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GIROVAGANDO PER MOSTRE  
Zenobia, regina d'Oriente da Palmira a…Torino
Una mostra ci illumina su un personaggio storico poco conosciuto
di Mauro Reali

Zenobia

Di carnagione scura, aveva gli occhi neri di una incredibile bellezza, lo sguardo vivo e un portamento maestoso. I suoi denti erano bianchi come le perle, la sua voce sonora e maschile”. Così descrive Zenobia lo storico antico Trebellio Pollione, che sentiva ancora l'eco – a Roma – della grandezza del personaggio. Ma chi era costei, forse per qualcuno “Carneade” al femminile? Era la regina di Palmira, città siriana tra le maggiori, nella seconda metà del III secolo d.C.. Prima regnò a fianco del marito Odenato, re amico di Roma, che anzi ne “curava gli interessi” nella difficile (ieri, forse, meno di oggi!) area mediorientale; poi – morto Odenato (ucciso dalla stessa ambiziosa regina per le “malelingue” di allora!) – covò il sogno di strappare a Roma l'Oriente, o almeno parte di esso, rivendicando l'eredità spirituale di Cleopatra e proclamando Augusto il figlioletto Whaballat. Certo, il sogno – che pure durò più del previsto, con inaspettate vittorie militari…- non fu impunito, perché l'imperatore romano Aureliano nel 274 la sconfisse e la portò a Roma in trionfo. Fu quindi uccisa, per alcuni storici; ma per altri – invece (ai quali mi piace credere, perché la vicenda è meno scontata e più intrigante…) - fu relegata a Tivoli, in splendido isolamento, rotto solo dalle frequenti visite di Aureliano stesso che ne divenne amante. Dello splendore di Palmira – e dunque della potenza di Zenobia - possono fare fede 150 pezzi esposti a Torino a Palazzo Bricherasio (Via Lagrange, 20) in una mostra (Zenobia. Il sogno di una regina d'Oriente, fino al 26 maggio; aperta tutti i giorni tranne il lunedì mattina; ingresso 6.20 euro; Catalogo Electa) che ha già deliziato il palato del raffinato pubblico parigino negli scorsi mesi. Si tratta di reperti archeologici prestati dai musei siriani, ma anche da collezioni italiane o d'altri paesi; tra essi anche tre rilievi della splendida collezione che il compianto Federico Zeri ha donato ai Musei Vaticani. Vi sono oggetti d'ogni tipo, rilievi, statue, elementi architettonici, epigrafi, gioielli….ma senza dubbio l'emozione maggiore è quella di potere “guardare in faccia” i numerosi ritratti di uomini e donne (soprattutto donne) contemporanei e concittadini di Zenobia. Non solo chi un po' ne capisce di storia dell'arte antica può infatti ammirare l'eccezionale qualità della loro fattura; ma a tutti, a tutti davvero, non può sfuggire la fierezza dei loro sguardi e la ieraticità della loro postura: nelle donne di Palmira vi è infatti uno charme tipicamente femminile, ma – come diceva Trebonio Pollione per Zenobia – anche una determinazione virile che ci stimolano - ancor oggi - un pizzico di turbamento, un volo di fantasia, un abbandono all'emozione. Lo stesso turbamento, credo, che prendeva Aureliano quando lasciava Roma per recarsi furtivamente a Tivoli; la stessa fantasia che portò Petrarca, Boccaccio, ma anche pittori e maestri d'arazzo d'ogni epoca (alcuni si vedono anche a Torino) a reinventare il personaggio di Zenobia nella letteratura e nelle arti figurative; la stessa emozione che proviamo ascoltando la musica soave dell'Aureliano in Palmira di Gioachino Rossini, anch'egli – non meno di chi vi scrive – rapito da questa vicenda d'altri tempi.

Mauro Reali


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  18 aprile 2002