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volta della camera


La Camera di San Paolo
a cura di Primo Casalini


putti
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La Camera di San Paolo a Parma è da molto tempo ben nota anche al di fuori della cerchia degli specialisti, ma non è stato sempre così. Anzitutto non esiste alcun documento d'epoca riguardo gli affreschi del Correggio, pur dopo tutte le ricerche d'archivio fatte per decenni: mancano contratti, pagamenti, lettere, giudizi culturali ed artistici. Inoltre nel 1524, quindi poco tempo dopo l'esecuzione degli affreschi, databili al 1518-19, la Camera divenne inaccessibile, perché al monastero a cui apparteneva fu applicata una rigida clausura. La Camera riemerse nella seconda metà del '700, col Mengs e l'Affò, e sono cominciate allora le ricerche storiche ed artistiche corredate delle inevitabili polemiche; solo su un punto non c'è mai stata discussione: che gli affreschi fossero del Correggio. E' quasi un miracolo che nei duecentocinquanta anni di sparizione nessuno abbia pensato, nel convento di clausura, di scialbare gli affreschi, che sono fra l'altro assolutamente profani. Forse perché a Parma al Correggio si dovevano gli affreschi delle cupole di San Giovanni e del Duomo, forse perché la loro bellezza è stata la miglior difesa. Questa assenza di notizie, questa sparizione plurisecolare, ha lasciato spazio a ipotesi e congetture critiche di ogni tipo. Cerco di attenermi ai pochi dati certi, perché permettono di arrivare ad alcune conclusioni fondate.

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Anzitutto: chi era, il Correggio? Non è una domanda retorica, perché anche per quanto riguarda la vita del Correggio abbiamo pochi documenti. Lo stesso Vasari, che non parla della Camera, racconta informazioni di seconda mano, probabilmente avute da Girolamo da Carpi. Sbizzarrirsi, come è stato fatto di frequente, nell'ipotizzare uno strano personaggio, provinciale ma con una vita segreta, una specie di sublime naif, vuol dire non far parlare le opere, che dicono molto di più dei miti costruiti al tempo del romanticismo ed anche prima. Antonio Allegri, detto poi il Correggio, restò sempre molto legato al suo paese, ancor più che a Parma, in cui abitò, ma solo per breve tempo. Era capace di guardarsi intorno, e di scegliere i suoi maestri: a Mantova il Mantegna e Lorenzo Costa, a Milano Leonardo, a Ferrara Dosso ed il Garofalo, a Piacenza la Madonna Sistina di Raffaello (che ora è a Dresda). Nelle opere precedenti la Camera di San Paolo queste ascendenze si vedono tutte: ad esempio, nella Pinacoteca di Brera ci sono due notevoli opere (una Natività ed una Adorazione dei magi) della fase giovanile del Correggio, che era presumibilmente nato attorno al 1489. Ma riusciva a conciliare questa apertura, questa disponibilità, con una grande capacità di crescita personale, coerentemente sua. Grande è la differenza fra le opere: quelle giovanili (e le due di Brera già sono assai diverse fra di loro) e poi la Camera, la cupola di San Giovanni, la cupola del Duomo e gli Amori di Giove degli ultimi anni, fatti per Francesco II Gonzaga che li voleva donare a Carlo V, e che per Bernard Berenson sono i suoi più grandi capolavori.

le tre grazie

Quindi, un artista tutt'altro che svagato, ma critico ed autocritico; sceglieva il nuovo quando ne era convinto e l'aveva fatto suo. Lo confermano due aspetti: che ben poche opere sono controverse come attribuzione, e che, pur in assenza di documenti, è possibile determinare la datazione relativa delle sue opere, il prima ed il poi. Dai documenti si trae che era attento al fatto suo: dopo le grandi commissioni, compra case e terre attorno a Correggio; si sposa con la sedicenne Girolama nel 1519, e nel 1524 gli arriva la dote, quasi contestualmente alla nascita del primo figlio (che saranno quattro, e Girolama morrà nel 1529); ha un litigio di otto anni con i cugini per una donazione che gli aveva fatto uno zio materno, è evidentemente in ottimi rapporti con la piccola corte di Correggio, con Veronica Gambara in particolare, che di lui scriverà nel 1528 ad Isabella d'Este: “…ha espresso tutto il sublime dell'arte di cui è gran maestro”. Sveglio, e capace di farsi la propria strada, scegliendo le commissioni che gli permettevano di farsi conoscere, sempre restando legato a Correggio. Che il Ramazzini scriva di lui “melancholicus seu stupidus” suona strano, visto che si firmava come “Antonius Laetus” e che chiamò Letizia una delle sue figlie.

giunone castigata

A Parma, nel monastero delle benedettine di San Paolo, si trova di fronte un personaggio come la badessa (dal 1507) Giovanna da Piacenza, che ha il suo appartamento privato nel monastero ed un suo circolo umanistico, generalmente in polemica con la struttura ecclesiastica: difatti, la clausura interverrà solo dopo la morte di Giovanna, nel 1524.
La Camera è quasi cubica, cm 645 x 697 x 655, ma la volta è fatta come un ombrello a sedici spicchi piuttosto concavi. Il Correggio, nella chiave di volta, inserisce lo stemma della badessa, con le tre lune falcate; lungo i costoloni degli spicchi dipinge delle canne di bambù, vimini e della verzura all'interno degli spicchi , attorno ad oculi aperti verso il cielo; negli oculi appaiono dei putti giocosi, anche dei cani e degli arnesi venatori.
diana sul carro Gli spicchi infine si raccordano a lunette monocrome, con soggetti antichi. Sotto le lunette, capitelli, teste d'ariete in trompe l'oeil da cui partono dei drappi che contengono piatti, brocche, perfino una scure. A scriverne, sembra una gran confusione, ma quando si osserva la decorazione, l'impressione è di una felice naturalezza nei passaggi, e la complessità è abilmente mascherata. Basta guardare la camera a fianco, affrescata dall'Araldi quattro anni prima, per accorgersi della differenza.

Per tanto tempo non ci si è posti il problema di cosa significasse la rappresentazione. Ma una così ferma organizzazione degli spazi era stata costruita su un programma preciso. Persino il Longhi scrisse “delicata ecloga venatoria: la caccia di Diana” e “coronamento monumentale secondo il gusto archeologico-numismatico della tradizione mantovana-mantegnesca”. Come se il Correggio di fronte alla badessa Giovanna, che è rappresentata come Diana sopra il camino (il nesso Diana-verginità è evidente), si contentasse di trovare qua e là qualche motivo grazioso e sorprendente. I motti scolpiti, che compaiono sul camino e nella stanza avrebbero dovuto mettere sull'avviso: “IGNEM NE GLADIO FODIAS”, “SVA QVIQUE MIHI MEA”, “IOVIS OMNIA PLENA”, “SIC ERAT IN FATIS”, “OMNIA VIRTVTI PERVIA”, e, nella camera dell'Araldi, “TRANSIVIMVS PER IGNEM ET AQVAM”. Motti orgogliosi e coraggiosi. Finché Erwin Panofsky, in una splendida ricerca iconologica, ha mostrato che c'è un programma simile a quello della Stanza della Segnatura di Raffaello: lo speculum morale (le virtù della badessa), lo speculum naturale (i quattro elementi), lo speculum doctrinale (la divinità).
Solo allora ci si accorge che la capacità di organizzare questo spazio difficile è per il Correggio anche la capacità di esprimere armoniosamente il programma di Giovanna e del suo circolo, che evidentemente trovavano nella rappresentazione le ragioni del loro stare insieme. E la meraviglia è che, dopo avere imparato tutto questo, è possibile ammirare il pergolato aperto sul cielo con la piena consapevolezza che dà il contatto diretto con la natura.

il giorno (part)

Anni fa, alla domenica l'ingresso ai musei nazionali era gratuito. In compenso, i visitatori erano molto meno di adesso. A Parma abitavo a duecento metri dalla Pilotta, in cui c'è la Galleria Nazionale con diversi quadri del Correggio. Lì andavo prima di pranzo, e mi fermavo davanti al Giorno lodatissimo dal Vasari, che è poi la Madonna ed il bambino con San Gerolamo, Santa Maria Maddalena ed un angelo. Donna Briseide Colla, che l'aveva ordinato nel 1523, ne fu talmente soddisfatta da fornire al Correggio “due carra di fascine, alcune staia di frumento ed un maiale” oltre al prezzo di quattrocento lire imperiali. Poi, se desideravo vedere anche la Camera di San Paolo, che è fuori dalla Pilotta, ma molto vicina, quasi sempre mi accompagnava un custode: era chiusa, in attesa che qualcuno chiedesse di vederla. Le cose sono un po' cambiate: nel 2003 la Camera di San Paolo ha avuto 83.480 visite. Numero piuttosto alto, che si spiega ricordando che in quell'anno c'è stata la grande mostra del Parmigianino, con 272.166 visite: già che erano a Parma, molti visitatori hanno scelto di vedere anche il Correggio. Difatti, nel 2002, i visitatori della Camera di San Paolo erano stati solo 14.513. Vedremo che succede nel 2004. Buone informazioni si possono trovare nel Sito dei Beni Culturali curato dalla Sovrintendenza di Parma.


veduta d'insieme della camera



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  3 aprile 2004