"Sogno di una sera di mezzo autunno"

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Sogno di una sera di mezzo autunno
Umberto De Pace

  

Scorrendo pigramente i canali tivvù mi soffermo brevemente su LA7 dove è in corso un dibattito sulle pensioni. Da molti anni non seguo più alcun tipo di talk show e l'istinto è quello di proseguire nello zapping alla ricerca di qualcosa di più ameno, la serata è oramai inoltrata. Stranamente il dito non prosegue l'usuale scalata dei tasti sul telecomando suppongo inibito da qualche neurone colpito non solo dall'argomento, quanto dalla numerosa, variegata e colorita squadra di personaggi presenti. Il ritrovato conduttore Giovanni Floris con lo stesso sorriso e simpatia con il quale lo lasciai una ventina di anni fa, l'austero economista Carlo Cottarelli e la sua collega Elsa Fornero sempre sofferta, l'istrionico professore ordinario di diritto tributario Raffaello Lupi, la puntuale giornalista Rai Ilaria Sotis, la giovane quanto risoluta militante di Potere al Popolo Marta Collot, il bonario sacerdote in pensione Don Pietro Sigurani.
Di ognuno ascolto le testimonianze, una prima e una seconda volta. Con lo scorrere del tempo il dito, sempre pronto sul telecomando, sentiva venir meno la determinazione dell'ultimo neurone rimasto vigile, il quale percepiva che qualcosa non andava in quel dibattito. Da una parte la razionalità dei professori ed esperti, studi e dati alla mano, a sostenere che il sistema pensionistico non è sostenibile, che si deve creare reddito, che necessita l'allungamento della vita lavorativa, che le pensioni d'oro non ci sono più e l'idea dei diritti acquisiti deve andare in soffitta. Aggiungendo, Cottarelli, che se anche si ipotizzasse una situazione migliore dell'attuale il sistema comunque non starebbe in piedi. Dall'altra le voci sul campo tratte dalla cronaca, dalla militanza politica, dalla giovane o tarda età, testimoniavano i disagi, le storture, le ingiustizie, le difficoltà della vita di tutti i giorni che ben conosciamo ed è inutile qui riepilogare. E quindi?
Approfittandone di quel punto di domanda sospeso, di quell'attimo di incertezza, la forza bruta prevalse sull'intelletto. Il dito calò sul pulsante numero otto, poi sul nove e così via.

  

Il neurone non si diede per vinto e trascinò con sé nei meandri della mente un bisogno insoddisfatto, un desiderio represso che accompagnò nel sogno il riposo della notte, trascinandosi desto e pungente il giorno successivo fino a quietarsi giunto al compromesso, offertogli dalla tecnologia digitale, di riprendere in streaming quella stessa sera il programma interrotto. E così fu. Superate le non poche difficoltà di collegamento riprendo la trasmissione scoprendo che il dibattito tanto agognato segue un altro argomento su non ricordo cosa. Poco male, parto dall'inizio di quanto di mio interesse e riascolto, prendendo qualche appunto. Più si avvicinava il termine di quanto già visto più cresceva in me il desiderio e la curiosità di riempire quel vuoto lasciatomi la sera prima, tant'è che resistetti alle chiamate a tavola per la cena, determinato a giungere quanto meno alla conclusione di quella prima parte. A tavola condivisi con i miei cari il tema della trasmissione, le mie perplessità e dubbi e le aspettative su quanto mi aspettava ancora da vedere. Poco dopo riavviato il programma, un brevissimo filmato sempre sul tema quindi un subitaneo cambio di argomento e di ospiti.

Convinto di avere combinato qualche guaio con il telecomando, spengo e riaccendo, riavvio il programma, ricerco nuovamente il punto a cui ero giunto per scoprire che il dibattito era finito essendo uno spezzone all'interno di un talk show costituito da vari temi proposti uno di seguito all'altro nel corso della serata. Al di là della mia personale insoddisfazione per il programma interruptus la domanda era: ma che senso ha affrontare un tema di questa importanza in questo modo? Qual è il fine di programmare un dibattito di pochi minuti con 6 (diconsi sei) persone costrette a poche battute, accompagnate da tabelle, grafici e filmati? Per giungere dove o aggiungere cosa? A nulla dal punto di vista dell'approfondimento, a meno di nulla dal punto di vista del confronto di idee, a poco più di zero quale punto di informazione, a un vuoto ancora più profondo nella già preoccupante incapacità di dare risposte credibili a una crisi profonda della nostra democrazia che proprio dal confronto di idee, analisi e proposte dovrebbe ripartire. Pollice e neurone a quel punto non ebbero dubbio alcuno concentrandosi con inesorabile determinazione sul tasto rosso del telecomando, ponendo fine a quel sogno di una sera di mezzo autunno infranto dalla banalità della TV digitale.

Umberto De Pace


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  3 novembre 2021