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VIENNA
Appunti di un viaggio.
Giacomo Correale Santacroce


Il cameriere italiano.
A un cameriere, davanti a una trattoria, chiedo farfugliando in italo-inglese-tedesco la via dove abitano nostri conoscenti. Mi risponde in italiano. É di Lecce. Gli chiedo: "E' meglio qui o in Italia?". Mi risponde: "In Italia ci torno sempre volentieri, ma io vivo qui dal 1988 e intendo restarci".

Gli ospiti.
Siamo ospiti a cena (piccole tartine assortite, long drink spumante e arancia, sacher casalinga) da un'artista amica di Marisa. Il marito é un fisico e progettista di apparecchiature elettroniche per l'industria, che però ha anche scritto un romanzo. Abitano in una antica casa nel Museum Quarter. Sono cittadini del mondo. Riassumono bene la borghesia colta, creativa e pratica che probabilmente regge questa città.

Vienna.
Una città imperiale é come un diamante: é per sempre. Splendida e grandiosa. Una vecchia nobildonna in perfetta forma e del tutto a suo agio in una società democratica, più egualitaria.


Eterno Biedermeier  o eterna Secessione?
L'Austria é al quarto posto in Europa quanto a PIL pro capite a parità di potere d'acquisto, mentre l'Italia é al tredicesimo posto.  E si vede. Sicuramente vi é anche una maggiore equità rispetto al nostro Paese.
Vienna appare come una città bella ed efficiente, fatta di gente che sa godersi  la vita. Una versione aggiornata e sempre vitale del "vino, donne e canto" dell'era Biedermeier (in italiano: borghese benestante/benpensante)   Una grande varietà di caffè e ristoranti, teatri e sale di concerto sempre pieni.
Ma la sua storia, oltre che imperiale e gaudente, é una storia di grandi artisti, musicisti, scrittori, scienziati. Gustav Klimt, della cui nascita ricorre il 150 esimo anniversario, imperversa ovunque come simbolo della creatività viennese.
Si potrebbe pensare che la città goda sì di un benessere economico, ma viva di rendita sul suo passato. Ma non é così, perché la sua posizione geografica rimane strategica: è un crogiolo sempre acceso tra occidente ed oriente.


Binari e monopattini.
Vienna è piena di binari, sopra e sotto il livello stradale. Dall'aeroporto alla città si arriva con una corsa in treno, costo due euro. (Perché da noi, invece di pensare a una costosa e devastante pedemontana autostradale, non si riattiva la già esistente pedemontana ferroviaria tra Bergamo e Biella, passante per Malpensa?).
A Vienna, come in tante città europee, i marciapiedi sono adeguati al transito di pedoni e ciclisti. non solo: è diffuso l'uso di pattini e monopattini, anche da parte degli adulti.


Il Belvedere.
La visita del Belvedere mi ha fatto riabilitare la dinastia dei Savoia, piuttosto appannata dalle ultime vicende storiche.
Il palazzo fu realizzato da Eugenio di Savoia, e insieme ai suoi vasti giardini all'italiana, con fontane, statue e prospettive di grande respiro, compete con la residenza estiva asburgica di Schönbrunn.
Eugenio fu un grande condottiero, sconfisse Luigi XIV (il Re Sole) che pretendeva di assoggettare il Regno di Savoia, e con uno storico "arrivano i nostri" contribuì a rompere l'assedio di Vienna da parte dei Turchi e a ricacciarli definitivamente.
Ma il Belvedere fa capire l'ampiezza di visione anche culturale di chi l'ha voluto. Nell'Hofburg (la reggia degli Asburgo) è conservata tra l'altro la biblioteca di Eugenio, che annovera ben 15 mila libri.
En passant: si chiama Belvedere perché offriva una vista splendida sulla città. Oggi questa vista, con l'urbanizzazione, é un po' meno splendida. Viene in mente un po' l'Ochan  in fondo al Vialone Reale di Monza.


Schönbrunn e la Villa Reale di Monza.
Chi ha a cuore  la Villa e il Parco di Monza, fa spesso riferimento al Castello di Schönbrunn. Nulla di più sbagliato. Hanno un solo elemento in comune, peraltro fondamentale e troppo spesso dimenticato: gli Asburgo.
La grandiosità, il prestigio, la ricchezza  e la perfetta conservazione del Castello e del Parco di Schönbrunn  non consentono confronti. La "Imperial Regia" Villa e Parco di Monza, asburgica prima, poi napoleonica, infine sabauda, ha una storia più modesta, per non parlare dell'indecente stato di trascuratezza. Eppure, ha anch'essa una sua valenza importante, dimenticata: é un luogo di congiunzione tra l'idea dell'Impero e quella dell'Italia. Proprio nel senso della definizione dantesca del nostro Paese come "giardin dello imperio".
Anche architettonicamente, Schönbrunn e la Villa di Monza sono molto diversi. Non solo perché il primo é un monumento barocco, e la seconda é neoclassica. Ma anche perché, al di là dei diversi periodi storici, mentre Schönbrunn é espressione di una cultura  basata sulla  "meraviglia" (dal barocco al liberty!),  il capolavoro del Piermarini si iscrive nella tradizione classica italiana della faticosa ricerca della eleganza, della semplicità. E per i parchi annessi alle due ville vale grosso modo  la stessa cosa.
D'altra parte, ricollegare il monumento monzese al periodo sabaudo significa svilirlo: la Casa Savoia si è rivelata una matrigna per la Villa di Monza, consentendo che se ne facesse scempio insieme al Parco ed escludendola dal complesso delle residenze sabaude, inserite dall'Unesco nel novero dei monumenti considerati Patrimonio dell'Umanità.
Quindi, più che scimmiottare in modo inesorabilmente perdente Schoenbrunn (o peggio Versailles), o attribuirla in toto e in modo errato alla parziale e infelice vicenda sabauda, Monza dovrebbe ricollegare la “Imperial Regia Villa e Parco” alla Corona Ferrea di cui é la fortunata depositaria, e alla “impresa” del suo stemma: “Modoetia Magni est Sedes Italiae Regni”.
Del resto, Monza non ha una tradizione comunale, ma imperiale. Peccato che i suoi abitanti l'abbiano vissuta e la vivano più da sudditi che da protagonisti.

Giacomo Correale Santacroce