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serpotta: la fortezza


Giacomo Serpotta a Palermo
a cura di Primo Casalini


serpotta: l'umiltà
serpotta: la carità
L'arte dello stucco parte da una miscela di calce e di gesso, che viene disposta e modellata su intelaiature di legno e fili metallici, e sottoposta infine al procedimento di "allustratura" (inventato proprio dal Serpotta). A dirla così, sembra un'arte da pupari. Ma se si va a Palermo e si gira nelle tante chiese ed oratori in cui Giacomo Serpotta (1656-1732) ha operato fra '600 e '700 ci si accorge che non c'è nulla di più squisito e raffinato, nella apparente improvvisazione popolaresca. Con tocchi anche curiosi: firmava con una lucertola ("serpuzza") o con una conchiglia (simbolo di S.Giacomo). Negli oratori si creavano delle nicchie prospettiche per i suoi stucchi, e queste nicchie le chiamavano "teatrini". Quindi il Serpotta era libero di assegnare lui la struttura dello spazio interno, di esserne il regista. Più l'oratorio era semplice, disadorno, spoglio architettonicamente, più il Serpotta poteva sbizzarrirsi costruendone lui una architettura vivacissima, in cui dominava il bianco delle statue, ma nelle decorazioni si inserivano dorature, spesso sorprendenti, con i motivi più inattesi. Ed è l'illusione che dà un perfetto spettacolo teatrale: la naturalezza, l'improvvisazione, la vita. L'immagine della Fortezza (Oratorio del Rosario in San Domenico 1710-17), quelle della Carità e della Ospitalità (Oratorio di San Lorenzo 1699-1706) e quella della Umiltà (Chiesa di San Francesco d'Assisi 1723) danno appunto l'impressione di uno spettacolo in cui si incontrino aristocratiche e popolane, tutte perfettamente in parte. Ma il lavoro doveva essere tecnicamente ben pianificato e molto accurato nella esecuzione, esposto com'era al rischio dell'errore irreparabile, proprio come nell'Arlecchino servitore di due padroni di Strehler o in un melodramma regolato come un orologio. Difatti Giulio Carlo Argan osserva: "i personaggi del Serpotta, come gli attori del teatro, non hanno esistenza fuori della prospettiva e della luce della scena, del gesto che accennano, della frase che silenziosamente pronunciano, del costume che indossano, della parte che recitano", ed aggiunge che è "il più felice improvvisatore della scultura del Settecento". E' un po' un piano inclinato, questo, perché si può perdere di vista l'intento devoto delle opere del Serpotta e dei suoi committenti. Il modello era palesemente "alto": le grandi opere romane del Bernini, conosciute tramite incisioni e stampe.

serpotta: l'ospitalità

Si cimentò anche nella grande scultura, con la Statua equestre di Carlo II, un monumento che a Messina esaltava il dominio spagnolo, dopo la fallita rivolta della città nel 1674. Questa statua andò distrutta nei moti del 1848, e ce ne rimane un bozzetto nel Museo di Trapani; è senz'altro pregevole, ma osservandolo si comprende che il Serpotta fece bene a tornare alle opere in stucco, perché gli consentivano una maggiore libertà sia ideativa che esecutiva, senza rischi di accademismi. Pur nella comprensione intelligente della grande statuaria seicentesca del Bernini, Giacomo Serpotta era attento ai tempi nuovi: anticipa i grandi modellatori della porcellana europea del '700, il cui universale successo inizierà solo nel secondo decennio del secolo. Ebbe anche la fortuna che in città ci fossero numerose e facoltose congregazioni laiche e religiose, e che fra queste ci fosse una vivace competizione: Domenicani, Gesuiti, Teatini. La stessa cosa fra le grandi famiglie aristocratiche: Filangeri, Lanza di Trabia, Gravina. I lontani eredi del Serpotta, ancora nella prima metà dell'800, continuavano ad usare la sua griffe per prodotti ormai solo artigianali. In fondo ha ragione chi parla di Giacomo Serpotta come una meteora, un fatto isolato, sia pure durato per alcuni decenni fra Seicento e Settecento; era un equilibrio difficile, da cui era possibile cadere nella ripetitività leziosa e nella goffaggine spacciata per eleganza.
Consiglio la visita del sito Giacomo Serpotta, che mi è stato assai utile ed è gradevole e ben documentato. E' stato realizzato a Palermo come tesi di specializzazione alla Facoltà di Architettura.


la lucertola come firma




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  22 novembre 2003 agg. 27.08.2004