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Come ti invento un eroe
Franco Isman

La prima foto è un FALSO in quanto quel ragazzo non è Mimmo Lella ma sono io !

Mark T. Sullivan è autore di thriller abbastanza conosciuti come Privat games, L'undicesimo comandamento e, nel 2017, del best seller Beneath a Scarlet Sky, L'ultimo eroe sopravvissuto nella traduzione italiana.
Sullivan, nella prefazione al libro, racconta che nel 2006 era in una situazione così grave da pensare al suicidio schiantandosi contro un pilone dell'autostrada. “Che ci crediate o no, quella sera stessa… udii qualche frammento di un racconto straordinario, mai narrato, sulla seconda guerra mondiale… con protagonista un ragazzo italiano di diciassette anni. Lì per lì mi dissi che quella che mi avevano presentato come la vita di Pino Lella negli ultimi 23 mesi del conflitto non poteva essere vera…”.

Sullivan prese contatto con Pino Lella che “sostenne di non essere un eroe, piuttosto un codardo…”. Poi i due si incontrarono in Italia e rimasero assieme tre settimane in un'antica villa e nelle ore ed ore di intervista Lella “evitava chiaramente alcuni avvenimenti e personaggi e sembrava addirittura di temere di narrare di altri…

Aggiunge Sullivan “…sono stato a tratti costretto a ricostruire scene e dialoghi basandomi unicamente sulla memoria di Pino a distanza di decenni, sulle scarse prove materiali rimaste e sulla mia immaginazione… in alcuni casi ho totalmente rielaborato episodi che mi sono stati descritti in forma ben più laconica.”

Una prefazione onesta che ben si addice ad un romanzo che, come tale, può prendere spunto da episodi avvenuti, completandoli, modificandoli ed attribuendoli ad una singola persone sulla base della fantasia creativa dell'autore.

Ma la frase finale della prefazione modifica questa impostazione ed afferma che trattasi di “un romanzo storico-biografico, conforme a ciò che accadde a Pino Lella tra il giugno del 1943 e il maggio del 1945.”

Ed in tutte le interviste e le presentazioni del libro permane questa impostazione di spacciare per vere tutte le incredibili, assurde ed in massima parte inventate avventure di Pino Lella “L'eroe sconosciuto”, e Lella si è adeguato di buon grado a questa incensazione.

***

Il romanzo si divide in cinque parti.
La prima di quattro capitoli è un prologo che racconta di Pino Lella, rampollo diciassettenne di un'agiata famiglia di commercianti del quadrilatero della moda di Milano, che vive la sua vita, si innamora, incontra e parla con il cardinal Schuster ed è coinvolto in uno dei primi bombardamenti di Milano.

La seconda, di otto capitoli, racconta il soggiorno di Pino Lella e di suo fratello Mimmo da don Luigi Re alla Casa Alpina di Motta, da fine settembre 1943 a metà giugno 1944, ed è su questo periodo che mi soffermo in quanto io sono stato davvero presente a Motta proprio da fine settembre 1943 alla Liberazione.
In realtà i fratelli Lella alla Casa Alpina non ci sono proprio stati: non li ho mai visti, né compaiono nelle numerose fotografie in mio possesso; di Pino Lella viene esibita una sola fotografia, di fatto non scattata a Motta.

La Casa Alpina è quella della seconda foto. Durante la guerra non era ancora stata costruita la parte più alta dietro

Nelle sue conferenze di presentazione del libro, Sullivan oltre a questa proietta alcune immagini tratte da due miei articoli su Arengario, il primo del maggio 2003 ed il secondo del gennaio 2008, articoli da cui sono riprese numerose informazioni su don Luigi Re e la sua Casa Alpina.
Ma a questo si aggiunge un vero e proprio falso in quanto una mia fotografia viene spacciata come un'immagine di Mimmo Lella, come documentato nelle foto di apertura.

Anche questa foto è tratta da uno dei miei citati articoli e, come si vede, eravamo proprio pochi (qualcuno però non compare nella foto).
Io sono quello in fondo nell'angolo.

La descrizione della vita alla Casa Alpina presenta numerose incongruenze.
- Si parla di una quarantina di ragazzi residenti mentre eravamo soltanto una decina.
- Pino faceva la doccia calda ma, a quei tempi, per avere un po' di acqua calda la si doveva riscaldare in un pentolone sul fuoco.
- Cuoco non era il signor Bormio (nel libro non vengono mai usati pseudonimi) che preparava piatti sopraffini, ma il signor Magri, parente di don Luigi, ed il menu era davvero misero: mangiavamo risotto praticamente tutti i giorni in quanto alla Casa Alpina ce n'era una gran scorta.
- “La cappella veniva usata raramente all'infuori di un breve ufficio domenicale…” è scritto, al contrario andavamo a messa nella cappella tutte le mattine, e tutte le sere c'erano rosario e benedizione.
- Come racconto in uno dei miei articoli citati, sono venuti un paio di volte a Motta i partigiani di Tiberio, con il fratello Caio, naturalmente, ed il commissario politico Pioppo, Giovanni Pirelli, ma questo lo abbiamo saputo dopo la guerra. Noi ragazzi abbiamo imparato da loro Fischia il vento e La Guardia rossa ed abbiamo anche giocato assieme una partita di calcio.
Ma Pino, nella storia raccontata da Sullivan, non li ha visti.
Invece racconta di banditi, criminali comuni che si spacciavano per partigiani, che compivano razzie e che avrebbero anche lasciato in un prato di Madesimo una bomba trappola, esplosa davanti ai suoi occhi straziando ed uccidendo un bambino, da lui preso in braccio morente, e ferendone gravemente altri due. L'episodio è purtroppo vero ma non si è mai accertato se quella, che con tutta probabilità era una bomba a mano, fosse stata raccolta in quel posto o trovata chissà dove dai bimbi.

Di gite, fatte in realtà per far espatriare alcuni ebrei, ce n'è stata qualcuna subito dopo l'otto settembre, come anch'io racconto, non certamente centinaia di persone e, ovviamente, non guidate da un Pino diciassettenne e da Mimmo di un paio d'anni più giovane, che a Motta non c'erano…

Mark Sullivan è un bravo scrittore, Pino Lella un ottimo sciatore ed è giusto che nella “vera storia” della sua vita questo compaia. Ed allora, raccontando dell'accompagnamento in salvo di una famiglia di quattro persone e di una violinista, dopo venticinque pagine (pp. 102-126) di ascensione in cui succede tutto, ma proprio tutto: dalla tormenta alla caduta nel vuoto di Mimmo, alla valanga che li seppellisce in una capanna in cui si erano rifugiati, cos'altro accade?
Arrivati in cima, in vista della Val di Lei e della Svizzera, quando però c'erano ancora cinque chilometri da percorrere in discesa nella neve e la violinista, che era incinta, non ce la faceva proprio più, Pino calza gli sci, la prende in groppa e, senza nemmeno reggerla per le gambe, con lo stradivario nella sua custodia tenuta a due mani davanti a se, a cinquanta e passa chilometri all'ora, vola in basso ed arriva esattamente al confine…
La violinista come ringraziamento suona una meravigliosa melodia e Pino "si fermò in cima al lago ad ascoltare il lontano crescendo",
Davvero poetico, peccato che la diga che ha formato il lago sia stata costruita dopo la guerra ma, soprattutto, che la Val di Lei fosse Italia e non Svizzera ! Per arrivare in Svizzera si sarebbe dovuto risalire l'altro versante della valle con circa 500 metri di dislivello.

La Val di Lei è Italia

Di tutte le rocambolesche vicende seguenti narrate nel libro non ho conoscenza diretta e mi limiterò quindi a qualche notazione.
- A maggio 1944 Pino fu chiamato urgentemente a Milano dalla famiglia in quanto il 1º giugno, compiuti i 18 anni, sarebbe stato arruolato nelle truppe di Salò e, chiarì il padre torcendosi le mani, "I tedeschi stanno mandando tutte le reclute italiane sul fronte russo. Saresti carne da cannone, Pino. Moriresti..."
"Seconda alternativa - disse lo zio - qualcuno di mia conoscenza può farti assegnare a un'ala dell'esercito tedesco chiamata Organizzazione Todt. Lì non combattono, costruiscono…” (pp. 148-149).
E l'eroe Pino Lella, raccomandato, venne arruolato ed indossò la divisa nazista.
Padre e zio di Pino, ed anche Mark T. Sullivan, evidentemente non sapevano che la tragica ritirata di Russia si era conclusa il 31 gennaio 1943 con la battaglia di Nikolajewka.
- In agosto, quasi casualmente, fu scelto come autista dal generale Hans Leyer, plenipotenziario in Italia del ministro all'Armamento e alla Produzione Bellica, seconda autorità tedesca in Italia dopo il feldmaresciallo Kesselring. Il libro racconta che, su sollecitazione dello zio, diventò spia per la Resistenza italiana.
- Quello che si può rilevare è che nulla risulta di questa attività negli archivi dell'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) come nulla risulta per il fratello Mimmo, secondo il libro entrato ancor prima nella Resistenza.

Franco Isman


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  8 ottobre 2019