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Le leggi razziali inflitte ai fanciulli
Tania Marinoni

La proclamazione delle leggi razziali a Trieste foto Alessandra Ferrari

Ad ottanti'anni dalla promulgazione delle leggi razziali, nella serata di sabato 24 novembre, l'ANPI di Vaprio d'Adda invita la cittadinanza a riflettere sul tema da un punto di vista inedito: quello dei fanciulli. Ai giovani è dedicata l'iniziativa, organizzata dalla sezione locale dell'Associazione Partigiani d'Italia, guidata dal suo brillante presidente, Simone Colombo. Ragazzi di terza media di oggi in platea e ragazzi di ieri sul palco, a portare la preziosa testimonianza vissuta ai tempi della guerra e dell'odio razziale.

Introducono l'evento le parole di Monia Colaci, docente di storia e filosofia, anima dell'iniziativa. Il suo intervento accompagna il pubblico in una riflessione incentrata sul testo delle leggi razziali e analizza la relazione tra il ventennio e il mondo dell'infanzia. La figura del fanciullo era centrale all'interno della politica di indottrinamento del regime; il fascismo conduceva un'attenta campagna formativa sia negli istituti scolastici, che nel tempo libero. Disciplinava le attività ginnico sportive, proposte in ottica celebrativa dei propri ideali ed esercitava un controllo capillare sui libri di lettura, sui classici, spesso rivisitati in chiave fascista. Cuore del Novecento, Le avventure di Pinocchio, riadattate in collocazione coloniale, e Piccolo mondo fascista, versione littoria del celebre romanzo di Antonio Fogazzaro, oggi per certi versi fanno sorridere, ma durante il ventennio avevano un chiaro intento pedagogico: non lasciare alternativa agli adulti di domani, non permettere la conoscenza di altri mondi possibili al di fuori del fascismo.

L'idealizzazione della guerra, la disumanizzazione del nemico, schernito e stereotipato nei tratti somatici e in quelli caratteriali: nelle trame e nelle illustrazioni si veicolavano i valori del regime con una sola finalità, quella di plasmare le menti e le coscienze, perché più efficace della violenza è certamente il consenso.
Al termine della preziosa contestualizzazione storico-sociale della professoressa Colaci, la parola passa a due testimoni che subirono da fanciulli il fascismo, la guerra e le sue leggi della vergogna. Franco Isman, ebreo triestino, scampato alla deportazione, e la moglie, Rosella Stucchi, figlia di Giovanni Battista, celebre comandante partigiano monzese. Due esperienze differenti, che condivisero la sperimentazione del regime fascista durante l'infanzia, una cornice difficile che tuttavia permise loro di conoscersi.

Il problema ebraico fino al 1938 non era mai esistito, testimonia Franco, e gli ebrei erano “normali” cittadini, esattamente come gli altri. La sua famiglia era assimilata e i suoi genitori non erano osservanti. Un aneddoto lo dimostra chiaramente: il primo giorno alla scuola ebraica, essendogli vietata quella pubblica, sua madre gli diede per merenda un invitante panino al prosciutto, carne immonda per gli ebrei !
Le leggi antiebraiche, promulgate proprio a Trieste, indussero la famiglia Isman a lasciare la città e a trasferirsi a Milano. Dopo l'Otto settembre cominciò la caccia all'ebreo e la sua deportazione verso i campi di sterminio e Franco trovò rifugio presso la Casa Alpina di Motta, gestita da don Luigi Re. Il film Arrivederci ragazzi di Louis Malle narra una vicenda sorprendentemente simile a quella vissuta a Motta, con due importanti differenze: il problema religioso, non presente per Franco, perché battezzato e cresimato, e il finale, per fortuna lieto.

La testimonianza di Rosella è incentrata sulla figura del padre Giovanni Battista Stucchi: capitano degli alpini, nel 1942 venne assegnato al corpo di spedizione in Russia; sarebbe potuto esserne esonerato, ma rifiutò di recitare l'”armiamoci e partite”. Di idee liberal socialiste e antifasciste, al ritorno dalla Russia entrò in clandestinità. Giunto in Val d'Ossola, gli venne affidato dal CLNAI il coordinamento militare di tutte le formazioni partigiane. Sfilò il 6 maggio 1945 a Milano, assieme agli altri membri del comando generale del CVL (Corpo Volontari della Libertà), l'esercito partigiano.

Da bambini non si ha certamente percezione degli eventi politici del proprio Paese così fu anche per Franco e Rosella. Ma la paura, l'allontanamento dai propri cari, il senso di pericolo e l'incertezza del futuro incidono pesantemente sulla vita di un bambino.
All'indomani della Liberazione prevalse la voglia di vivere; in seguito si avvertì la necessità di riflettere a lungo su quegli anni terribili e di testimoniare: attività che Franco e Rosella svolgono da anni, con dedizione, nelle scuole. E anche sabato sera le loro voci hanno incantato il nutrito pubblico riunito nella biblioteca di Vaprio d'Adda, coinvolgendo i molti giovani di terza media, accompagnati recentemente dalla sezione ANPI e dai loro docenti in visita al campo di Auschwitz. Numerosi post-it hanno impresso le loro profonde osservazioni e le domande rivolte a Franco e a Rosella; al termine dell'evento le riflessioni dei ragazzi, stilate su cartoncini colorati, hanno animato l'installazione a bordo palco, che riproduceva il filo spinato, per dare vita ad un suggestivo reticolato: un reticolato, ma di speranza!

Tania Marinoni

I ragazzini erano tutti nell'altra mezza sala che non si vede... foto Alessandra Ferrari

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  30 novembre 2018