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Le ragioni di un'antipatia 2015 - 4

Giuseppe Pizzi
10-mag-2015 14.59


Eugenio Scalfari

Venerdì, a commento dell'articolo di Franco Isman “Una legge non ancora in vigore. Una legge liberticida” di cui raccomando la lettura, ho inviato a lettere@arengario.net questa mia considerazione:
 
Forse non è neanche il premio di maggioranza l'aspetto più gravemente negativo dell'Italicum. Mi disturba e preoccupa molto di più la sua implicita introduzione del presidenzialismo che vanifica il ruolo del parlamento e umilia il potere di designazione del capo dello Stato. La natura parlamentare della Repubblica viene negata e l'essenza stessa della Costituzione stravolta. Dicono che è comunque meglio del Porcellum, sarà anche vero ma certo non si sono dannati a modificarlo, giusto il minimo sindacale. Insomma, se non è zuppa è pan bagnato. Vedremo che cosa ne dirà la Corte Costituzionale.
 
Il mio commento su Arengario non compare, forse lettere non funziona, forse Franco non l'ha visto, forse gli ha badato solo distrattamente. Ma oggi assume importanza perché lo stesso concetto è diffusamente e autorevolmente sviluppato da Eugenio Scalfari nel suo consueto editoriale della domenica. Dopo una pubblica espressione di personale simpatia nei confronti di Renzi (io mi dissocio, per me neanche quella), ecco come prosegue:
 
Quanto a tutto il resto però il mio dissenso permane e anzi direi che è in fase di ulteriore aumento: sulla legge elettorale, sulla riforma del Senato, sui pericoli d'una tentazione autoritaria che da quelle leggi promana, sulla mancanza di leggi concernenti la creazione di nuovi posti di lavoro e quindi di nuova occupazione, sulla mancanza di contatti con i sindacati dei lavoratori, sulla legge per la riforma della scuola. Infine, essendo lui anche segretario del suo partito, sulla spaccatura del Pd a causa della cancellazione dei valori della sinistra per la tutela dei quali il Pd è nato. Il partito di Renzi è ormai di centro e si propone come tale; aspira a monopolizzare il potere. Marc Lazar, politologo francese e nostro collaboratore, in un articolo di giovedì ha definito queste riforme dello Stato di stampo renziano ma in corso anche in altri Paesi europei, come democrazia esecutiva anziché parlamentare. Perfettamente esatto secondo me. Non c'è un pericolo per la democrazia ma una sua trasformazione da parlamentare ad esecutiva. Il potere esecutivo stabilisce i fini e appronta i mezzi. E in quella parlamentare i fini li stabilivano il Parlamento e il governo possedeva gli strumenti per realizzarli. Ebbene, questa trasformazione a me non piace affatto e debbo dire che non è neppure più una democrazia, a rifletterci bene. Una democrazia esecutiva è un gioco di parole perché demos significa popolo sovrano e come si esprime il popolo sovrano se non con una rappresentanza proporzionale in un Parlamento che non sia una dépendance del potere esecutivo? Molte persone e anche rappresentative di forze politiche e sindacali, stanno pensando di astenersi dal voto o di votare scheda bianca sperando che nel frattempo rinasca una sinistra moderna, cambiata, ma ancora legata ai valori di libertà ed eguaglianza. Spero anch'io che questo avvenga o che Renzi torni sui suoi passi sconsiderati. Altrimenti non saranno i democratici ad abbandonarlo, ma lui ad averli abbandonati. A volte Narciso può giocare pessimi scherzi.        

Giuseppe Pizzi


EVENTUALI COMMENTI
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Toti Iannazzo
11-mag-2015 0.52

Che "la natura parlamentare della Repubblica" venga - se non del tutto negata, come scrive Giuseppe - significativamente ridimensionata dall'Italicum, è possibile. Ma i suoi effetti potranno essere misurati appieno soltanto dopo alcuni anni di sperimentazione. 
E' sorprendente tuttavia che questo problema sia stato agitato - non solo da Giuseppe e da gran parte della sinistra interna del PD - ma anche da "pundit" accreditati e storicamente validati, com'è certamente Eugenio Scalfari, solo a pochi giorni dal voto definitivo alla Camera. Perché il problema non venne sollevato quando, a patto del Nazareno vigente, era in corso al Senato la discussione parlamentare? Perché Scalfari, Polito, e altri autorevoli commentatori aspettarono che la legge arrivasse  addirittura alla vigilia del voto finale alla Camera, per esternare le loro riserve? La sola eccezione - a mia memoria -  fu quella di di Zagrebelsky e dei suoi amici di Libertà e Giustizia, che lo fecero subito durante la discussione in Senato, e con particolare assiduità ed insistenza; ma, malgrado ciò, l'allarme non raccolse grande riscontro né dalla grande stampa né dai "pundit" alla Scalfari. Così che rimase, nella sostanza, del tutto ignorato. E ciò vorrà pur dire qualcosa. 
Chi sa spiegarmi perché la sconfessione del patto del Nazareno - che Berlusconi fece entrando in clamorosa contraddizione con sé stesso - fu considerata, dalla sinistra PD e dagli altri attuali accanitissimi oppositori, come un tappo di champagne saltato che liberava le contestazioni? In poche parole: perché  l'Italicum veniva considerato - se non legittimo - accettabile quando andava bene a Berlusconi, mentre sconvolge "la natura parlamentare della Repubblica" dopo il passo indietro dell'ex cavaliere?

E forse non dovremmo nemmeno strapparci le vesti per il passaggio dalla democrazia parlamentare a quella che Scalfari, sulla scia di Lazar, chiama efficacemente democrazia esecutiva, per il fatto che darebbe al potere esecutivo la prevalenza assoluta in Parlamento. Ciò è possibile che si verifichi se, come molti commentatori ritengono, dopo il prossimo voto il partito vincitore avrà un'opposizione fatta da una pletora di partitini insignificanti, nessuno dei quali avrà la forza di contrastarlo. Il partito vincitore infatti, sarà al loro confronto fortissimo anche a causa del consistente premio di maggioranza. Ma, se tutto andasse come Renzi spera, avremo le prossime elezioni nel 2018, fra tre anni. C'è dunque tutto il tempo perché le minoranze, che penso siano perfettamente in grado di capire l'antifona, sapranno - almeno le più rilevanti tra esse - riunirsi in un partito consistente, capace di reggere la concorrenza del partito vincitore. Del resto lo ha annunciato lo stesso Berlusconi, nell'ultimo discorso, quello della caduta rovinosa, dovuta al rialzo "piazzato dai comunisti". 
Forse ciò, sia pure dopo un periodo di incertezze, potrà portarci al bipartitismo. E sarebbe un bel risultato.

Toti Iannazzo

(Nota a margine: Che Franco sia forse sopraffatto dagli impegni che, per nostra responsabilità, gli cadono sulle spalle, e che perciò gli sia sfuggito il contributo di Giuseppe, è senz'altro possibile. Un altro indizio, che non ho ancora segnalato nella convinzione di un suo (di Franco) intervento anche se tardivo, è che il consueto "fascicolo" entro il quale egli raccoglie gli interventi su un singolo soggetto è - per quel che riguarda "Le ragioni di un'antipatia" - da qualche settimana orfano di parecchi contributi che invece sono apparsi su arengario@domeus.it).



Armando Pioltelli
12-mag-2015 16.34


SALVINI triplica se continuate così avremo un fascista a Palazzo CHIGI.
Basta con il fuoco amico BERTINOTTI e TURIGLIATTO non vi sono bastati?

Armando
uniti si vince
 


Giacomo Correale
12-mag-2015 16.45

Forse è utile, per questo dibattito che seguo e in cui intervengo poco, la lettura di questo articolo di  Ichino (ne avrei potuti citare altri, che condivido, di Parisi che rivendica la discendenza  del PD dall'Ulivo, o del costituzionalista D'Alimonte, padre dell'Italicum, che si augura, come me, un Senato che faccia poche, importantissime cose, senza intralciare il lavoro legislativo della Camera). A Franco Isman,  che mi sembra ci veda  già nell'anticamera della dittatura e del fascismo, dico che non vedo in giro spedizioni punitive di manganellatori, retate di dissidenti, monopolio dell'informazione, prefetti, MVSN, OVRA eccetera. Le leggi elettorali sono sempre imperfette, e vanno collegate alla cultura politica di un paese. Noi non siamo purtroppo britannici, che vantano  una lunga tradizione democratica , ma  ormai siamo anche noi abbastanza vaccinati (avendo superato anche la grave malattia  berlusconiana). Ed ecco l'articolo (scusandomi se cito uno che  per certa sinistra residua è un nemico di classe)

LEZIONE D'INGLESE
CHE COSA I BERSANI, I BRUNETTA, I GRILLO E I SALVINI (E LA NOSTRA CORTE COSTITUZIONALE) DOVREBBERO IMPARARE DALLE ELEZIONI BRITANNICHE
Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 344, 9 maggio 2015.

Dunque: i Tories di David Cameron in Gran Bretagna, con il 36 per cento dei voti e senza alcun ballottaggio si sono presi la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Per converso, il Salvini della situazione, Nigel  Farage, con il 12 per cento dei voti raccolti dal suo UKIP, ha rischiato di rimanere fuori (e tutto sommato si accontenta di essersi conquistato un seggio). In Scozia un solo partito, quello indipendentista, con la metà dei voti si è preso 56 dei 59 seggi in palio. Vi immaginate che cosa avrebbero detto  i nostri Bersani, Brunetta, Grillo, Salvini, e gli illustri opinionisti di Corriere e Repubblica, circa la fine imminente della democrazia, e che cosa potremmo attenderci dalla nostra ineffabile Corte costituzionale, se il Governo Renzi avesse sostenuto e poi ottenuto un sistema elettorale come quello? Eppure quello è il sistema democratico più antico del mondo. Ed è tuttora – a ben vedere – il più democratico del mondo: nel Regno Unito chi vince seggi oggi in misura così larga, alle prossime elezioni può altrettanto rapidamente perderli. Con l'uninominale maggioritario secco sono cose che accadono. Accade poi che il leader del secondo partito, Ed Miliband, che perde ma pur sempre conquistando il 35 per cento dei seggi con il 30 per cento dei voti, si dimetta immediatamente, prima ancora che si sappia chi lo sostituirà. Non senza, però, avere prima telefonato al vincitore per congratularsi. E non gli passa neanche per l'anticamera del cervello di gridare all'”uomo solo al comando”, o al “pericolo autoritario”, se quello ha la pretesa di attuare il programma con cui ha vinto le elezioni senza chiedere il permesso a nessuno.

Tanto per sdrammatizzare.

Giacomo C.S.



Giuseppe Pizzi
12-mag-2015 16.59
 
Toti, ti sono sinceramente grato dell'interesse che dimostri per i miei interventi su Arengario ma altrettanto sinceramente devo dire che concentrare l'attenzione sul momento delle reazioni critiche all'Italicum invece che sulla loro fondatezza a me sembra una manovra diversiva. Faccio anche fatica a capire quel tuo “vorrà pur dire qualcosa” che lascia sospettare chissà quali connivenze.
Per parte mia – dammi pure del conservatore – ho manifestato la mia inveterata passione per il sistema parlamentare rappresentativo fin dai tempi della “indicazione del leader” (copyright Berlusconi), che ritengo lo spunto iniziale di una deriva presidenzialistica che oggi si conclude con l'Italicum.  E subito dopo, quando è arrivato a rinforzo lo slogan “sapere chi ha vinto e chi ha perso la sera stessa delle elezioni” (copyright  Fini, oggi cavallo di battaglia di Renzi), l'ho denunciato come volontà di ostacolare e disconoscere la facoltà degli eletti di dar vita a intese postelettorali e quindi come imposizione surrettizia del vincolo di mandato. Un contributo di rilievo è venuto anche dal “metodo delle primarie” (copyright Prodi), il cui scopo esplicito è la legittimazione popolare diretta delle candidature e delle cariche, e anche sulle primarie non ho certo peccato di reticenza. Per ultima la “vocazione maggioritaria” (copyright Veltroni), in virtù della quale il segretario del PD è necessariamente il candidato premier della coalizione di cui il PD fa parte con l'ovvio corollario che, in caso di successo, non potrà che toccare a lui la guida del governo.
Tutti espedienti che, pur rimanendo elettorali per finalità e natura, hanno effetto costituzionale in quanto tendono a limitare il potere di nomina del Presidente della Repubblica (art. 92) e per conseguenza l'esercizio della fiducia da parte del Parlamento (art. 94), per non parlare della prassi costituzionale, a riguardo per esempio delle consultazioni, dell'incarico o del mandato esplorativo. Insomma, se il popolo, invece di conferire per delega i poteri che gli sono propri ai suoi rappresentanti, li esercita direttamente, ai rappresentanti che cosa rimane da rappresentare?
A questo punto entra però in azione l'eterogenesi dei fini: più si invoca la democrazia diretta meno il popolo dimostra interesse per la democrazia, disertando le urne. Con l'Italicum che, a Senato azzerato e Camera a maggioranza gonfiata da un pieno di nominati rischia di "fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli" (sto esagerando, lo so, ma non mi fido né di Renzi né di chi gli potrebbe succedere), la tendenza astensionistica si accentuerà, particolarmente al secondo turno, nel qual caso varranno per le prossime elezioni le stesse parole pronunciate da Winston Churchill a proposito della battaglia d'Inghilterra: "Mai nell'ambito dei conflitti umani così tanti dovettero così tanto a così pochi”.

Giuseppe Pizzi



Umberto De Pace
12-mag-2015 22.40

Purtroppo il poco tempo a disposizione non mi permette di intervenire nel merito delle complesse questioni da voi affrontate quindi mi limito a comunicarvi che seguo sempre con interesse i vostri dibattiti e che sono più che d'accordo con quanto sostiene Giuseppe.

Umberto De Pace   



Franco Isman
12-mag-2015 23.59


DIBATTITI

Mi è stato rimproverato di aver saltato di inserire in un precedente dibattito sulla Antipatia di Peppo Pizzi (forse la 3) alcuni interventi. Non si tratta di una dimenticanza ma di una scelta, di una censura se volete, in quanto non mi sembra utile il “battibecco” fra due persone.
Uno scrive, l'altro replica, al massimo ci può stare una controreplica ma non mi sembra  funzionale all'economia del dibattito la contro contro controreplica, per cui a un certo punto smetto di inserirle…
In realtà il difetto sta nel manico e cioè nel non essere riuscito a mettere nel sito l'inserimento automatico delle lettere in calce all'articolo cui si riferiscono ed in prima pagina. Avrete notato che da due anni qui campeggia la scritta IN ALLESTIMENTO. Questa funzione si ottiene automaticamente con WordPress e con Joomla, sistemi cui avevo rinunciato (dopo un infelice tentativo) in quanto molto più limitativi nell'impaginazione rispetto al classico HTML. Con lo HTML è molto più difficile, io non ne sono capace e non ho trovato chi lo possa fare. L'inserimento manuale è laborioso, tanto più se avviene in più volte successive, e forse da questo deriva la censura…

Franco Isman



Giuseppe Pizzi
13-mag-2015 0.19


In una risposta (del 17 aprile) a Toti Iannazzo, che Franco Isman non ha riportato su Arengario, ho espresso la mia preferenza proprio per il sistema uninominale maggioritario, che è quanto di più diverso dall'Italicum si possa immaginare e che Renzi, Verdini, Berlusconi, e prima di loro Calderoli con il suo Porcellum, si sono guardati bene dal prendere in considerazione.
Forse Pietro Ichino, oltre a interrogarsi sull'opinione di Bersani, Brunetta, Grillo, Salvini e degli illustri opinionisti di Corriere e Repubblica a proposito del risultato delle elezioni UK, potrebbe anche chiedersi come reagirebbe un suddito di Sua Maestà, in particolare se è un illustre opinionista dell'Economist, del Times o del Guardian, alla prospettiva di andare a votare con un sistema che:
-          consente alla maggioranza relativa dei voti, che altro non è che una minoranza, di godere di un premio che la trasforma in maggioranza assoluta dei seggi;
-          risparmia artificiosamente ai partiti di accordarsi su un compromesso postelettorale, come sarebbe logico nel caso che nessuno di loro conquisti la maggioranza;
-          concede alle segreterie dei partiti la facoltà di imporre in ogni collegio il capolista di loro gradimento, fa niente se è privo di radicamento nel territorio del collegio;
-          permette le cosiddette candidature plurime, vale a dire lo stesso candidato in dieci collegi diversi (vallo a dire agli inglesi che uno può presentarsi, che so, nel Kent e anche nel Surrey, per non dire in una contea scozzese o gallese);
-          privilegia la fedeltà degli eletti al leader piuttosto che all'elettorato del proprio collegio, offrendo così al governo la possibilità di infischiarsene delle promesse elettorali (vedi Renzi che sta attuando il contrario del programma con cui Bersani ha vinto, di un soffio, le elezioni).

Giuseppe Pizzi