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“Signor Presidente …”
tra gli eredi del Duce e gli amici dei neonazisti
Umberto De Pace

Le elezioni politiche sono andate come in altro modo non potevano andare, scontate e prevedibili da tutti i punti di vista fin nei particolari. Il dibattito che le segue nell'ambito dell'area del centrosinistra al momento appare alquanto scontato, prigioniero, a mio avviso, di un equivoco basilare essendo incentrato su un soggetto “la Sinistra” che in realtà non c'è, non esiste, e quindi andrebbe creata ex novo e non riesumata da un centro riformista moderato o da quelle sinistre, pur esistenti, sparse, disperse, divise, autoreferenziali e/o identitarie, inadeguate e incapaci di affrontare la realtà che ci circonda. Una realtà che oggi ci pone di fronte ai primi passi della nuova maggioranza che si accinge a breve a formare il futuro governo di (centro)-destra.
Impeccabile fermo immagine di quanto accaduto in questi giorni ce lo restituisce l'intramontabile Altan.



Con l'elezione a presidente del Senato di Ignazio La Russa e a presidente della Camera di Lorenzo Fontana, il nostro Paese ha toccato quel fondo che in troppi hanno contribuito a rendere sempre più profondo. Senza dimenticare il detto popolare che al peggio non c'è mai fine, tale risultato rimane ad oggi un traguardo inevitabile ma non per questo meno deplorevole e privo di responsabilità. Con queste prime cariche istituzionali la nuova maggioranza, supportata al Senato da non pochi doppiogiochisti della presunta opposizione, ha voluto dare un segnale forte e chiaro sul cambiamento che ci aspetta, marcandolo con un inequivocabile sigillo di destra, per usare un eufemismo, di stampo radicale.

A Ignazio La Russa va riconosciuta la coerenza, caparbietà e professionalità nell'opera di un riscatto di quella estrema destra fascista formatasi nell'immediato dopoguerra, giunta ora allo scranno della seconda carica dello Stato. Una destra sicuramente cambiata, rinnovata, moderna (?), ognuno usi i termini che preferisce, ma che nei fatti non ha abbandonato la politica del “doppio petto” nei confronti delle formazioni neofasciste, come CasaPound e Lealtà Azione; mentre nelle parole e quindi nella sostanza politica del suo agire ripete e ripropone la retorica di sempre, tesa fondamentalmente a difendere e proporre quell'Idea che ha le proprie radici in quel passato dal quale trae linfa vitale e che nella insostenibile pacificazione cerca la propria legittimazione.
Ma se quella di La Russa è una storia, forse, più conosciuta, l'elezione alla terza carica dello Stato di Lorenzo Fontana evidenzia un altro grande equivoco che pesa questa volta come un macigno nel campo del centrodestra, incapace a riconoscere nel partito della Lega a guida Salviniana la realtà di un'officina e laboratorio alchemico di una destra estrema, raffazzonata e nazional popolare.
Avere quale presidente della Camera un personaggio formatosi a fianco dell'impresentabile Salvini non è solo uno sfregio alle istituzioni ma è inaccettabile. Inaccettabile non per le sue idee integraliste cattoliche, le quali non si può che respingere e continuare a contrastare, né per il suo filo putinismo o filo trumpismo, sentimenti diffusi in molti rappresentanti del centro destra e non solo, nemmeno per la sua omofobia militante, viscerale e becera, quanto per la sua ostentata amicizia con una delle formazioni nazifasciste fra le più bieche e funeste che l'Europa abbia visto in questi ultimi decenni: "Porto volentieri il mio saluto agli amici di Alba Dorata per il loro congresso" queste le sue parole nel 2016.


Il videomessaggio di Lorenzo Fontana
- vicesegretario Federale della Lega e deputato –
al congresso dell'organizzazione neonazista greca Alba Dorata nel 2016.


Ebbene chiunque si dichiari “amico” di una formazione nazifascista non è degno di presiedere alcuna carica istituzionale. Non è degno se crede veramente nell'amicizia con qualsiasi formazione nazifascista e non lo è altrettanto se dovesse, oggi, prendere in qualunque modo le distanze da quelle affermazioni. Non si possono tollerare né filo nazifascisti, né saltimbanchi, né utili idioti fra le più alte cariche dello Stato. Compito di un'opposizione degna di questo nome è quello di non riconoscere legittimità politica a questo personaggio rifiutandosi di legittimare incontri istituzionali da lui presieduti se non con un rappresentante di bandiera e rivolgendosi a lui, quando non se ne possa fare a meno, sottolineandone l'incompatibilità con la carica presieduta. Non servono striscioni o urla e insulti all'interno delle aule del parlamento, serve fermezza, perseveranza, decisione, continuità, inventiva ma soprattutto determinazione: “Signor presidente amico dei neonazisti e per questo indegno a ricoprire la carica maldestramente affidatagli dai suoi colleghi…” una, dieci, cento, mille volte ripetuto fino a che venga ridata dignità e autorevolezza alla terza carica dello Stato oggi così volgarmente offesa.
Fare ciò non rappresenta un accanimento ma un riconoscimento di chi si ha di fronte e al contempo delle istituzioni, nel loro pieno rispetto che si basa innanzitutto non sulla forma ma nella sostanza di una Repubblica nata dalla Resistenza contro il nazifascismo.
Fare ciò vuol dire altresì condannare senza indugio le minacce apparse in questi giorni sui muri di alcune città nei confronti del neoeletto presidente del Senato, perché la democrazia si difende a viso aperto e con gli strumenti suoi propri, non certo con le minacce e tanto meno con la violenza. Da parte della società civile una raccolta di firme atta ad esprimere pubblicamente lo sdegno per tale affronto alle istituzioni del nostro Paese potrebbe essere invece un contributo importante per la loro cura e difesa.

Umberto De Pace


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  18 settembre 2022