle ore 17:30 alla libreria Ancora in via Pavoni a Monza (più nota come gli “Artigianelli”).
Libro di notevoli anche se non dichiarate ambizioni che confronta il monzese con il dialetto parlato più in su, in Brianza, con le dure zeta che prendono in gran parte il posto delle più dolci esse.

2000 parole, 700 espressioni idiomatiche, una interessante prefazione di Beppe Colombo, una nota linguistica di Giovanni Bonfadini ed una appendice tratta dall'ultimo tomo del monumentale vocabolario Milanese-Italiano di Francesco Cherubini, della metà dell'800, dedicata alla specificità del dialetto “dei colli della Brianza”.

2000 parole: da abéet, che non ho mai sentito, ed infatti è brianzolo, che vuol dire voglia, da cui l'espressione: el mèt abéet de mangià = mette voglia di mangiarlo fino a zu-zu, altro termine brianzolo usato in campagna per indicare affettuosamente il maiale.
Ma si passa naturalmente dal bamburìn, famoso quello della mié d'un ghìsa, dal barlafüs, dal bugnòn che, possibilmente fra le chiappe, è la massima maledizione che io invochi contro un nemico.

Non poteva naturalmente mancare bilòtt termine quasi esclusivamente monzese, anche se i milanesi talvolta dicono, spesso purtroppo a ragione, “bilòtt de Munscia”, che pare derivi dal nome del generale francese Billot, comandante la piazza di Monza durante la loro dominazione, che emanava spesso dei proclami che i bravi monzesi avevano cominciato a definire come bilottàte.

Abbiamo poi cagùn, capelàda, la famosa carozètta , che sferragliava per il centro di Monza, dal Molinetto al Regio Parco, e poi ancora ciulàre, ciulìn e ciulàta, ma manca la famosa frase detta da un mio cugino ad una bella mammina con bambino in carrozzina “oh che bèl fanciulin con la mama” che gli aveva fruttato un bel ceffone.

E poi ganàsa, gandùla, garampàna, gibigiàna e il brianzolo gulzà: gulzi minga = non oso. E ancora limunà (quanti ricordi!) e la famosa lippa con la dettagliata spiegazione del gioco.
C'è la patafiàda e il prèt, quello per scaldare il letto, con una spiegazione osé della derivazione del nome, c'è la schiscèta e la speràda. Manca invece stùpid e di conseguenza la famosa frase “te se minga stùpid de pòc”, in compenso c'è il simile titùla e il suo opposto scròc. Infine, prima del già citato zu-zu abbiamo il, o la, zabèta (da cui il verbo zabèttare) ed anche il sifulòt, zifulùt per i brianzoli.

Insomma, 2000 parole non sono tutte ma non sono certo poche ed è importante poterle andare a cercare se non le ricordiamo, perché ormai siamo quasi più bravi a fare una citazione in latino che in monzese / milanese / brianzolo. Sì perché le differenze ci sono ma non sono abissali e c'erano molto di più in passato quando il dialetto del popolo maligno (via Bergamo e dintorni) era differente da quello del centro e da quello di San Biagio !

Franco Isman


copertina
Breve dizionario del dialetto monzese e brianzolo
Parole, espressioni, proverbi

Camesasca, Felice
Vittone Editore, Monza, 2009, 208 pagine, € 20

A Monza al LIBRACCIO e alla libreria ANCORA
on line  www.libraccio.it


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  8 dicembre 2009