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il teatro di epidaurus


Epidaurus
7 luglio 2003
a cura di Manuela Faccani



Se esiste la perfezione a questo mondo, il teatro di Epidauro è qualcosa di perfetto. Vi si arriva per sentieri e scalette nascosti da una fitta vegetazione. Qui la Grecia ricorda davvero Arcadia, con i boschetti di gelsi e di mirto, i cipressi scuri, le fonti che zampillano. Non ci sono fiori, solo verde su sfondo di verdi. E già ben introdotto da questa atmosfera un poco oleografica, appare il teatro in tutto il suo splendore.
Appoggiato all'incavo accogliente di una collina, come sul seno di una madre, grandioso eppure raccolto, un emiciclo perfetto, che sembra nato dalla collina stessa, elemento essenziale del paesaggio. Là doveva essere, e non poteva essere in altro luogo. La coloritura rosata contrasta con la corona di alberi che gli fan ombra, in alto; le gradinate sono trapezi che si uniscono nella elegante armonia del semicerchio.
Là si recitavano - si recitano tuttora – le antiche tragedie. Lì avveniva la catarsi e il pubblico poteva – può – uscirne liberato e purificato, perché le maschere hanno preso su di sé, e reso coscienti, e infine esorcizzato, le angosce più profonde dell'uomo.

il teatro di epidaurus

Stasera si recita Edipo a Colono. Nella cavea (dove ragazzini fanno tintinnare monete sul basamento dell'antico altare a Dioniso, per provare l'acustica – e che l'acustica di questo teatro, frutto d'arte o di uno speciale dono di natura sia la migliore del mondo è fatto risaputo) una scenografia semplicissima aspetta la sera. Solo due porte, una d'entrata e una d'uscita. E' giusto così. La tragedia non ha bisogno di orpelli per esercitare la sua funzione salvifica.
Accanto allo splendore del teatro, che è, tutto sommato, recente, espressione della Grecia potente e colta (IV sec. a.C.), ci sono i resti dell'antichissimo luogo di cura fondato da Asclepio. Il nome di Asclepio si perde nella leggenda, diventato ben presto un dio; più vivida è l'immagine di Ippocrate, suo successore, padre di tutti i medici.
Nel piccolissimo museo una serie di strumenti medici e chirurgici, la cui vista fa venire i brividi; non per la difformità, ma per la sconcertante somiglianza con quelli attuali. Senza bisogno di leggere le etichette, si riconoscono a prima vita bisturi, trapani per i denti, speculum, divaricatori, forcipi.
Attorno lastre di marmo coi ringraziamenti dei pazienti guariti – a metà fra onorario ed ex-voto Una sciocca didascalia recita, in inglese"... credendo che fossero cure e non suggestioni...". Assai presuntuoso chi l'ha scritta.

paesaggio di epidaurus in una foto d'epoca

Qui si curava il corpo, e anche l'anima. L'ambiente sereno, le piscine, i bagni, le palestre, e sì, anche la fede nell'intervento di un dio, anche la parola del medico, quanto predisponevano il corpo alla guarigione e, prima, all'accettazione della cura?
Non suggestione, credo, ma medicina psicosomatica, che assume l'uomo nella sua interezza, soma e psiche, una cosa sola.
Curo i miei malanni con farmaci che hanno del miracoloso (o forse, chissà, sono solo una bustina di zucchero). Ma sotto sotto mi auguro un medico così, che sappia curare la psiche, prima – no, assieme - al soma.
Mi scusino i credenti. Ma penso a cosa potremmo avere oggi, se queste premesse fossero arrivate alle loro piene conseguenze, senza quell'interruzione traumatica che è il stato il Cristianesimo, che nell'esaltazione dell'anima ha ridotto il corpo ad immondo accidente, da negare e flagellare.
E ci sono voluti molti e molti secoli, per ricominciare daccapo, e ancora non si è pienamente ricomposta – nei nostri ospedali ipertecnologici . quell'integrità dell'uomo, che non è "corpo" e "mente", ma una sola, inscindibile cosa.


antichi strumenti chirurgici ad epidaurus



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  14 settembre 2004