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Amare le domande
Quello che Martini più mi lascia.

Carlo Borghetti
September 01, 2012 3:55 PM


cardinale Martini

"Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e cerca di amare le domande, che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera. Non cercare ora le risposte che possono esserti date poiché non saresti capace di convivere con esse".

Con queste parole lo scrittore Rainer Maria Rilke cent'anni fa parlava dell'eterno dilemma dell'uomo di fronte alle domande irrisolte della vita, e della sua vita. Amare le domande...
...
Se penso a tutto ciò che ci ha lasciato -che mi ha lasciato- il Cardinal Martini, una delle persone che più hanno segnato la mia crescita, ciò che più sento importante è il MODO con cui ci ha sempre parlato della Verità: senza presentarla come una ricetta preconfezionata. "Dirò di più -scrisse-: neppure Gesù possedeva ricette". Martini ci ha insegnato a porci delle domande, ci ha insegnato (avendolo lui stesso provato per una vita) il gusto e la fatica della RICERCA della verità, a partire -per chi crede- dall'ascolto e dalla meditazione della Parola biblica. Non c'è una risposta certa e pronta a ogni quesito, diversamente da quanto un po' ci hanno insegnato ai tempi del catechismo in Oratorio. E tantomeno vi sono risposte pronte oggi, in un mondo sempre più complesso e sempre più in crisi.

Martini ci ha spronato al discernimento spiegando che in ciascuno di noi alberga un credente e un non-credente, che si interrogano a vicenda, arrivando persino a dire che nell'uomo credente convivono l'apostolo Giovanni (adorante) e l'apostolo Giuda (traditore). E così, nel tempo del suo ministero pastorale, ci ha fatto sentire una Chiesa più compagna che docente, capace più di ascolto e di dialogo che di giudizio. E così, sono convinto, ci ha aiutato ad avvicinarci di più alla Verità.

E intanto ci invitava a farci prossimo, senza dimenticare la dimensione contemplativa della vita, unendo le Marta e Maria dell'evangelo. Intanto ci invitava all'impegno socio-politico con lo stile del servizio e della competenza. Intanto ci invitava a scoprire quale bellezza salverà il mondo, seguendo itinerari educativi lineari ma esigenti. Intanto, nella storica Assemblea di Sichem, ci invitava a decidere chi servire...

Grazie, caro nostro Cardinale. A noi ora preservare qualche granello del tanto sale che ci hai profuso.

Carlo Borghetti



Giuseppe Poliani
September 01, 2012 3:10 PM

“Io temo che i cristiani che stanno sulla terra con un solo piede, staranno con un solo piede anche in paradiso”
(12 agosto 1943)
(D. Bonhoeffer: Resistenza e resa. Ed. S. Paolo s.r.l., 1988)


Le nostre azioni ci seguono” diceva Paolo VI.
Ora il Cardinale C. M. Martini è in paradiso, con due piedi, come ha vissuto sulla terra con due piedi e vicino a tutti, dissolvendo quella artificiosa e strumentale distinzione fra credenti e non credenti e mostrandoci il tesoro di umanità che Dio ha posto in ciascuno di noi e che è il germe di ogni religione.

Giuseppe Poliani



Giacomo Correale Santacroce
September 01, 2012 4:46 PM

Carlo,

Hai scritto e ci hai ricordato pensieri straordinari. Grazie!

Giacomo Correale Santacroce



Giuseppe Pizzi
September 01, 2012 11:23 PM

«... ci ha sempre parlato della Verità senza presentarla come una ricetta preconfezionata: "Neppure Gesù possedeva ricette". Martini ci ha insegnato a porci delle domande, ci ha insegnato il gusto e la fatica della ricerca della verità. Non c'è una risposta certa e pronta a ogni quesito, diversamente da quanto un po' ci hanno insegnato ai tempi del catechismo in oratorio ...».
E' il motivo per il quale bigotti, paolotti, atei devoti, CL, Lega, Opus Dei, che la verità credono di possederla, non l'hanno mai amato, talvolta nemmeno sopportato, arrivando a chiederne la destituzione.

Giuseppe Pizzi



Edo Melzi
September 02, 2012 1:52 PM

La scomparsa del cardinal Martini lascia un grande vuoto, non solo nella Chiesa, ma nella società civile nel suo complesso.
Chi negli anni ha imparato a conoscerlo ed amarlo conserva il ricordo di un uomo sorprendente che possedeva la straordinaria abilità di scandagliare il testo biblico ricavandone autentici tesori.
La carica rivoluzionaria dell'uomo e del cardinale è tutta qui: in tempi nei quali vanno di moda le ricette sbrigative o i proclami trionfalistici, i facili slogan o le banalità ostentate come verità assolute, il cardinal Martini insegnava a pensare e a riflettere partendo dalla Bibbia, da parole che chiedono solo di essere interiorizzate e accolte in tutta la loro profondità e ricchezza.
Martini non era mai ripetitivo e appariva sempre originale e stimolante: il professore di critica testuale, che accostava manoscritti e reperti, si era allenato a non dare mai niente per scontato e sapeva ricavare da ogni parola prospettive sempre nuove.
Per questo colpiva anche coloro che non frequentavano e non amavano la Chiesa: avvertivano in lui la passione per uno dei libri più significativi della storia dell'umanità che lui sapeva tradurre in “vita”, sapeva far parlare di “vita”.
Nel cardinale di Milano si realizzava compiutamente la speranza di Paolo VI che vedeva la Chiesa “esperta in umanità.”
Proprio da qui nascevano i grandi sogni e le aperture martiniane: l'ecumenismo, il dialogo interreligioso, la cattedra dei non credenti, la scuola della parola per i giovani, l'attenzione continua a tutte le forme di povertà e di emarginazione.
Carissimo cardinale, ci mancherai, ma ti ritroveremo leggendo i tuoi testi e pensando alle tue scelte audaci e coraggiose.
Speriamo che con te non scompaia un modo umile e coraggioso, audace e innovativo di essere uomini e credenti.
Ma qui il compito e la responsabilità sono tutti nostri.

Edo Melzi



Giovanni Colombo
September 02, 2012 5:30 PM

Oggi il Cardinal Martini ha terminato la sua corsa terrena.  Scompare dai nostri occhi uno dei personaggi principali della vita della chiesa nell' ultimo trentennio, un (quasi) Papa, molto letto, molto ascoltato dai media (anche se non è mai stato, a differenza di Wojtyla, l' uomo delle folle e del gesto).  Se ne va il Gigante,  il principale riferimento religioso, morale, intellettuale della mia giovinezza. L' ho seguito fin dal suo arrivo in diocesi, ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente e di confidarmi con Lui come fosse mio padre. A lungo mi sono vantato di essere un "martiniano", poi ho smesso, visto che lui stesso mi ripeteva: di Maestro ce n'è uno solo!

Martini si è speso fino all'osso per farci conoscere la Parola. "In principio la Parola" è il titolo della sua più intensa lettera pastorale e ben sintetizza il cuore del  suo magistero.  "Leggi la Parola... sottolinea la Parola", quante volte l' ha ripetuto. La Parola che parla di Gesù è Gesù stesso, e come lui incessantemente in moto, senza fine nel movimento di dare tutto di se stessa. Se ascoltata e "ruminata", susciterà in noi le parole giuste per quest' epoca di alto sbandamento, le parole gocciolanti in grado di "rimettere al mondo il mondo".  

Con le sue parole intorno alla Parola, Martini mi ha cambiato Dio. Non più il Dio lombardo, cupo,  controriformista,  il Dio col  vocione che produce l' inflazione del senso di colpa. Ormai Dio è  vento sottile e sua volontà la nostra liberazione: la partenza da tutti i varchi, l' apertura di tutte le gabbie.  Ah, le gabbie... 
In Martini ho visto da vicino la fatica di star dentro le tante costrizioni in cui s' infossa la vita della chiesa cattolica d'Occidente, sia dal punto di vista morale sia dal punto di vista pastorale. Alla fatica si è presto aggiunta (metà degli anni ottanta) anche la viva preoccupazione di non apparire l'anti-Papa, l'anti-Wojtyla,  e di  riuscire a sottrarsi al continuo controllo vaticano. A mio avviso, era in battaglia continua, fuori e dentro di sé, con il marmo di sacra romana chiesa. Da un certo punto in poi il campo di questa battaglia  è diventato il suo stesso corpo, come se il tremolio parkinsoniano non foss'altro che la costante lotta tra la spinta ad essere se stesso e la controspinta a non esserlo, per non disobbedire all' autorità costituita.  Alla fine il controllo estremo ha avuto il sopravvento e il Gigante si è trovato rinchiuso dentro una corazza. Ha dovuto rinunciare alla sua originalità, alla sua "martinità".
 
E' stato bello, sì,  molto bello conoscere e frequentare padre Carlo. E il modo migliore di ricordarlo sarà quello di seguire la strada che lui stesso aveva intravisto dal suo personale monte Nebo e di cui parlò tanti anni fa durante la messia esequiale di uno dei suoi più cari amici, don Luigi Serenthà: "procedere per una più grande scioltezza nella Chiesa, per una più grande libertà di spirito, per una più grande creatività, soltanto in questo modo si manifesta la vitalità della Parola, del mistero pasquale della morte e della risurrezione di Gesù".  Aveva capito assai bene quant' è indispensabile alleggerire e, in tal senso, è riuscito a fare più di quanto lasciasse prevedere la sua estrazione alto borghese, la sua impostazione perfetta e il suo ruolo di "principe della Chiesa". Oggi, finalmente sciolto da pesi obblighi dolori, è giunto "nella pienezza totale  che non è cancellazione delle singole individualità ma affermazione piena dell' individualità di ciascuno in una perfetta armonia in Dio" (citazione dell' Inno all' universo di un altro gesuita, Teilhard de Chardin, che Martini stesso usava per spiegare come sarà in Cielo). Adesso tocca a noi, che restiamo per qualche giorno ancora su questa terra di terra e sassi, non farci frenare dalle  pesantezze del vivere e volteggiare in libertà di spirito sopra ogni pietra tombale. 

Saluti chiari come gli occhi di padre Carlo   
Giovanni