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Elezioni politiche del 25 settembre: che fare?
Umberto De Pace




Per i tanti che non si riconoscono nei partiti e nelle coalizioni dagli stessi formate e si trovano, non da oggi, senza rappresentanza; per quelli che hanno a cuore la nostra democrazia e che sentono come ineludibile il dovere di andare a votare, fosse anche solo per non rendersi partecipi di quel lento e oramai lungo processo di logoramento al quale è sottoposta, cosa è possibile fare il 25 settembre?

Purtroppo occorre chiederselo avendo ben presente che saremo costretti a votare, ancora una volta, con un pessima legge elettorale, la quale rappresenta solo l'ennesima umiliante offesa al Paese compiuta da un classe politica per lo più inetta e mediocre. Le risposte a tale domanda ovviamente sono molteplici, la mia è una fra le tante e vorrebbe innanzitutto cercare di limitare per quanto possibile che il Centrodestra porti a casa la maggioranza dei due terzi che gli permetterebbe di mettere mano alla revisione della Costituzione.
Motivo principale ma certo non unico per contrastare un centrodestra che vede alla sua guida pregiudicati (Berlusconi), arruffapopoli impresentabili (Salvini) e una sua leader (Meloni) spacciata come una novità pur avendo alle spalle trent'anni di militanza politica e sedici anni di presenza in parlamento con responsabilità politiche e istituzionali varie.

Non occorre prefigurare presunti pericoli di ritorno del fascismo, benché il partito di FdI raccolga al suo interno non pochi nostalgici del funesto ventennio e mantenga e coltivi le sue origini neofasciste non solo nel simbolo, la fiamma, quanto nei rapporti con le organizzazioni dell'estrema destra. Rapporti interessati in quanto portatori di voti come dimostra il caso monzese dell'ex assessore oggi capogruppo di FdI Andrea Arbizzoni, appartenente alla comunità “umana e politica” di Lealtà Azione. Non occorre perché sono più che sufficienti i continui riferimenti della leader di FdI alla nazione, all'identità, ai patrioti, al funesto slogan “Dio, Patria e Famiglia”. Triade nella quale si condensa quel lugubre legame di sangue e sofferenza nel quale nessun Dio, nessuna patria, nessuna famiglia, presi ognuno nella loro piena libertà di espressione, dovrebbero essere costretti e incatenati.
Quali altri campane d'allarme devono suonare affinché si comprenda il pericolo di un'egemonia politica nazional-populista di tal fatta?




Si parla tanto della Lega Salviniana putinista, ed è bene sottolinearne l'inaffidabilità, tanto più se la si accompagna alla deriva razzista, neofascista, sovranista e oltre con quanto di peggio in questi ultimi decenni la Lega ha saputo coltivare. Senza dimenticare il contributo dato al proprio leader dai politici nostrani, come il nostro concittadino Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato. Anni nei quali la più sobria, coerente e capace Meloni, stringeva legami politici e culturali con l'Ungheria di Orban, con la Polonia di Morawiecki, con il partito di estrema destra spagnolo Vox, con gli Stati Uniti di Trump, lodata e sostenuta da Steve Bannon “capo stratega della Casa Bianca” , implicato nell'assalto a Capitol Hill e nella frode nel programma di raccolta fondi per il muro anti-migranti con il Messico.


(Foto dal profilo Twitter@GiorgiaMeloni su Europa.Today.it del 20 agosto 2020)

Come fare quindi a contenere questo centrodestra? Tralasciando il cosiddetto “Terzo Polo” che raccoglie, tra impresentabili e saltimbanchi, più ambizioni personali di quante siano le proposte politiche; ignorando la pletora di liste folcloristiche o peggio “rosso-brune”, utili tuttalpiù a garantire qualche fugace minuto di pubblicità ai loro leader, rimane quindi quell'area definibile, secondo l'improbabile lessico attualmente in voga, a “sinistra” di tutto il resto. In realtà sappiamo che parliamo di un partito riformista di centro, il PD, affiancato dall'alleanza Europa Verde e Sinistra Italiana, e infine del partito europeista e liberale +Europa (per una questione personale di buon gusto permettetemi di non citare la lista dell'impresentabile Di Maio); un'area ex antisistema ed ex movimentista, rappresentata da ciò che resta del M5S, alla perenne ricerca di una propria identità; infine una coalizione della sinistra radicale raccolta nella lista Unione popolare, composta da Rifondazione Comunista, Potere al Popolo e Democrazia Autonomia di Luigi De Magistris.

La già citata pessima legge elettorale, che è bene ricordare è stata ideata e voluta dal PD, il quale oggi ne subisce le conseguenze a causa della propria insipienza e cecità politica, è quella con la quale dobbiamo fare i conti. E i conti, a mio parere, ci dicono questo: in mancanza di un'alleanza tra la coalizione formata dal PD e il M5S non vi è alcuna pur minima possibilità di vittoria del campo cosiddetto progressista. Così come è praticamente impossibile per la sinistra radicale superare la soglia del 3% e quindi di avere rappresentanza in parlamento. Se la prima è una questione matematica, la seconda è un dato diciamo così esperienziale. E l'esperienza ci insegna che una coalizione politica nata a ridosso di elezioni basata su un tentativo, per quanto generoso e volenteroso, di rappresentare un popolo di sinistra il quale non è per lo più disponibile a sostenere improvvisate alleanze elettorali né è disposto a farsi rappresentare da improbabili capipopolo (De Magistris), come troppo spesso è accaduto, non ha i numeri per raggiungere l'obiettivo che si è prefissata. Non rimane quindi che tentare di arginare la vittoria del Centro Destra votando obtorto collo i possibili meno peggio, nell'ambito delle due formazioni che hanno possibilità di ottenere dei risultati effettivi, ovvero per le circoscrizioni più fortunate quei candidati che pur ci sono e che per la loro storia umana e/o politica hanno portato avanti in questi anni difficili, battaglie per i diritti, le libertà e la democrazia.

Tutto il resto, a partire dalla costruzione di una Sinistra ampia e inclusiva, che si faccia carico non solo delle necessarie riforme ma sappia proporre e rendere attuabile un cambio globale di sistema; la rivendicazione di una legge elettorale democratica e rappresentativa; la coniugazione di un nuovo lessico politico che ridia significato alle parole e che sappia individuare per quello che sono i partiti e i movimenti politici, senza mistificazioni e insostenibili identità; e tanto altro ancora, sono temi irrisolti presenti da tempo ai quali prima o poi bisognerà dare risposta non con inutili quanto pusillanimi richiami al voto utile ma con idee, progetti e programmi in grado di dare risposte ai reali bisogni di questo benedetto assurdo Bel Paese.

Umberto De Pace


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  18 settembre 2022