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Le ragioni di un'antipatia 2015 - 6

Giuseppe Pizzi
18-giu-2015 23.28


Aula

Prima dell'annunciata chiusura di Domeus, non vorrei perdere l'opportunità di un aggiornamento sulle ragioni della mia antipatia nei confronti di Matteo Renzi.
Per prima cosa tranquillizzo tutti, non è successo nulla che possa mutarla in simpatia, anzi non passa giorno senza che Renzi provveda ad alimentarla di nuovi spunti.

Per limitarci a questa settimana, prendiamo l'intervista di domenica appena scorsa al Corriere, a firma di Maria Teresa Meli. Già la scelta dell'interlocutrice non depone a suo favore, la Meli è così sfacciatamente renziana che Andrea Scanzi in TV è arrivato a chiederle: “Ma tu fai la giornalista o la portavoce di Renzi?” Infatti ne è uscita una zerbinata di due pagine la cui domanda più impertinente è stata: “Non le sembra che sia cambiato il vento nei suoi confronti?” La risposta si è sostanzialmente mantenuta su toni moderati: “Ma no, da quando ci sono io va tutto bene” finché è arrivata la battuta a effetto: “La prima riforma è restituire l'orgoglio agli italiani… sono convinto che il nostro Paese tornerà a guidare l'Europa”. Spacconata tipica del personaggio, che appena può si cala nel ruolo di De Gaulle, però a livello europeo.
Ma quando mai l'Italia ha guidato l'Europa? Forse Renzi allude alle legioni di Giulio Cesare o, da fiorentino, alle finanze di Cosimo de Medici, ma se la mettiamo sulla prospettiva storica, allora avrebbero qualche speranza anche gli inguaiatissimi greci, anzi toccherebbe prima a loro.

Sugli immigrati da sparpagliare in tutta Europa: “Se l'Europa sceglie la solidarietà, bene. Se non lo farà, abbiamo pronto il piano B”. Oddio, che cosa avrà in mente? Richiamo degli ambasciatori? Sanzioni? Schieramento di truppe al Brennero? Il giorno dopo, lunedì, arriva l'atteso chiarimento, se l'Europa non ci sta “faremo da soli”, cioè il piano B consiste in ciò che stiamo già facendo da anni.

Lunedì arrivano anche i risultati dei ballottaggi, con la débacle di Casson a Venezia in primo piano. Renzi non può sottrarsi a un commento sulla sconfitta del suo candidato: “Non è la sconfitta mia, è la sconfitta della sinistra”. Benché sia ormai notoria l'allergia di Renzi all'insuccesso – il 41% delle europee è tutto merito suo, il 25% o poco più delle regionali è colpa dell'opposizione interna – il segretario di un partito che gioisce per il successo degli avversari, come se anche questo fosse merito suo, è un caso senza precedenti. Che poi, abbiamo ben visto la fine che hanno fatto le sue candidate predilette Moretti e Paita, due signore che con la sinistra non prendono nemmeno il caffè.

Non contento, passa alla minaccia: “Adesso però, niente più mediazioni”. Come a dire alla fronda interna, vi ho dato troppo retta, ora però non ci sarà più trippa per gatti, si farà come dico io. Non tiene proprio vergogna! Non è forse lui il malato di “fiducite” acuta, non è il suo governo a detenere il record assoluto di questioni di fiducia, che in realtà, specialmente per come le pone lui, sono ricatti belli e buoni (o approvi o torni a casa)? Non è lui che ha osato porre la fiducia sulla legge elettorale, un fatto che sul PD peserà come un macigno? Il bello è che non chiede mai la fiducia per neutralizzare l'opposizione, con questa è pappa e ciccia (vedi Verdini che oggi annuncia l'appoggio “responsabile” di una fetta di Forza Italia), no, è dei suoi che non si fida. E fa bene, lui che la vicenda dei 101 congiurati contro Prodi deve necessariamente conoscerla. Ma questa è un'altra storia.

Sempre di questa settimana è l'uscita sulla Buona Scuola. I provvedimenti di Renzi comprendono quasi sempre sia un po' di bastone che di carota, raramente solo l'uno o solo l'altra. E' un “do ut des” più da mercato del giovedì che da amministrazione pubblica, ma può dimostrarsi efficace, sempre che ci sia congruenza tra i “termini del negozio”. Nel caso Buona Scuola, per semplificare, il bastone è il preside-sceriffo, la carota l'assunzione in ruolo di 100.000 precari, due termini che fra di loro non hanno nesso alcuno. Se i soldi ci sono e i requisiti pure, il precario va assunto, se il preside-sceriffo è necessario al buon funzionamento della pubblica istruzione, va istituito. Come prevedibile, l'opposizione, esterna e interna al PD, fa il suo mestiere e presenta una valanga di emendamenti il cui obiettivo, sempre per semplificare, è di respingere il negoziato improprio, sì alle assunzioni ma no al preside-sceriffo. E Renzi? Renzi figurarsi se perde l'occasione di incolpare qualcun altro: “Sai che c'è, c'è che quest'anno non assumo nessuno, così i precari sapranno chi ringraziare”.

Per pochi giorni di una settimana qualunque può bastare.

Giuseppe Pizzi



Armando Pioltelli
19-giu-2015 14.49

Chi da destra chi da sinistra sono contro il fare, a WEIMAR finì con il baffino.
In ITALIA finirà con SALVINI che vuole farci uscire dall'euro, così spenderemo tante lirette per il caffe che costerà 6 euro in piedi” VEDI GRECIA” e poi lor signori pagheranno meno tasse con l'aliquota unica del 15%.
Bene bravi continuiamo a farci del male.

Armando
uniti si vince
P.S. MA IN MOLTI SONO PER IL DIVISI SI PERDE.


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